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9 Novembre 2021 11:00

Cosa mangiare attorno al Monte Vettore: lenticchie, prosciutto di Norcia e amatriciana

La zona attorno al monte Vettore, nel cuore del Parco Nazionale dei Sibillini, è ricca di prodotti e tradizioni gastronomiche. Una terra di confine tra Umbria e Marche, con il Lazio non troppo lontano, fiera rappresentante dell'autentica cucina del Centro Italia appenninico. Non solo escursioni e scalate sulle vette locali, ma anche tanto mangiare. Ecco quali sono i prodotti e le ricette tipiche del territorio.

A cura di Alessandro Creta
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Sul suo versante porta ancora la cicatrice del violento terremoto abbattutosi in queste zone nel 2016. Il monte Vettore è uno dei simboli del sisma che colpì Marche e Umbria e il segno è, e probabilmente lo sarà per sempre, tristemente presente su uno dei suoi versanti.

Il turismo e l’economia locale, a seguito di quella tragica vicenda, si stanno progressivamente rimettendo in piedi, coadiuvati dall’attrattività degli affascinanti borghi di confine, i sentieri montani più o meno complessi e ovviamente la ricca e ghiotta gastronomia locale. Della quale andremo alla scoperta tra poco: prima cerchiamo di stimolare un po' l'appetito facendovi (idealmente) camminare in questo splendido territorio nel cuore del Parco Nazionale dei Monti Sibillini, su e giù per i percorsi che si arrampicano tra queste alture.

Dove si trova e come salire il monte Vettore

Il Vettore è la principale vetta dei Monti Sibillini, al confine tra l’Umbria e le Marche (Regione al quale appartiene territorialmente). Si tratta di una delle destinazioni più battute dagli scalatori e amanti del trekking del Centro Italia, giunti fin qui non solo per raggiungere i 2476 metri della cima, ma anche per percorrere sentieri (più o meno ardui) delle montagne che fanno parte di questo complesso. Di fronte al Vettore infatti, solo per citare le più vicine, si staglia un poker di cime minori ma ugualmente affascinanti come Punta Prato Pulito (2373), Cima del Lago (2422), il Redentore (con i suoi 2448 metri è il principale monte umbro) e Pizzo del Diavolo.

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Punta di Prato Pulito – foto di Creta Alessandro

La scalata da Forca di Presta, start canonico di molti escursionisti situato a poco più di 1500 metri, non è eccessivamente tecnica, ma c’è da faticare in alcuni punti particolarmente ripidi. Polpacci e quadricipiti insomma saranno ben sollecitati. Dopo aver superato il Vettoretto a 2052 metri la camminata prosegue fino al rifugio Zilioli, quasi una visione per chi salendo non vede l’ora di potersi concedere una sosta rigenerante.

Arrivati al checkpoint, situato a 2250 metri sulla Sella delle Cialle, ci troviamo nel cuore del gruppo del Vettore. Qui, dopo aver fatto il pieno di energie, possiamo decidere se proseguire a destra, diretti verso la cima principale dei Sibillini, a sinistra per le vette minori sopra citate (attraversando una cresta non banale), oppure se scendere sul versante opposto dirigendosi verso la zona del Lago di Pilato. I più volenterosi, comunque, non scelgono una delle alternative ma optano per la tripletta completa.

Come si arriva al lago di Pilato

Se dopo la salita fino allo Zilioli volete raggiungere il Lago di Pilato, vi toccherà nuovamente scendere sino a circa 1900 metri. Va detto che, dopo un primo tratto facilmente percorribile, proseguendo ci si imbatterà in un percorso un tantino più complicato. Niente di impossibile, basterà seguire le indicazioni e fare massima attenzione, specialmente, in fase di attraversamento di un brecciaio che sa essere infimo. Dovrete fare uso anche delle mani per scendere tra le rocce e tenervi in equilibrio, ma una volta superato questo step la visione che vi si parerà davanti è di quelle magiche, sia durante la stagione fredda sia in quella bella (a patto che i laghi non prosciughino).

Due piccoli bacini di origine glaciale, non molto profondi, distanti poche decine di metri e ovoidali: sembrano un paio di occhi dall'azzurro cristallino nel bel mezzo della conca tra il Vettore e le cime di fronte. Nei momenti di maggiore presenza di acqua (purtroppo sempre più rari negli ultimi anni), i due invasi sono comunicanti.

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Il lago di Pilato nell’agosto 2020 – Foto di Alessandro Creta

Perché si chiama lago di Pilato

Un tempo questo luogo è stato spesso sinonimo di magia nera ed esoterismo e si narra che le acque dei laghi siano la “tomba” di Ponzio Pilato. Il cadavere del console romano, giustiziato per non aver impedito la crocifissione di Gesù, secondo una leggenda giacerebbe qui, da quando i due bufali a traino del carro con il suo corpo si gettarono nelle gelide acque del lago.

Tornando ai giorni nostri questo bacino d’acqua dolce, alimentato dallo scioglimento delle nevi cadute in inverno, è la casa di un crostaceo unico al mondo. Si tratta del chirocefalo del Marchesoni, esemplare endemico del lago di Pilato, privo di carapace, “scoperto” per la prima volta nel 1954. Non vi sognate minimamente una grigliata a base di chirocefalo, non pensate nemmeno di pescarlo per usarlo in qualche zuppa. Questo esemplare, tra l’altro di uno spessore di pochi millimetri, infatti è protetto e a rischio estinzione, e il suo principale nemico è il cambiamento climatico. In caso di ulteriore innalzamento delle temperature, infatti, le uova di questo piccolo crostaceo non riuscirebbero a conservarsi durante i mesi invernali, per le acque troppo ridotte.

Coloro che arrivano presso il lago di Pilato, inoltre, non possono avvicinarsi troppo alle rive dei due bacini (o peggio entrare in acqua), in quanto rischierebbero di calpestare le uova deposte dal chirocefalo. Di certo non vogliamo essere responsabili dell’estinzione di un’altra specie animale, esemplare unico al mondo.

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Sentiero che porta al monte Vettore – foto di Alessandro Creta

Prodotti tipici del Vettore e Monti Sibillini

Come detto il complesso del monte Vettore sorge sul confine umbro marchigiano e alle sue pendici (nelle più o meno immediate vicinanze) sono tante le specialità gastronomiche alle quali abbandonarsi dopo una bella scalata. Che siate arrivati in vetta oppure no poco conta, lasciarsi travolgere dalla cucina del posto è un’esperienza da inserire nel vostro curriculum mangereccio. Impossibile non citare Norcia, distante una trentina di chilometri da Forca di Presta, e la sua tradizione legata all’arte norcina.

Per non parlare di Castelluccio, osservatore dal suo silente e nostalgico colle dell’omonima piana (situata a circa 1450 metri) colorata nella bella stagione dalla spettacolare fioritura delle lenticchie locali, autentica specialità umbra. A meno di 40 chilometri da qui c’è anche Amatrice, patria di una delle paste più famose d’Italia. Da mangiare, tanto e bene, in queste zone insomma ce ne è. Farlo dopo una scalata è probabilmente un’esperienza ancor più coinvolgente e autentica.

Scaviamo ora più a fondo nella cultura gastronomica autoctona, tra i prodotti e i piatti che riempiono le tavole e gli stomaci dei locali e dei turisti di passaggio per queste zone, attratti sia dalla possibilità di effettuare spettacolari escursioni sia dall’opportunità di soddisfare la pancia con ghiotti piatti della tradizione.

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Tagliere di formaggi e salumi a Norcia – foto di Alessandro Creta

Ricette e piatti tipici monte Vettore

In un ideale viaggio attorno alla principale vetta dei Sibillini, dalla quale non ci allontaneremo più di 40 chilometri, scopriamo insomma da quali leccornie e da quali piatti tipici possiamo farci sedurre dopo una salutare e faticosa passeggiata in montagna.

 1. Prosciutto, salumi e formaggi a Norcia

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Sarebbe un reato di lesa maestà non partire dalla capitale della norcineria. Qui la lavorazione del maiale, da secoli ormai, è un vero e proprio culto e tutti gli amanti di prosciutti, salami e simili non possono farsi sfuggire una visita nella città natale di San Benedetto. Il caratteristico prosciutto (a marchio Igp, a patto che venga realizzato nell'area tracciata dal disciplinare e a un’altitudine di almeno 500 metri), souvenir gastronomico per qualsiasi turista passi di qua, ma anche salame, lonza, guanciale o capocollo. Pecorini (quello dei Monti Sibiliini è presidio Slow Food) e caciotte completano l’offerta assieme a funghi (per lo più porcini) e tartufi di cui questa zona al confine tra Marche e Umbria è particolarmente ricca.

 2. Lenticchie di Castelluccio

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Prodotto a marchio Igp, non può mancare nella spesa del gastroturista in transito per queste zone. La sconfinata piana sorge ai piedi del complesso del monte Vettore e dalle cime del versante umbro si può godere di una vista privilegiata sul famoso altopiano "casa" della lenticchia di Castelluccio. Antipasti e zuppe a base di questo legume tra le preparazioni più in voga, ma anche le lenticchie in umido da accompagnare alle carni, per lo più di maiale, cinghiale o cervo.

 3. Amatriciana

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Lasciamo per un attimo il territorio umbro per fare un balzo nel Lazio, in provincia di Rieti. Amatrice è distante circa 30 chilometri dal nostro “campo base” ma una deviazione è più che giustificata dal richiamo della pasta all’amatriciana. Riconosciuta come Specialità Tradizionale garantita dell'Unione europea, quello all’amatriciana è uno dei condimenti più celebri e replicati in tutto lo Stivale. Guanciale locale, pecorino di Amatrice De.Co. dei monti Sibillini o della Laga, pomodoro San Marzano, olio extravergine di oliva, pepe, peperoncino gli ingredienti alla base di un piatto essenza del territorio.

 4. Farecchiata e zuppa di roveja

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Non gode sicuramente della popolarità del prosciutto di Norcia, dell’amatriciana o delle lenticchie di Castelluccio. Non sarà forse la prima cosa che i turisti cercheranno tra le locande della zona, ma la farecchiata, o polenta di roveja, è una delle preparazioni più viscerali della tradizione locale umbro-marchigiana. Prende il nome dalla roveja, un legume simile a un pisello (importato in Europa dal Medio Oriente) coltivato in Italia in ben pochi territori, e questo di confine è uno di quelli. La farecchiata è una chicca culinaria, in grado di garantire il giusto apporto calorico e di gusto specialmente durante la stagione fredda. Con la roveja vengono realizzate anche zuppe o hummus, da accompagnare a pesce o insaccati.

 5. Pasta alla norcina

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Sinfonia di sapori e aromi grazie al condimento in grado di esprimere gli autentici sapori umbri. La pasta alla norcina è tanto semplice da preparare quanto gustosa, a base di salsiccia (rigorosamente di Norcia), ricotta, grana e possibilmente olio al tartufo. Alcune varianti prevedono l’utilizzo della panna al posto della ricotta, altre anche quello dei funghi nel condimento. La ricetta originale, però, è quella sopra citata. Libertà di scelta per quanto riguarda il formato di pasta: corta o lunga, anche all’uovo, tutte si sposano con un sugo dalla spiccata personalità e spessore.

 6. Olive all’ascolana

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Attraversiamo nuovamente il versante umbro per entrare nelle Marche. Ascoli Piceno e le sue caratteristiche olive ripiene sono raggiungibili in appena 50 minuti di auto: una distanza da coprire ben volentieri attratti dal richiamo di una preparazione diventata negli ultimi anni un leitmotiv dello street food italiano. Grandi olive verdi, tenere, farcite con un battuto di carne e poi fritte: la ricetta si fa risalire all’inizio del 1800, quando i cuochi in servizio presso famiglie nobili, per smaltire le grandi quantità di carne donate dai contadini ai padroni, iniziarono a crearci il ripieno delle olive. Nello specifico la varietà utilizzata è l’Ascolana Tenera, della quale venne riconosciuta la Dop nel 2005 e oggi tutelata dal un consorzio nato nel 2018.

 7. Ciauscolo

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Rimaniamo nelle Marche per un insaccato tipico regionale, a base di spalla, pancetta, prosciutto, lombo, lardo e altri tagli minori aromatizzati con vino bianco, aglio e pepe. Testimonianze del ciauscolo risalgono alla fine del 1600, e nella prima metà del 1700 secondo alcune fonti veniva già commercializzato. Salume fresco, particolarmente adatto per la realizzazione di bruschette data la sua spalmabilità, ha ottenuto il riconoscimento Igp nazionale nel 2006 esclusivamente per quello realizzato nelle province di Ancona, Macerata, Fermo e Ascoli Piceno. Vi sono produzioni anche in Umbria, in particolar modo nei territori attorno a Spoleto e Norcia.

 8. Marmellata di marroni

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Queste zone montane nel periodo autunnale si arricchiscono di marroni e castagne, utilizzate per la produzione sia di farina sia della tipica marmellata o crema, da mangiare in purezza col cucchiaio oppure spalmata su pane, fette biscottate o come topping per qualche dolce.  Sui monti Sibillini questi due frutti si coltivano principalmente ad Arquata del Tronto, Montefortino, Montegallo, Montefalcone Appennino, Montemonaco, Roccafluvione e Smerillo.

 9. Gin Vettore

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Anche il Vettore ha il suo gin. Un prodotto derivato dal ginepro appenninico, coltivato a queste latitudini e altitudini, aromatizzato con botaniche locali quali melissa, semi di aneto, coriandolo e angelica, con l’aggiunta delle tipiche Mele Rosa dei Sibillini (presidio Slow Food). Un distillato fortemente legato al territorio in cui nasce e di cui si fa fiero rappresentate. Da assaporare di ritorno da una bella escursione, in purezza o miscelato, non certamente prima di affrontare una di queste faticose salite…

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