Arriva da lontano, ma è ormai diffusissimo sulle tavole degli italiani, che ne apprezzano gusto e versatilità in cucina: parliamo del salmone, specie ittica ricca di proteine dall'alto valore biologico e con un ottimo contenuto di acidi grassi polinsaturi. A patto di leggere attentamente le etichette e selezionare il prodotto più giusto. Come fare? Ve lo spiega Cookist.
Da prodotto di lusso, destinato per lo più alle grandi occasioni di festa, ad alimento consumato nella quotidianità: il salmone è uno dei pesci più amati dagli italiani e negli anni, complice l'abbassamento dei prezzi, anche uno dei più comuni sulle nostre tavole. Disponibile fresco, surgelato, affumicato o in conserva, si è saputo far apprezzare per la grande versatilità, le carni tenere e saporite, e un profilo nutritivo davvero eccellente: ricco di proteine dall'alto valore biologico e di acidi grassi omega 3, presenta un buon apporto salino, in particolare di fosforo e potassio, e vitaminico.
A partire dagli anni Ottanta, per far fronte a una richiesta sempre maggiore, sono nati numerosi allevamenti estensivi e, ahinoi, intensivi: un fenomeno, quello dell'acquacoltura, avviato nei paesi del nord Europa, che ha sconvolto il mercato ittico, abbattuto i costi e trasformato il salmone da specialità pregiata a prodotto accessibile a tutti. L'aumento della domanda ha trasformato i fiordi della Norvegia in un immenso allevamento sommerso, una delle industrie più redditizie del paese scandinavo, che frutta circa 6 miliardi di euro all'anno. A scapito, tuttavia, della qualità di questo prodotto ittico e, di conseguenza, della nostra salute.
Come evidenziato dalle tante inchieste e ricerche scientifiche svolte in questi decenni, i salmoni allevati in acquacoltura vivono in condizioni non sempre ottimali: spazi ridotti e talvolta sovraffollati, nutriti con mangimi a cui vengono aggiunti additivi chimici, i functional compound additives, che hanno lo scopo di far crescere e ingrassare il pesce in tempi molto minori rispetto a quelli naturali. Quelli selvatici trascorrono la loro esistenza in continuo movimento: un viaggio lunghissimo, in cui percorrono migliaia di chilometri – dalle sorgenti dei fiumi di montagna al mare e poi a ritroso –, nutrendosi soltanto del meglio che il loro habitat naturale è in grado di offrire.
I salmoni selvaggi vengono pescati soprattutto nelle acque dell'Oceano Artico, al largo delle coste della California, del Canada e intorno alle isole del Giappone, solo in un determinato periodo dell'anno, quando risalgono i fiumi per riprodursi e deporre le uova; la popolazione di quello dell'Alaska, appartenente al genere Oncorhyncus, è la più grande al mondo.
Le loro carni, compatte e più magre rispetto a quelle degli esemplari allevati, presentano caratteristiche diverse a seconda della specie, del luogo di origine, dell'alimentazione e dell'età. In Italia vengono commercializzati freschi, ma più frequentemente surgelati (in ogni caso si tratta di pesci abbattuti a bordo dei pescherecci appena pescati, quindi sicuri); Canada, Cile e Alaska sono tra i principali produttori. Cinque sono le specie che più si consumano: il Reale e il Sockeye (o salmone rosso) sono le più pregiate, costose e destinate a una fascia di mercato piuttosto alta; la prima ha carni saporite, tenere e dolci, adatte anche per l'affumicatura; la seconda, invece, si caratterizza per la polpa dal colore intenso e particolarmente soda e compatta. In cucina dà il meglio di sé nelle preparazioni a crudo e nelle cotture brevi e gentili, che ne esaltano la consistenza succosa.
Le altre varietà – argentato, Rosa e Keta – assicurano carni compatte, ma tenere, e dal gusto delicato; hanno un prezzo più accessibile rispetto alle prime due e per questa ragione è possibile reperirle con maggiore facilità, fresche, surgelate, affumicate e in scatola.
Si tratta di esemplari della specie Salmo Salar, l'unica presente nell'Oceano Atlantico e quindi in Europa; vengono allevati principalmente in Norvegia e in Cile, ma anche Regno Unito, Nord America e Nuova Zelanda, in ampie reti costruite nelle acque calme e protette di fiordi e baie, o in vasche su terraferma. Il prodotto che arriva in Italia proviene soprattutto dai paesi del Nord Europa, in particolare dalla Norvegia, ed è destinato alle pescherie, per la vendita diretta, al settore della ristorazione e anche alle aziende per la produzione degli affumicati.
I salmoni allevati hanno un colore uniforme e si caratterizzano per le carni morbide, saporite e più grasse rispetto a quelli selvaggi; i migliori sono quelli allevati in modo estensivo, cioè in condizioni che simulano quelle naturali e nel pieno rispetto dell'ambiente.
Abbiamo visto che esistono numerose differenze anche all'interno della stessa tipologia di salmoni, siano essi selvaggi o allevati. In linea generale, gli esemplari wild presentano comunque carni più magre, sode, compatte e di un bel colore rosa naturale; il profumo è piacevolmente marino e il gusto impareggiabile: intenso, sapido e ricco; al momento dell'assaggio, potrebbero avere una consistenza più asciutta e, per il palato di un consumatore poco "consapevole", meno succulenta.
Colore e ricchezza di acidi grassi polinsaturi sono dovuti alla presenza di un carotenoide dalla potente azione antiossidante, l'astaxantina, che si trova in alcune alghe e nei crostacei di cui si nutrono i salmoni allo stato selvaggio; al contrario, quelli di allevamento – alimentati con mangimi industriali e di bassa qualità – presentano carni meno tenaci e strutturate, più delicate e di una tonalità pallida e grigiastra, spesso ravvivata e resa di un rosa innaturale grazie all'aggiunta di coloranti sintetici. Quelli provenienti dagli allevamenti intensivi, poi, presentano un altissimo potenziale di tossine, agenti inquinanti e antibiotici, nonché uno squilibrio tra grassi omega 3 e omega 6.
La differenza tra i due prodotti è notevole, sia a livello nutritivo sia gustativo. Nonostante il divario, non è sempre facile riuscire a distinguere i primi dai secondi: le norme europee sull'etichettatura, infatti, consentono ai colossi industriali di non riportare specie e luogo di provenienza dei prodotti in scatola, e di giocare su claim ambigui e ingannevoli. Per quanto riguarda i salmoni freschi, surgelati e affumicati, invece, leggere le indicazioni riportate in etichetta è quantomai fondamentale. Ma quali sono le informazioni a cui prestare maggiore attenzione? Vediamole insieme.
Fresco o affumicato, la prima cosa da fare è leggere attentamente l'etichetta. Per legge è obbligatorio riportare una serie di informazioni che siano utili al consumatore, in modo tale che possa comprendere ciò che sta acquistando:
Esistono poi una serie di informazioni aggiuntive che riguardano esclusivamente l'affumicato:
Numerose ricerche hanno dimostrato che nei salmoni di allevamento il rischio “parassiti” è piuttosto trascurabile: l'Anisakis in particolare si trasmette da pesce a pesce attraverso l'alimentazione e per questa ragione le specie allevate, alimentate con mangimi industriali, possono considerarsi più sicure da questo punto di vista rispetto a quelle che vivono allo stato selvatico e si nutrono di altri organismi marini.
Se il prodotto è fresco, è importante che la pelle sia priva di ammaccature e parti danneggiate; la polpa deve essere soda, compatta, elastica e dal profumo delicatamente marino; i tranci non devono presentare delle evidenti striature di grasso e il colore deve essere rosa naturale. Quando di allevamento, è importante che venga assicurata la sua tracciabilità: dalla provenienza ai regimi alimentari, dalle procedure di lavorazione a quelle di essiccazione. Quello affumicato deve possedere una colorazione uniforme, indice di una corretta alimentazione; le fette devono essere larghe e staccate, senza macchie scure, e i bordi non devono essere secchi, né di colore giallo-marrone.
Se letta correttamente, anche la tabella nutrizionale, con le indicazioni in merito a quantità di grassi, sale e acidi grassi polinsaturi, può fornirci delle ottime indicazioni. Così come il costo che, nella scelta del salmone più giusto, gioca un ruolo assolutamente decisivo: un prezzo troppo basso è indice di un prodotto non solo altamente inquinante e poco eco-sostenibile, ma anche di dubbia qualità e potenzialmente dannoso per la nostra salute.