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20 Agosto 2020 11:00

Brodetto di pesce: storia e varianti della zuppa regina dell’estate

Di origine antichissima e popolare, il brodetto di pesce è la zuppa di mare più amata e celebrata dalla gastronomia italiana. Se da un lato è il simbolo della fascia adriatica che va da Trieste a Termoli, dall'altro racconta la storia di ogni singola comunità. Emblematico il caso delle Marche: da San Benedetto del Tronto a Porto San Giorgio, da Porto Recanati a Fano, sono diverse le città (e i porti)  che si contendono la sua paternità e ne custodiscono gelosamente ricetta e segreti.

A cura di Emanuela Bianconi
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Piatto tipico della fascia adriatica da Trieste a Termoli, il brodetto di pesce è sicuramente la zuppa più amata e celebrata della gastronomia marinara. Anche la più contesa e reinterpretata: da una parte è il simbolo di un territorio vasto e variegato e dall'altra racconta la storia di ogni singola comunità e località. Secondo la tradizione gli antesignani del piatto furono i coloni greci, sbarcati sulle coste nel VII secolo avanti Cristo. La cosa certa è che questa preparazione nacque in mare, a bordo dei pescherecci, con lo scopo di recuperare e dare nuovo valore ai pesci di minore pregio, considerati "poveri" e non adatti alla vendita perché troppo piccoli o rovinati dalle reti di pesca. E così, senza essere sfilettati, questi venivano cucinati dai pescatori in un tegame insieme a olio, cipolla, concentrato di pomodoro e aceto; il risultato assolutamente straordinario: una pietanza dai sapori decisi e dalle fragranze irresistibili, talmente gustosa che non ci volle molto a conquistare il Paese intero. La zuppa veniva solitamente accompagnata a fettine di pane raffermo, altro alimento "di recupero" considerato sacro dalle popolazioni meno abbienti.

A contendersi la paternità della ricetta, due regioni in particolare: Romagna e Marche. Da questa "rivalità" derivano due vere e proprie scuole di pensiero: per i romagnoli non è brodetto senza la gallinella, chiamata localmente mazzolina, sostituita dai marchigiani con il pesce San Pietro. E, come sempre accade con i piatti di antica tradizione, ogni paese della zona adriatica ha la sua piccola variante che, in ogni caso, non compromette il gusto e il risultato finale della preparazione.

La caratteristica comune di tutte è l'utilizzo di diverse qualità di pesce, almeno nove o dieci: seppie, triglie, sogliole, palombo, rospo, pannocchie (in romagnolo canocchie), scorfano, merluzzo, frutti di mare, calamari, razze, gallinelle, pesce San Pietro, vongole, granchi, cozze e tracine, che possono variare in base alla stagionalità e alla disponibilità del mercato. Anche all'interno della stessa regione, ne esistono numerose versioni. Le Marche ne sono un esempio emblematico: da San Benedetto del Tronto a Porto San Giorgio, da Civitanova Marche a Fano, sono ben sette le città (e i porti)  che si contendono la paternità del brodetto originario e che custodiscono gelosamente ricetta e segreti di preparazione.

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Il brodetto all'anconetana

Per gli anconetani si tratta della ricetta più antica, ma, se non vi è traccia dell'autenticità di questa affermazione, è sicuramente vero che – come sostenuto da Pietra Carsetti nella Cucina delle Marche in oltre 450 ricette –  questo brodetto è "una sorta di spartiacque tra le zuppe di pesce adriatiche": a nord del Conero (dalla Romagna in su) non vi è traccia dell'aceto, mentre a sud questo ingrediente entra prepotentemente. La tradizione vuole che sia composto da almeno tredici qualità di pesce di scoglio differenti (tredici sembra essere il numero portafortuna dei pescatori): tra questi, triglie, razze chiodate, sgombri, passere, cefali, sogliole, palombo, merluzzi, scorfani, calamari… Si fa imbiondire la cipolla tritata con un filo di olio in un tegame capiente in terracotta, quindi si aggiungono aglio, prezzemolo, aceto di vino bianco, concentrato di pomodoro, diluito con acqua, e peperoncino e si fa cuocere il tutto per una decina di minuti; a questo punto si aggiungono i pesci, in base ai loro tempi di cottura (prima quelli a carne soda, per ultimi sogliole e merluzzi), e si prosegue la cottura a fuoco dolcissimo per circa venti minuti. Al termine, il liquido dovrà essere denso e corposo; si aggiusta di sale e si accompagna con fettine di pane raffermo tostate in forno. Quello all'anconetana è l'unico brodetto rimasto immutato nella sua preparazione fin dalle origini.

Il brodetto fanese

Nella variante fanese, il tipico brodetto  – che gli abitanti di Fano chiamano el brudèt  – non ha una ricetta codificata e rigorosa: in generale si utilizza quel che c'è e che il mare ha messo a disposizione. I pesci tradizionalmente impiegati sono: canocchia, gattuccio, mazzola, pesce prete, rana pescatrice, razza, pesce San Pietro, scorfano, seppia e tracina. Anche qui ritroviamo il concentrato di pomodoro e l'aceto di vino bianco, ma il sughetto di cottura è leggermente più liquido e meno corposo di quello all'anconetana. La differenza sicuramente più importante sta nel recipiente di cottura utilizzato: il caldaio di rame al posto del tegame in terracotta. Questa straordinaria zuppa di mare, per la città di Fano, è soprattutto tradizione, identità e condivisione. A testimonianza del suo ruolo centrale, tutti gli anni si celebra il Brodettofest, il Festival del brodetto e delle zuppe di pesce: quest'anno è previsto dall'11 al 13 settembre e, per l'occasione, il suo lungomare si trasformerà, tra assaggi, cooking show ed eventi, in una vera e propria cucina a cielo aperto.

Il brodetto sambenedettese

Lu vrudètte, come viene chiamato in dialetto, è forse il più celebre tra i brodetti marchigiani e anche il piatto simbolo della città di San Benedetto del Tronto. Anche questo, come le altre versioni, nasce dall'ingegno dei pescatori e dall'esigenza di recuperare per sé il pesce di minor pregio e non destinabile alla vendita; la differenza fondamentale, invece, è che è cucinato senza passata di pomodoro: al suo posto aceto di vino bianco, per un gusto piacevolmente acidulo, e i peperoni. Diverse le variazioni sul tema: c'è il brodetto di barca, preparato ancora oggi dai marinai con ciò che il mare rende disponibile; c'è quello di casa, tramandato di generazione in generazione, che prevede l'uso del pomodoro verde, dell'aceto e del peperone a corno rosso e giallo; i pesci vengono cotti in una pentola bassa e larga e disposti in rigorosa successione, da quelli a carne più soda fino a quelli a polpa morbida; e infine c'è quello di ristorante, in cui si aggiungono scampi, canocchie, vongole, cozze o gamberi, molluschi e crostacei introvabili nelle ricette povere della tradizione.

Il brodetto di Porto Recanati

Quant’è bonu el brudettu purtannaru

che gustu sapuritu, marinaru

é ‘n’arte antiga sempre più deffusa

nun ve so di’ pe’ fallu cusa s’usa.

De l’arte sua ve giuru so’ un sumaru

però quannu lu magnu é celu e maru

(Luigi Sorgentini)

La variante portorecanatese risale ai primi del Novecento e sembrerebbe essere la più antica delle ricette storiche. L'assenza di pomodoro e l'aggiunta di zafferanella o zafferanone (lo zafferano selvatico del monte Conero) sono gli elementi distintivi di questa zuppa dal caratteristico colore dorato (occhiu de gallu). La tradizione esige da nove a undici varietà di pesce, tra seppia, merluzzo, gallinella, palombo, pesce prete,  scorfano, tracina, cicala, coda di rospo, sogliole, triglia, razza e pesce San Pietro, e va servito con fettine di pane abbrustolito.

Il brodetto di Porto San Giorgio

Codificata dal comune di Porto San Giorgio, la ricetta ufficiale prevede l'utilizzo di tredici specie di pesce diverse – tra sgombro, gattuccio e/o palombo, merluzzo, suro, scorfano, San Pietro, gronco, triglia, merlano, baraccola (o razza), rana pescatrice, tracina, gallinella di mare, pesce prete, moscardino, mazzancolla, cefalo e granchio – e l'utilizzo dell'aglio, del peperoncino e dell'aceto di vino non troppo forte; per dare colore al piatto, si usa il concentrato di pomodoro, l'unica erbetta concessa è il prezzemolo e le fette di pane abbrustolito non vanno sul fondo ma al bordo del piatto. Inoltre, devono essere impiegati solo ingredienti locali e pesci non congelati e pescati esclusivamente nelle acque del mareAdriatico centrale (meglio ancora se provenienti dal porto sangiorgese).

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Quello che i piatti non dicono
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