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9 Febbraio 2024 11:00

Abbamele o abbatu: cos’è e come si prepara l’antico dolcificante sardo prodotto dai favi

L'abbamele, o abbatu, è un prodotto di recupero sardo molto antico: uno sciroppo ricavato dall'immersione dei favi in acqua calda, che si usa come base per i dolci ma anche come ingrediente a sé stante. Ecco tutto quello che devi sapere sulla sapa di miele.

A cura di Francesca Fiore
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La misteriosa storia della Sardegna, territorio pieno di antiche tradizioni e leggende affascinanti, investe anche la sua cultura gastronomica: fra le "eredità" più interessanti della cucina sarda c'è l'abbamele, conosciuto anche come sapa di miele o, nei dialetti locali, abbattu, s’acuamebi o saba ‘e meli. Si tratta di un prodotto di recupero che affonda le sue radici nella Sardegna nuragica – gli isolani erano soliti ricavarlo dagli alveari selvatici – arrivato fino a noi in forma rarissima, praticamente introvabile fuori dall'isola: generalmente è usato per la preparazione dei dolci tradizionali, ma anche come dolcificante a sé. Ecco tutto quello che serve sapere su questo prezioso prodotto e sui suoi usi in cucina, fra tradizioni antiche e intuizioni contemporanee.

Abbamele, cos'è e come si fa

Un gusto caramellato e agrumato allo stesso tempo, con note tostate più o meno decise: è questo grossomodo il profilo organolettico dell'abbamele, che si ottiene dalla spremitura dei favi. Lo stesso nome del prodotto è indicativo della sua tecnica di produzione: in sardo "abba" vuol dire acqua, mentre "mele" significa appunto miele.

Quando si estrae il miele dai favi, infatti, quello che resta è una sorta di palla di cera che contiene ancora il 20-25% del miele, oltre che tracce di pappa reale, propoli e polline. Il favo viene così messo in acqua calda, a circa 45-50 °C, in modo da far sì che la cera affiori e i rimasugli di miele e delle altre sostanze si sciolgano.

Fatto questo, si separano cera da miele e la cera affiorata viene quindi spremuta ulteriormente e conservata in appositi contenitori; l'acqua rimasta viene filtrata, solitamente con un panno di lino, almeno due volte, e messa in una caldaia. Inizia qui la fase di raffinazione in cui il liquido sarà concentrato ulteriormente e si eliminano le impurità che risalgono sulla superficie. Il tutto viene arricchito da scorze d'arancia o di limone tagliate finemente. Ma non finisce qui: durante questa operazione, infatti, il liquido diventerà sciropposo e dolce e dovrà essere rimescolato in continuazione, per evitare che si attacchi o bruci e consentire che caramellizzi lentamente. Quando il liquido assume una consistenza simile a quella del miele, il riscaldamento viene interrotto e si procede a mettere l'abbamele nei contenitori appositi.

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Questo è il metodo di produzione moderno: tutto questo, un tempo veniva fatto in casa e manualmente, con uno sforzo non indifferente, anche perché nei favi si potevano trovare anche delle api intrappolate e ancora capaci di pungere. In molte case sarde l'abbamele viene fatto ancora con il metodo casalingo: per arricchirlo, oltre alle scorze di agrumi, spesso si usano anche le mele cotogne.

Naturalmente, nell'abbamele ritroviamo tutte le caratteristiche e le virtù del miele, ma anche quelle di propoli e pappa reale, di cui spesso si trovano residui proprio nel favo.

Sapa di miele e sapa di vino: le differenze e gli usi

L'abbamele viene chiamato anche sapa di miele: ma cos'è esattamente la sapa? La sapa, o saba, è un condimento, o un ingrediente base, usato in Emilia-Romagna, Marche, Umbria, Abruzzo, Sicilia, Puglia e Sardegna. È uno sciroppo concentrato che solitamente si ottiene dal mosto di uva bianca o rossa: infatti è anche chiamato "mosto cotto", "vino cotto" o "miele d'uva".

Era sostanzialmente il tipico dolcificante dei nostri antenati – insieme a miele e altre riduzioni di frutta – quando lo zucchero di canna o di barbabietola erano sconosciuti o troppo costosi: veniva (e viene) dunque usato sia per i dolci casalinghi sia per dare più sapore a piatti poveri come la polenta o, ancora, come condimento per intingervi la piadina o lo gnocco fritto. Veniva anche aggiunto ai così detti "vini deboli", ovvero leggeri di sapore: a seconda dell'uso veniva determinata anche la tipologia di uva da usare. La sapa, però, viene fatta in modo diverso, a seconda della zona: in Sardegna e Puglia, per esempio, si prepara anche a partire dai fichi o dai fichi d'India (saba de figu morisca in sardo) o, appunto, a partire dal favo del miele, come nel caso dell'abbamele.

Gli usi dell'abbamele sono simili a quelli delle sape da vino: si utilizza spesso come base dei dolci tradizionali, ma in passato veniva impiegata anche in piatti salati, per dare loro carattere, come per esempio le zuppe di castagne. In molte zone della Sardegna si produce “su pani de saba”, ovvero il classico pane degli sposi a base di abbamele, semplice o condito con frutta secca. Ottima sui formaggi freschi, in particolar modo sulla ricotta, che viene così proposta anche come dolce di fine pasto. Ma si può usare anche come caramello, come sostituto di dolcificanti come lo sciroppo d'acero: in estate in molte zone diventa anche una bevanda, allungato con acqua per i più piccoli, e con rosolio per i più grandi.

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Come fare l'abbamele in casa

Se vuoi sperimentare, puoi preparare l'abbamele in casa con un a formula semplificata, benché lunga, che parte dal miele stesso, anziché dai favi. Procedi così:

  • 1 kg di miele
  • 250 ml di acqua
  • 100 grammi di arance
  • 100 grammi di mele cotogne

Mescola l’acqua con il miele e porta ebollizione: fai bollire a fiamma bassissima per 6 ore. Filtra con un setaccio o un colino così da pulire il liquido da tutte le impurità, quondi aggiungi le arance e le mele cotogne e fai bollire per altre 2 ore.

Al termine della bollitura, filtra finemente, aspetta che la sapa di raffreddi e mettila nei barattoli sterilizzati. Si può conservare per 2-3 mesi.

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