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Negli ultimi anni, il dibattito sul riutilizzo delle bottiglie di plastica è diventato sempre più acceso, soprattutto sui social e nei blog dedicati alla salute e all’ambiente. Una delle preoccupazioni più diffuse riguarda il rischio di rilascio di sostanze nocive, come il bisfenolo A (BPA), quando le bottiglie vengono riempite più volte. Questa idea, spesso riportata senza verifiche, ha contribuito a creare timori e confusione tra i consumatori.
Ma quanto c’è di vero in queste affermazioni? E quali sono le reali differenze tra le varie tipologie di plastica? Secondo quanto pubblicato da Altroconsumo, molte delle paure comuni sono frutto di disinformazione, mentre esistono invece motivi concreti per preferire, in alcuni casi, contenitori alternativi come il vetro o le borracce riutilizzabili.
L’analisi di Altroconsumo non si limita a chiarire la questione del BPA: entra nel dettaglio della composizione delle bottiglie, dei limiti di riutilizzo, dei simboli presenti sul fondo dei contenitori e delle norme di sicurezza che regolano i materiali a contatto con alimenti. Viene anche affrontato un aspetto spesso trascurato: la qualità dell’acqua degli acquedotti italiani, che in base agli ultimi test risulta sicura e conforme agli standard di legge.
L’obiettivo è fare chiarezza, fornendo informazioni affidabili e basate su dati verificati, così che i consumatori possano scegliere con consapevolezza il modo migliore per conservare e trasportare l’acqua che bevono ogni giorno.
Com'è fatta la bottiglia di plastica
Le bottiglie per acqua e bibite sono realizzate in PET (polietilene tereftalato), una plastica resistente, trasparente e idonea al contatto con alimenti. Come tutte le plastiche, il PET può deteriorarsi se esposto a luce e calore per lungo tempo, perdendo resistenza e impermeabilità.

Bisfenolo A: presente o no?
Il bisfenolo A non è presente nelle bottiglie in PET. Questa sostanza si trova di norma nei contenitori rigidi in policarbonato (come vecchi biberon o boccioni d’acqua), oggi in gran parte vietati per uso alimentare. Gli ultimi test di Altroconsumo sulle acque minerali non hanno rilevato residui di plastica nelle bottiglie in commercio.
I codici sotto le bottiglie: cosa significano davvero
Sul fondo delle bottiglie di plastica (e in generale su molti contenitori) è presente un numero all’interno di un triangolo formato da frecce. Questo codice, chiamato codice di identificazione del materiale, indica il tipo di polimero utilizzato. Conoscerlo aiuta a capire sia le caratteristiche della plastica sia le modalità di riciclo.
Ecco i principali codici che si possono trovare:
PET (Polietilene tereftalato). È il materiale più diffuso per bottiglie di acqua e bibite: è leggero, trasparente, resistente agli urti e adatto al contatto con alimenti. È considerato sicuro per un uso singolo e facilmente riciclabile: una volta raccolto, può essere trasformato in nuove bottiglie, fibre tessili (pile, moquette) o imballaggi. Il riciclo del PET è ben organizzato in Italia e in Europa.
PE-HD (Polietilene ad alta densità). Utilizzato soprattutto per contenitori di latte, succhi, detergenti e borracce riutilizzabili. È opaco o semi-trasparente, molto resistente e anch’esso riciclabile con relativa facilità. Può essere riutilizzato più volte se progettato per uso alimentare, e nel riciclo si trasforma in tubi, cassette, taniche o nuovi contenitori.
PVC (Polivinil cloruro). Poco utilizzato per contenere alimenti liquidi, si trova più spesso in pellicole, blister o tubazioni. È resistente e versatile, ma il suo riciclo è complesso e separato rispetto ad altri polimeri, a causa della presenza di additivi e cloro che richiedono trattamenti specifici.
Oltre a questi, esistono altri codici meno comuni:
- 4 – PE-LD (Polietilene a bassa densità): usato per sacchetti e pellicole, riciclabile in impianti dedicati.
- 5 – PP (Polipropilene): diffuso in tappi, contenitori per alimenti e stoviglie riutilizzabili; riciclabile e resistente al calore.
- 6 – PS (Polistirene): usato in bicchieri e piatti monouso, cassette per alimenti e imballaggi espansi; riciclo più difficile, spesso escluso dalla raccolta plastica in alcuni Comuni.
- 7 – Other: categoria generica per plastiche miste o particolari, come policarbonato e bioplastiche; riciclo complesso e meno diffuso.
Perché è importante conoscerli? Sapere leggere questi codici aiuta a smaltire correttamente i contenitori, favorendo un riciclo efficiente. Inoltre, nel caso di bottiglie o contenitori destinati a un riuso prolungato, il codice può dare indicazioni sul tipo di plastica e sulla sua resistenza al calore o all’usura.

Quante volte riutilizzare il PET?
Le bottiglie in PET sono progettate per un solo utilizzo. Riutilizzarle occasionalmente non è pericoloso, ma un uso prolungato può alterare le proprietà del materiale e favorire contaminazioni microbiche. Per rifornimenti frequenti, è meglio usare bottiglie di vetro, che si lavano ad alte temperature e garantiscono maggiore igiene.
Bottiglie e borracce riutilizzabili
Alcune bottiglie in plastica sono progettate per essere riutilizzate: devono riportare il simbolo “bicchiere e forchetta” e rispettare la normativa MOCA sui materiali a contatto con alimenti. Vanno sostituite se si notano opacità, crepe, deformazioni o variazioni di colore. Anche le borracce in plastica sono pensate per durare e devono essere lavate e mantenute correttamente.

La qualità dell’acqua pubblica in Italia
Le analisi di Altroconsumo su fontanelle in 35 città italiane dimostrano che l’acqua di acquedotto è sicura e conforme ai limiti di legge. Anche i controlli specifici per i Pfas (38 fontanelle analizzate nel 2024) hanno dato esito positivo, confermando che l’acqua pubblica è potabile e priva di rischi significativi.