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13 Dicembre 2025 16:00

Perché la cucina molecolare non ha avuto successo in Italia: la verità di Terry Giacomello

La sua è una cucina avanguardista e, con la propria filosofia gastronomica, frutto di anni di esperienza al fianco dei più grandi chef al mondo, sta cercando di far cambiare idea a chi è troppo "tradizionalista" a tavola.

A cura di Enrico Esente
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In un territorio dove la gastronomia è quasi un fondamento identitario, sperimentare può diventare un atto rivoluzionario. Eppure, secondo Terry Giacomello, uno dei massimi innovatori italiani, la cosiddetta cucina molecolare non è mai riuscita a trovare davvero terreno fertile nel nostro Paese. Capire il perché è fondamentale, soprattutto quando a raccontarlo è proprio chi questa rivoluzione ha cercato di condurla dall’interno. Friulano, classe 1969, spesso definito il pioniere della cucina molecolare in Italia, anche se lui preferisce parlare di avanguardia, è noto al grande pubblico anche grazie alle sue apparizioni televisive, tra cui MasterChef. Chef stellato, oggi si occupa di consulenze gastronomiche tra Italia, Lituania e Svizzera ma è la ricerca di un grande progetto che possa definitivamente conquistarlo. Dalla provincia friulana ai templi dell’innovazione gastronomica mondiale, il suo viaggio è un continuo sporgersi oltre il limite, alla ricerca di nuove forme, strutture e possibilità del cibo.

L'impatto dei "giganti" sulla sua cucina: Adrià, Redzepi, Aduriz e Atala

Il tratto distintivo del suo percorso è l’influenza dei grandi maestri della cucina contemporanea. “La pasta all’uovo più o meno la sanno fare tutti – racconta – io invece volevo creare una pasta che non fosse pasta, un riso che non fosse riso.” Una fame di novità alimentata dagli anni trascorsi accanto ai giganti: più di quattro anni a El Bulli con Ferran Adrià, definito da tutti il padre della cucina contemporanea: un’esperienza che ha definito come “decisiva”; poi il Noma di Copenaghen con René Redzepi, cuore della nuova cucina nordica; il Mugaritz di Andoni Luis Aduriz, dove la tecnica sfiora la filosofia, e il D.O.M di San Paolo (Brasile) con Alex Atala, il visionario della biodiversità amazzonica.

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Giacomello con il suo braccio destro Mirko Pacifico e, al centro, Ferran Adrià.

Un percorso che lo ha reso uno degli chef più coraggiosi e radicali del panorama italiano, ma che non ha impedito che molte delle sue idee trovassero nel nostro Paese più resistenza che entusiasmo. Ed è proprio qui che nasce la domanda centrale di questo articolo: perché la cucina molecolare, in Italia, non ha funzionato come avrebbe potuto?

I motivi del "fallimento" della cucina molecolare in Italia spiegati dallo chef

Prima di addentrarci nel "problema" bisogna capire in effetti cos'è la cosiddetta cucina molecolare. Si tratta di un incontro tra gastronomia e scienza, dove si studiano i processi chimici e fisici che avvengono in cucina. Nasce ufficialmente nei primi anni '90 quando, proprio in Italia, a Erice (Sicilia) venne organizzato il primo Atelier Internazionale di Gastronomia Molecolare. Molti ritengono, però, sia nata tra gli anni '80 e '90 in Francia. I primi a proporre le proprie idee furono Hervé This, ricercatore fisico-chimico appassionato di cucina, e Gilles de Gennes, premio Nobel per la fisica. Tra le tecniche principali troviamo la cottura sous-vide, nata in tempi precedenti ma prestata alla "nuova" wave, la gelificazione, la sferificazione e l'utilizzo di strumenti criogenici come l'azoto liquido: queste permettono di dare consistenza, forma e sorpresa agli ingredienti.

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Il primo problema individuato dallo chef per quanto riguarda il malfunzionamento della cucina molecolare in Italia è il "racconto distorto" che se ne fa a riguardo. "Molti l'hanno presentata come una rottura, quasi una provocazione contro la tradizione – precisa – invece dovrebbe essere una semplice evoluzione tecnica. I media hanno puntato spesso sul sensazionalismo dando l'idea che fosse qualcosa di artificiale e distante dal mondo culinario. Così facendo il pubblico italiano l'ha percepita come una branca della cucina forse troppo elitaria, innaturale e distante".  Per lui, il vero equivoco nasce dal credere che esista davvero una “cucina molecolare” come universo separato, perché “tutta la cucina è molecolare”, dato che ogni preparazione, anche la più tradizionale, si basa su trasformazioni fisico-chimiche.

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Detto ciò, Terry Giacomello ritiene che esistano molte tecniche perfettamente adattabili alla tradizione italiana, senza essere percepite come una minaccia. "Se immaginiamo un tipico risotto alla milanese – spiega – questo può tranquillamente essere reinterpretato. Il riso può essere cotto a bassa temperatura con un brodo chiarificato allo zafferano. Il burro e il parmigiano possono essere trasformati in un’emulsione vellutata a rilascio controllato, e il profumo dello zafferano può essere catturato e sprigionato progressivamente tramite sistemi di aromi volatili stabilizzati. Il risultato è un piatto tradizionale riconoscibile, ma con consistenze più armoniche, aromi più intensi e un’esperienza sensoriale più complessa, senza alcuna forzatura molecolare artificiale".

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Lo chef parla di un progetto che definisce "Classici 2.0", in sostanza è una proposta di un modello che potrebbe far realmente convivere la tradizione italiana con la cucina molecolare. Qui verrebbero reinterpretate le nostre ricette iconiche a cui si potrebbe applicare una precisione scientifica e l'esempio è proprio quello del risotto allo zafferano di cui abbiamo parlato poc'anzi. Per Giacomello, scienza e tradizione non sono due mondi opposti, ma due modi complementari di guardare allo stesso ingrediente. "La vera evoluzione della cucina molecolare – spiega lo chef – sarà meno spettacolare e scientificamente più rigorosa, con tecniche precise orientate alla valorizzazione di ingredienti locali e un approccio che unisce conoscenza chimico-fisica, tecnologia e sensibilità gastronomica".

La cucina molecolare di Terry Giacomello: i piatti più celebri

La sua tecnica si basa su metodi avanzati che, come dicevamo, racchiudono elementi di scienza applicata alla cucina: liofilizzazione, criocongelamento, gelificazione, sferificazione, fermentazioni e cotture nel ghiaccio. La sperimentazione è costante e nasce spesso da intuizioni istintive. I piatti più famosi di Giacomello sono un qualcosa di mozzafiato, incredibile e alcuni di questi, ce li ha voluti spiegare lui stesso, vediamoli insieme.

Illusione di riso allo zafferano

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Illusione di riso allo zafferano di Terry Giacomello

Lo chef ci ha raccontato che questo è uno dei suoi piatti più particolari: in questo caso il riso non è "vero" riso, ma un'illusione costruita con tecnica e leggerezza. I chicchi, profumati di zafferano, vengono avvolti da una mantecatura inattesa: un cavolfiore acido, lavorato fino a diventare cremoso, che dona freschezza, vivacità e una nota citrica capace di bilanciare la profondità dello zafferano. L'aroma dorato ritorna in un olio allo zafferano, che lucida e intensifica ogni boccone. A completare il piatto, le uova di Kalix, piccole esplosioni marine che aggiungono sapidità e rotondità, creando un dialogo perfetto tra terra e acqua. "Illusione di riso allo zafferano – spiega Giacomello – è un gioco elegante, un piatto che ripensa alla tradizione milanese trasformandola in sorpresa sensoriale".

Corallo do Bosco

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Corallo do Bosco di Terry Giacomello

In questa portata il fungo rossastro cordyceps diventa protagonista assoluto: una presenza elegante che richiama, nella forma, l'idea di un piccolo corallo terrestre. È direttamente la sua struttura naturale a guidare l'estetica del piatto, trasformandosi in un elemento scultoreo e vivo. Dal fungo nasce un miso ottenuto con una fermentazione mirata, che concentra e amplifica le sue note umami, minerali e leggermente ferrose. Dalla stessa matrice si ricava un olio aromatico, ottenuto con una lavorazione delicata che cattura il suo profumo boschivo e la sua dolcezza terrosa. A sostenere e avvolgere il tutto, un brodo di avena tostata, caldo e vellutato che conferisce calore e note di nocciola. "Corallo do Bosco è un piatto che parla di un ingrediente unico in tutte le sue forme: naturale, fermentato, estratto, infuso. Un omaggio alla potenza sensoriale del sottobosco", ha spiegato lo chef.

Omaggio a Cattelan

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Omaggio a Cattelan di Terry Giacomello

Questo è uno dei piatti più famosi di Terry Giacomello. Un gesto gastronomico che va a braccetto con l'arte contemporanea. L'ispirazione nasce dall'iconica banana di Maurizio Cattelan e dall'atto performativo di David Datuna, che la mangiò in un museo trasformando l'opera in qualcosa di vivo, effimero e provocatorio. In questo caso il frutto diventa interamente commestibile. La buccia, solitamente scarto organico, viene trattata con un mix di enzimi naturali che la inteneriscono e la rendono edibile, morbida e ancora riconoscibile nella sua identità. All'interno la polpa si trasforma in un distillato di banana addensato, puro, concentrato e aromatico: mantiene l'essenza totale senza alcuna impurità. A chiudere un nastro di carta commestibile, elemento iconico che richiama il gesto del nastro adesivo che in questo caso diventa cibo. "Si mangia tutto, senza gettare nulla – racconta lo chef – viene totalmente ribaltato il concetto di scarto che in questo caso diventa un valore aggiunto. Questo è un omaggio all'arte, alla provocazione e soprattutto alla cucina ecosostenibile, dove ogni elemento ha un senso".

Patata Fondente

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Patata Fondente di Terry Giacomello

Ispirato al pomme fondant della tradizione francese, questo piatto nasce dalla volontà di reinterpretare un classico trasformandolo in un oggetto gastronomico nuovo e scultoreo. La struttura esterna è uno scheletro sottile che si ottiene da un mix di zuccheri a basso potere dolcificante: una corazza fragile, appena croccante che protegge e allo stesso tempo esalta ciò che custodisce. All'interno spuma di patata affumicata che restituisce tutto il calore e la profondità del tubero, amplificati dalla nota fumé. A completare il piatto, una lamina finissima di fondo di carne ristretto, posta sopra come un velo. Il semplice contatto con il calore la fa sciogliere lentamente, avvolgendo la patata in una colata morbida e lucida, che rende ogni boccone vellutato, setoso, ricco di umami. "Una patata che non è più una patata: un equilibrio tra tecnica, illusione e memoria, dove il comfort food diventa un gesto di precisione", spiega.

Tagliolini al bianco d'uovo

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Tagliolini al bianco d’uovo di Terry Giacomello

Chiudiamo in bellezza con questo piatto. Si tratta di qualcosa che sembra pasta, ma che pasta non è. Un tagliolino che viene costruito unicamente con il bianco dell'uovo, senza farina, che dà vita a una consistenza pura, liscia, sorprendente, capace di evocare la pasta tradizionale pur essendone una reinterpretazione radicale. Su questa base eterea si adagia un caviale di acqua di tartufo nero con a sostegno una fonduta di Parmigiano reggiano 48 mesi, che aggiunge rotondità, calore e complessità. A completare il tutto, il tuorlo, lucente e cremoso, che al contatto con il tagliolino crea una mantecatura naturale e lussuosa. "Un piatto che gioca con il concetto di identità culinaria – precisa lo chef – un'illusione che diventa verità attraverso tecnica, precisione e immaginazione".

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