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22 Agosto 2021 15:00

Tartufo di Pizzo Calabro: il dolce nato per caso realizzato da un siciliano

Pizzo Calabro, piccolo comune in provincia di Vibo Valentia, sotto l'aspetto gastronomico è conosciuto perché "culla" del tipico tartufo: dolce gelato alla nocciola e cioccolato che da oltre 70 anni conquista i palati di locali e turisti. La sua origine fu frutto del caso e della capacità di inventiva di un pasticcere siciliano. Ancora oggi è aperto il bar dove il tartufo di Pizzo fu inventato.

A cura di Alessandro Creta
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Per procurarselo non sarà necessario addentrarsi nei boschi, non servirà nessun cane addestrato appositamente e non bisognerà scavare nel terreno per cercarlo. In Italia c’è infatti un tipo molto particolare di tartufo, ma che non ha niente a che vedere con il fungo che siamo abituati a grattare o sulla pasta fresca o su qualche bella e saporita tagliata di carne.

Il tartufo di cui parliamo oggi il più delle volte il pasto lo va a concludere, oppure “simboleggia” una sorta di ristoro e fuga dalla calura in giornate afose come queste. Il tartufo di cui parliamo oggi lo ritroviamo, nella sua versione "originale", nel cuore di Pizzo Calabro, paesino da 9000 anime in provincia di Vibo Valentia, dove la carica di “primo cittadino” è metaforicamente ricoperta da un dolce tipico del paese: l’omonimo, e celebre, tartufo a base di cioccolato e nocciola.

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Il borgo di Pizzo Calabro

Molto più semplice da scovare rispetto al corrispettivo che si trova in natura, a Pizzo Calabro basterà recarsi nella piazza cittadina per gustare il caratteristico dessert inventato qui a metà del 1900, in un bar che è ancora aperto e attivo. In zona, comunque, sono molti i locali, le gelaterie o le pasticcerie che propongono ai clienti, tra cittadini e turisti, questa prelibatezza tutta calabrese e realizzata rigorosamente in maniera artigianale. E proprio grazie alla qualità della sua produzione hand made il tartufo di Pizzo è stato il primo gelato in Europa ad aver ottenuto il marchio Igp.

E no, se ve lo state chiedendo, i gelati con lo stesso nome che trovate in vendita nella grande distribuzione non hanno niente a che vedere con questo qui.

Come è nato il tartufo di Pizzo Calabro

Latte, uova, nocciola, cacao e zucchero sono gli ingredienti principali del tartufo di Pizzo, specialità gastronomica creata da tal Giuseppe De Maria, giovane pasticcere siciliano poi conosciuto come Don Pippo, che a Pizzo arrivò per lavorare in una gelateria/pasticceria situata nella vivace e frequentata piazza principale, al centro di un paese con alle spalle una consolidata tradizione dolciaria.

Proprio in questo borgo pare arrivassero signori, principi, nobili e viveurs da varie parti d'Italia e d'Europa, solo per assaporare le prelibatezze che qui venivano prodotte.

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Negli anni cinquanta del 1900 (precisamente nel 1952), dopo aver rilevato l’attività in cui aveva iniziato a lavorare, Don Pippo per puro caso ottenne un gelato dalla tipica forma semisferica (che ricorda quella di un tartufo) semplicemente lavorandolo con entrambe le mani, si racconta perché sprovvisto di stampini e forme per confezionare i gelati destinati a un principe in visita nel paese.

La lavorazione di De Maria fu tanto semplice quanto efficace: il Maestro infatti sovrappose nell’incavo della mano una porzione di gelato alla nocciola a uno strato di gelato al cioccolato, inserendo al loro interno del cioccolato fuso con caramello e liquore Strega, prima di avvolgere tutto in carta alimentare. Il nobiluomo fu catturato da questo dessert, servito con ghiaccio, e in poco tempo l'eco del tartufo di Pizzo si diffuse prima nelle zone limitrofe, fino a conquistare poi le cronache gastronomiche di tutta Italia.

Se capitate a Pizzo vi consigliamo di recarvi nella piazzetta principale del borgo: qui esiste ancora il bar dove è nato il tartufo, che porta alto lo stendardo che rappresenta questa specialità tipica locale. Il carico calorico non elevatissimo, poco più di 200 calorie per 100 grammi, lo rendono adatto anche per chi è a dieta. E poi, diciamocelo, non sarà certo questo dolcetto a rovinarvi la prova costume. Scuse per non provarlo, insomma, non ne avete.

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Quello che i piatti non dicono
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