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6 Ottobre 2021 11:00

Tirot di Felonica: la schiacciata di cipolle che ha conquistato Carlo Cracco e Dinner Club

Grazie a Dinner Club abbiamo scoperto molte specialità gastronomiche che arricchiscono il nostro Paese. In un affascinante viaggio da Nord a Sud d'Italia, guidati da Carlo Cracco, siamo venuti a conoscenza di perle cibarie fino a poco fa sconosciute ai più. Tra queste il tirot della provincia di Mantova, realizzato prevalentemente nel piccolo paesino di Felonica. Una schiacciata tradizionale che è un trionfo di cipolle.

A cura di Alessandro Creta
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In un paesino da poco più di 1000 abitanti, in provincia di Mantova, una ricetta che dopo la sua comparsa in Dinner Club è diventata tra le più cercate, cliccate e probabilmente replicate in molte parti d'Italia.

Nel nostro Paese sembra essere salita la febbre del tirot; una schiacciata a base di cipolle locali (bionde e dolci) capace di conquistare il palato di Carlo Cracco e che negli ultimi giorni sta spopolando sul web.

Questa preparazione fa la sua comparsa nella prima puntata dello show uscito lo scorso 24 settembre su Amazon Prime. È Fabio De Luigi, ospite d’eccezione della tappa gastronomica, ad aver avuto l’onore prima di assaggiare il cipolloso manicaretto (offerto da gentili pescatori sulle sponde del Po), per poi prepararlo ai commensali vip nella classica cena di fine puntata.

Che cos’è il tirot? 

Ma nel dettaglio cos'è il tirot? Si tratta di una schiacciata principalmente a base di cipolle: fina, dorata e gustosa, più o meno croccante (in base alla lievitazione) e di estrazione popolare. Non poteva essere altrimenti, considerata la “povertà” degli ingredienti utilizzati, di facile reperimento per i contadini.

Le prime notizie documentate della sua ricetta risalgono alla prima metà del 1800, quando le donne all’alba la preparavano per portarla poi agli uomini impegnati nei campi. Fu precisamente nel 1827 che Francesco Cherubini ne parla nel vocabolario mantovano-italiano, regalandoci la prima testimonianza scritta del tirot.

Tra gli anni 50 e 60 del 900 specialmente, mentre gli agricoltori locali riuscivano a esportare la cipolla in tutta Europa, nelle campagne della bassa Lombardia il tirot era preparato per "festeggiare" la fine del periodo di raccolta in una celebrazione tradizionale chiamata sgansegna. In questa occasione la focaccia era (e in alcune circostanze tuttora è) condivisa tra tutte le famiglie dei contadini impegnati nei campi.

Un’eccellenza dalla forte vocazione tradizionale insomma che in Dinner Club, nella cena comune, ha incontrato qualche riserva da parte di Valerio Mastandrea. “… Comunque c’è troppa cipolla ragazzi” ha confessato l’attore romano dopo averla assaggiata, prima di subire il rimbrotto di quella buona forchetta di Abatantuono, “Ma che stai a di’? Questo è cibo povero elaborato…”

Battute che hanno scatenato un divertente dibattito sulla cipolla, chiuso tra il laconico e l’ironico dal comico milanese che si è rivolto ai commensali: “Voi non sapete digerire ragazzi”.

Si intende, insomma, come il tirot non sia adatto proprio a tutti, sicuramente sconsigliato a chi non è cipolla lover, poco indicato per un appuntamento romantico.

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Come si fa e perché si chiama tirot?

Una ricetta di recupero che nasce in periodi di magra e carestia, quando le donne erano costrette a impastare tutto quello che avevano a disposizione. E le cipolle, almeno quelle, in questa zona non mancavano davvero mai.

Acqua, farina, cipolle bionde locali (per la precisione la cipolladoro di Felonica, presidio Slow Food) per l’appunto, un pizzico di sale, strutto, lievito e un filo di olio. Gli ingredienti vengono amalgamati tutti insieme come tradizione vuole aggiungendo acqua poco alla volta, con l'impasto che viene poi steso con pazienza e manualità nella teglia (e da qui il nome tirot, cioè "tirato"), dove deve lievitare almeno un’ora, prima di un’ulteriore ora in forno.

Ne esce una schiacciata dorata dello spessore particolarmente sottile, che può essere consumata da sola come antipasto, accompagnata da qualche affettato locale (su tutti il salame mantovano) oppure con un vino della zona, magari Lambrusco.

Nonostante molte perplessità si siano riversate sulla capacità di stare in scena di Carlo Cracco (che, è sempre bene ricordarlo, ha studiato cucina e non recitazione) i maggiori complimenti per Dinner Club sono arrivati per le numerose specialità gastronomiche italiane che ha fatto scoprire in appena sei puntate. E il tirot è una delle piccole perle cibarie che, da qualche giorno, è conosciuta anche al di fuori del mantovano.

Ed è forse proprio questa mission didattica una delle chiavi del successo dello show, di cui in molti ora con tanta curiosità e l'acquolina in bocca attendono una seconda stagione.

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