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13 Dicembre 2019 11:00

Vin brulé: storia e varianti del vino caldo natalizio

Una bevanda celebre in tutto il mondo, soprattutto in Europa, simbolo del natale e dei suoi mercatini: è il vin brulé. Vino, zucchero e spezie sono i suoi ingredienti, ma ogni paese ne ha una sua versione: oggi vi portiamo alla scoperta della storia del vin brulé e delle varianti locali.

A cura di Francesca Fiore
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Quando arriva il freddo invernale e ci si stringe intorno al camino, un bicchiere di vin brulé è proprio quello che serve. Caldo, avvolgente e profumato: non c'è niente di meglio per rinfrancarsi, magari accompagnandolo con qualche dolcetto. Il vin brulé è una bevanda semplicissima, ma di grande successo: una ricetta dalle origini antiche, simbolo dei paesi nordeuropei e di quelli dell'arco alpino, ma che oggi è diffusa in tutto il mondo. Andiamo alla scoperta della sua storia e delle varianti per prepararlo.

Vin brulé: la storia di una bevanda antichissima

Il vin brulé (anche noto nei paesi tedescofoni come glühwein, in quelli francofoni come vin chaud in francese, e in Gran Bretagna come mulled wine) è una bevanda calda a base di vino, solitamente rosso, zucchero e spezie aromatiche, diffusa in numerosi paesi europei ed extraeuropei. Le sue origini sono da ricercare nella storia dell'Antica Roma, dove si beveva il "conditum paradoxum", descritto da Apicio nel “De re coquinaria”: un vino dolcificato con miele, che veniva scaldato a più riprese e aromatizzato con zafferano, pepe, foglie di nardo e datteri, offerto per tradizione agli ospiti a fine del pasto. Anche nel Medioevo si rintraccia una bevanda simile, chiamata Ippocrasso, ma anche Claret o Piment: un vino aromatizzato con erbe officinali, che però veniva consumato tiepido o addirittura freddo. Un altro antenato del vin brulé potrebbe essere rintracciato nel glögg svedese: più che una ricetta specifica, questa parola indica l'usanza di mettere delle spezie nel vino, anche per le loro proprietà curative. Un'altro obiettivo del glögg era quello di migliorare il sapore del vino, spesso di scarsa qualità ai tempi: anche per questo nella ricetta ad un certo punto compare anche il cognac o il rum scuro.

Le varianti del vin brulé

In Nord Europa il vin brulé viene consumato soprattutto durante il periodo dell'Avvento: ma lo potete trovare per tutti i mesi freddi, da novembre fino a Carnevale. Si può trovare soprattutto durante le feste di piazza, ma anche nei mercatini di Natale, come quello molto famoso di piazza Santa Caterina a Bruxelles. Esistono diverse varianti locali, secondo le tradizioni degli specifici paesi: ecco alcune fra le più celebri.

1. Gluhwein, Germania

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La versione tedesca del vin brulé è fatta con vino rosso, chiodi di garofano, cannella, alloro, cardamomo e scorza di arancia o cedro. Lo troverete in tutti i mercatini di Natale e, in particolare, in quelli di Monaco di Baviera: la cosa migliore è servirlo insieme ai Lebkuchen, i biscotti di pan di zenzero speziati tipici di Norimberga. In Austria il vin brulé si fa con il vino fatto a base di Schiava, conosciuta anche come Vernatsch, e si aggiungono spesso anche un po' di anice stellato. A Vienna, invece, si può trovare anche il punsch, una bevanda a base di rum o gin, con l'aggiunta di agrumi e mele, che viene servita calda.

2. Vin chaud, Francia

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Provate a chiedere del vin brulé appena oltre i confini alpini e nessuno capirà: i francesi e gli svizzeri, infatti, lo chiamano vin chaud, semplicemente vino caldo. La versione francese è molto simile a quella italiana ma prevede l’aggiunta di un goccio di cognac, che da un po' più di carattere alla bevanda, oltre a scurirla. Solitamente si offre insieme ai bredele, biscotti di pasta frolla alsaziani.

3. Punch, Gran Bretagna

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Potrebbe essere considerato un lontano cugino del vin brulé, anche se il punch non ha una ricetta vera e propria: ogni famiglia decide come farlo, in base alla tradizione locale. In genere c'è una base di acqua mischiata al rum (ma anche tè e rum), o al limite di acquavite: a questa si aggiungono scorze di agrumi e spezie come cannella e chiodi di garofano. Anche il Miller cider potrebbe entrare a far parte della grande famiglia delle bevande alcoliche calde: in sostanza è un sidro brulé a cui si aggiungono a volte brandy e/o whisky, e che viene aromatizzato con zucchero, cannella, chiodi di garofano e zenzero.

Le varianti italiane del vin brulé

Il vin brulé si prepara riscaldando vino rosso, come da tradizione, ma anche vino bianco: poi si aggiungono zucchero a piacere e diverse spezie, solitamente cannella e chiodi di garofano, scorze di limone, anice stellato, mela e a volte anche qualche spicchio di mandarino.

Se volete farlo a casa vi consigliamo di usare un vino di buon livello: non pensiate infatti che la qualità del vino non incida sulla bevanda. I vin brulé economici pronti in commercio, infatti, vengono spesso preparati con dei vini di scarsa qualità, a cui si aggiunge una grande quantità di zucchero per mascherarne il sapore. Un vin brulé che si rispetti, invece, deve è fatto con vini rossi corposi e l'aggiunta soltanto di poche spezie e di un pizzico di zucchero.

I vini usati per prepararlo variano secondo la tradizione regionale: in Germania, ad esempio, si utilizza di solito vino rosso, ma nelle regioni del Nord Italia e in alcune zone di Belgio, Austria e Svizzera volte si può trovare anche il vin brulé fatto con il vino bianco. In Italia esistono differenti varianti: fra le più note abbiamo quella veneta e quella romagnola. Il vin brulé in Veneto (vinbruè) è preparato per lo più con vino Chardonnay o Pinot bianco con l'aggiunta di cannella, mela e chiodi di garofano, viene consumato soprattutto durante il panevin, cioè il falò di inizio anno, assieme alla pinza. Il vin brulé in versione romagnola, invece, è spesso preparato con Sangiovese speziato e servito molto caldo.

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A cura di
Francesca Fiore
Giornalista gastronomica appassionata da sempre di tradizioni locali, prodotti tipici e itinerari culinari, approdo a Ciaopeople nel 2019, dopo aver collaborato per anni con le principali riviste di settore, diretto un programma radiofonico e un magazine cartaceo incentrato sui viaggi gastronomici. Cresciuta in un ambiente naturale come quello dei Nebrodi che fa della gastronomia uno dei suoi punti di forza, sono una grande amante di tutti quei contesti sincretici dal punto di vista gastronomico e mi appassiono molto alle storie personali. Oltre al grande peso che il cibo ha nella mia vita - non solo in termini di lavoro quotidiano, ma anche di studio e ricerca - mi interesso di storia italiana e internazionale, che seguo durante il tempo libero, amo smodatamente gli animali e la mia terra d’origine.
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