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29 Aprile 2025 17:21

Come approcciare ai ristoranti gourmet: i consigli della Michelin per godersi l’esperienza senza stress

Come scegliere menu e primo ristorante, evitare di ingozzarsi di pane, come decidere su extra e aggiunte, come interagire con il sommelier: ecco i consigli degli ispettori Michelin per godersi una cena d'autore più qualche dritta da parte nostra.

A cura di Francesca Fiore
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Il mondo della ristorazione gourmet può sembrare avvolto da un'aura di formalità, quasi un rito iniziatico con regole non scritte e un linguaggio a volte criptico. Tra menu che sembrano poemi e mise en place che sfiorano l'opera d'arte, è facile sentirsi un po' disorientati. Sono in molti quelli che si sentono intimiditi da questa esperienza e altrettanti i consigli di chi frequenta ristoranti d'autore, o di fine dining come si suol dire. Questa colta, però, i consigli arrivano direttamente dagli ispettori della guida Michelin, fra le più antiche e tuttora la più importante al mondo. Ecco quali sono i consigli degli ispettori Michelin su come godere appieno di una serata al ristorante gourmet coadiuvati da qualche nostro consiglio. Perché, in fondo, la buona cucina è soprattutto un piacere, e come tale va assaporato in ogni sua sfumatura.

1. Come scegliere il menu

Il primo bivio arriva subito: prima del primo boccone, ci sono già alcune decisioni da prendere, al prima delle quali è: menu a là carte o degustazione? Questo l'incipit del primo consiglio della guida Michelin, perché tutto parte da questa prima scelta. "Il nostro lavoro è mangiare ciò che esprime al meglio la personalità dello chef – spiega un ispettore naturalmente anonimo – Di solito iniziamo confrontando l'à la carte con il menu degustazione per vedere se c'è un alto grado di sovrapposizione nei piatti e nei prezzi corrispondenti. Se il menu degustazione include qualcosa di unico ed emblematico dello stile dello chef, di solito optiamo per quello. Ma a volte il menu l'à la carte ha delle chicche da non sottovalutare.

Ma se si tratta di una cena di piacere? "Tutto si riduce all'appetito, all'umore e a quanto sei pronto a immergerti nell'esperienza", spiegano sul sito Michelin. L'appetito, attenzione, non è la fame: ti suggeriamo di evitare di arrivare affamato al ristorante, non tanto per la classica questione delle porzioni – uno dei falsi miti più grossolani del settore – ma perché da affamato non presteresti bene attenzione ai sapori, soprattutto quelli dei primi piatti che ti saranno presentati. Se hai voglia di assaggiare il meglio di quello che può esprimere lo chef, di capire qual è la sua idea di cucina e sei disposto a stare al tavolo per un po', scoprendo vari tipi di sapori, il menu degustazione è decisamente la scelta che fa per te. Se invece ti va di assaggiare qualcosa di specifico, senza "mischiare", scegli senza paura alcuna dalla carta: le mani sono sempre quelle dello chef.

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E quando si tratta della lunghezza? La flessibilità è la parola magica. "Alcuni giorni sono affamato, altre volte meno – ammette un ispettore – Un menu più corto potrebbe concentrarsi sulle portate più brillanti, mentre uno più lungo, se gestito con cura, può offrire l'intero arco dell'immaginazione di uno chef. In ogni caso, si tratta di lasciare il tavolo soddisfatti e non sopraffatti".

2. Scegliere il vino o il drink: affidarsi al sommelier?

"Un buon drink può elevare un pasto, quello giusto può riscriverlo completamente. Che tu stia adocchiando una bottiglia, mettendo alla prova l'istinto del sommelier o scegliendo qualcosa di analcolico con qualcosa di botanico e smart, ciò che c'è nel tuo bicchiere dovrebbe raccontare la sua storia: idealmente una che si integri con ciò che c'è nel piatto, non che competa con esso. Alcuni trattano gli abbinamenti di bevande come una collaborazione". Collaborazione è la parola giusta: a parte abbinamenti pre impostati da chef e sommelier, quest'ultimo ti chiederà sempre cosa ti piace bere, che gusti hai in fatto di vino. "Iniziamo sempre con una conversazione – racconta uno degli ispettori- e giudichiamo il sommelier in base alla sua capacità di valorizzare il cibo, non solo di versare un buon bicchiere".

Quindi, alla domanda del sommelier, rispondi pure sinceramente: anche se non sai cosa ti piace. Se invece sai cosa ti piace, non esitare a spiegarlo al sommelier: il suo compito è proprio quello di mettere insieme gusti del cliente e valorizzazione del piatto attravero il drink, che si tratti di vino o di un cocktail. E se non bevi? Niente paura, ormai si sta diffondendo sempre di più la cultura dei drink a bassa gradazione o analcolici, e sempre più ristoranti stanno optando per abbinamenti interessanti anche in questi casi.

"Non aver paura di indicare il tuo budget o dire cosa ti piace di solito – consiglia un ispettore – Se mostri interesse, è probabile che tirino fuori qualcosa di inaspettato" . Un altro lo spiega direttamente: "Digli cosa ti piace – tè, cocktail, aspro, dolce – dai loro una mappa dei sapori con cui lavorare". Perché quando il sommelier sa "da dove vieni", è molto più probabile che ti porti in un posto indimenticabile.

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3. Ritmo e personalizzazione

"La cucina d'autore può essere indulgente, ma non è uno sprint": il fine dining va assaporato, gestendo il ritmo delle portate e le tentazioni extra. Attenzione al cestino del pane – avverte un ispettore – Questa è la più grande minaccia per me": difficile non essere d'accordo, soprattutto negli ultimi anni, quando l'abitudine di portare a tavola pane di produzione del ristorante e olio extravergine è diventata ormai fissa. Qualcosa che apprezziamo ma attenzione alle porzioni ingurgitate.

Molti saltano la colazione o mangiano piccoli morsi durante il pasto per preservare l'appetito, altri regolano il ritmo: "Se le cose si muovono troppo velocemente, chiedo alla cucina di rallentare. Un buon ristorante capirà", condivide un ispettore.  E questo è lecito farlo anche dalla parte del cliente, soprattutto se gli addetti in sala non se ne accorgono.

Quando gli extra chiamano – che si tratti di un prodotto da dosare come il caviale o di un bocconcino a firma dello chef – vale la pena fermarsi un attimo a pensare. "Se è una visita irripetibile, potresti non voler perdere l'occasione"ragiona un ispettore, "Ma potrebbe anche far traboccare l'intero pasto", dice un altro. Il miglior consiglio? Chiedere. Se il piatto rappresenta veramente la voce dello chef e aggiunge qualcosa di memorabile, provalo. Se è solo tartufo e un boccone in più, è meglio risparmiare spazio: non si tratta di essere avari o indulgenti, si tratta di essere intenzionali. I pasti più memorabili, dopotutto, non si misurano da quanto hai ordinato, ma da quanto bene tutto si è tenuto insieme dall'inizio alla fine. Naturalmente, se lo chef ci tiene a farti assaggiare qualcosa che magari non è nel menu, approfitta dell'occasione.

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4. Spendere o non spendere in più

Il lusso in un piatto porta con sé più di un semplice prezzo: è una dichiarazione. Che si tratti di ingredienti di alta qualità o di uno chef ospite giramondo in cucina, questi fronzoli possono sembrare esasperanti. La domanda è: ne vale davvero la pena? Dipende da cosa cerchi veramente: sapore, stile o solo il brivido di dire che l'hai provato.

Alcuni ingredienti arrivano con una reputazione più grande del loro sapore: prodotti come caviale o tartufi, valgono il prezzo premium?  "Questi ingredienti sono molto abusati – spiega un ispettore – Se non si armonizzano con il piatto, è meglio evitare di aggiungere sapori".  Tuttavia, alcuni li vedono come scelte giustificabili in base all'occasione: per cene romantiche o momenti importanti, oppure per pranzi di lavoro (soprattutto se il tuo capo ama quell'ingrediente". "È un trattamento extra, a un prezzo extra – sottolinea un ispettore – e se non ti piace, non sentirti sotto pressione. Un buon piatto non dovrebbe aver bisogno di campanelli e fischietti extra".

Per quanto riguarda le cene a quattro mani? Qui le opinioni variano: "Non sono sempre un successo – avverte un ispettore – Ma quando entrambi gli chef collaborano veramente, piuttosto che riciclare vecchi successi, i risultati possono essere straordinari". Per alcuni, è una scorciatoia per assaggiare il lavoro di uno chef acclamato senza saltare su un aereo, per altri, è un evento speciale pensato per addetti ai lavori eappassionati, non per i principianti. "Se entrambi gli chef sono difficili da prenotare da soli – osserva un ispettore – allora sì, vale ogni centesimo. Altrimenti, chiediti se sei qui per il cibo o per la fanfara".

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5. Menu speciali: stagionali, a tema e a tempo limitato

Forse, i menu a tempo limitato sono paragonabili ai fuochi d'artificio: fugaci, drammatici e progettati per impressionare. Che si tratti di una vetrina stagionale o di un approfondimento su un singolo ingrediente, questi menu promettono qualcosa fuori copione – a volte emozionante, a volte dimenticabile. Il trucco è sapere quando assecondare e quando attenersi ai classici.

I menu stagionali funzionano meglio quando sono radicati in prodotti e creatività che spingono la cucina a pensare in modo diverso. "Sono una sfida – racconta un ispettore – Non solo richiedono l'approvvigionamento di ingredienti freschi, ma richiedono anche test creativi per fonderli nello stile del ristorante". Ormai questa sfida sta diventando sempre più una regola: perchè amare la cucina d'autore non vuol dire fregarsene dell'impatto della produzione di quello che mangiamo. Per noi di Cookist, il menu stagionale è imprescindibile: vuole dire non solo professionalità, ma anche senso di responsabilità.

I menu a tema costruiti attorno a un singolo ingrediente – aragosta, tartufo e granchio peloso, per esempio – tendono a dividere le opinioni. Per alcuni, è un modo affascinante per esplorare la gamma di uno chef: "Si tratta di vedere la sua cucina spingere oltre i suoi confini". Per altri, il fascino svanisce velocemente: "I menu monoprodotto non sono i miei preferiti, mi piace la diversità".

E questo è il punto critico: mentre un concetto ben eseguito può aggiungere profondità e novità, troppo di una cosa spesso restringe la gamma di sapori. Come sempre, la decisione dipende dall'equilibrio, dal prezzo e, soprattutto, da ciò che desideri.

6. Il potere del posto: l'ambiente e i tavoli

Dove ti siedi può cambiare l'intero tono di un pasto – dal ritmo del servizio alla temperatura. Il bancone dello chef potrebbe offrirti un teatro in prima fila, mentre un angolo tranquillo offre intimità e riflessione. Non si tratta solo di comfort, si tratta del tipo di serata che speri di trascorrere. "Quando ceno da solo, scelgo il bancone dello chef – spiega un ispettore – È una buona opportunità per osservare la cucina e connettersi con il team". Tuttavia, non è per tutti: "Alcuni preferiscono l'intimità e non vorrebbero interagire con gli chef e va bene così. Non sei obbligato ad accettare il primo tavolo che ti viene assegnato, sia come ispettorie, sia come cliente. Per chi cena in coppia o in gruppo, la privacy spesso vince. "Se sono con un ospite, opterò per un tavolo tranquillo". In definitiva, anche questo si connette all'umore, alla compagnia e a quanto vuoi essere vicino all'azione.

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7. Light lunch: Il fine dining  è diverso a pranzo?

Il pranzo spesso fa la parte del secondo violino rispetto alla cena nel mondo della ristorazione di lusso, ma dovrebbe? Con menu più brevi, illuminazione più tenue e un ritmo meno performativo, il pranzo può effettivamente offrire un'esperienza sorprendentemente ricca. "Alcune delle mie più grandi esperienze al ristorante sono state a pranzo – ricorda un ispettore – Io e il mio compagno abbiamo fatto un pasto così meraviglioso che siamo tornati per cena e poi abbiamo discusso per anni quale fosse il migliore".

Altri sono d'accordo: mentre i menu del pranzo sono spesso più semplici e meno appariscenti, possono comunque offrire gioia, soprattutto per i principianti o i commensali con poco tempo alla ricerca di un punto di ingresso intelligente. Detto questo, l'occasione conta ancora. "Se stai festeggiando o sei in cerca di romanticismo, la cena potrebbe avere più peso". Ma la luce del giorno ha la sua magia, soprattutto se abbinata a un piatto ben composto e, forse, a una vista su cui vale la pena soffermarsi. E aggiungiamo noi, sono perfetti per i neofiti che vogliono approcciarsi alla cucina d'autore.

8. Ciò che resta dell'esperienza

Cosa rende un pasto indimenticabile da farti venire voglia di tornare? Non solo una tecnica impeccabile, ma quel momento ineffabile in cui tutto si allinea: non solo il gusto, ma anche una portata perfettamente sincronizzata, un gesto premuroso, un piatto che indugia nella memoria, ma anche una battuta fatta al momento giusto. La sensazione che qualcuno, da qualche parte in cucina, stesse cucinando non solo con precisione, ma con significato. "Una grande esperienza culinaria eccita e sorprende, evoca ricordi, utilizza i migliori ingredienti e ti circonda di un servizio caloroso, impeccabile e profondamente attento". Per altri, è il raro allineamento di cibo, ambiente e persino le persone con cui sei.  "Se non mi sento a mio agio al mio tavolo, è molto più difficile per lo chef affascinarmi."

Per quanto riguarda ciò che riporta i commensali, è la coerenza, sì, ma anche la curiosità.  "Se mi ritrovo a pensare: ‘non vedo l'ora di vedere cosa faranno dopo', questo è il segno di un posto in evoluzione – spiega un ispettore, mentre un altro lo mette semplicemente: "Non tornerei per lo stesso menu degustazione. Ma se il secondo pasto è migliore del primo? È allora che so di aver trovato il mio posto". L'evoluzione conta, ma non deve essere drammatica.

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Dalla pagina Facebook Del Cambio

Per i curiosi e i cauti: da dove iniziare

La cucina gourmet non deve essere intimidatoria. deve essere un'esperienza appagante, ma che ci faccia sentire a nostro agio. Non dobbiamo sentirci uori luogo. Quindi, da dove dovrebbero iniziare i nuovi arrivati? Con curiosità, un po' di ricerca e un sano appetito. E qui arriva dunque l'ultimo, ma forse il più importante, consiglio degli ispettori: inizia dove ti senti a tuo agio. "Scegli una cucina che ti piace già e parti da lì-  suggerisce un ispettore – Un menu più corto in un ristorante con una stella Michelin, per esempio, può introdurti senza sopraffare il tuo palato o il tuo portafoglio". E questo vale anche per le altre guide, naturalemente.

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Quello che i piatti non dicono
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