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4 Dicembre 2021 11:00

La storia dell’odiata pizza con l’ananas, tra incidenti diplomatici e brevetti mancati

La pizza hawaiana è nata in Canada da un pizzaiolo greco nel 1962, da allora ha conquistato il mondo attirandosi le ire di tutti gli italiani e non solo; ma la sua storia è molto più curiosa e affascinante di quanto si pensi.

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Se chiedeste a un italiano a caso quale sia la più grande aberrazione gastronomica mai creata, sarebbe molto probabile che vi risponderebbe: la pizza con l'ananas, la celeberrima pizza hawaiana preparata con una base di formaggio e pomodoro, condita con pezzi di prosciutto e ananas sciroppato. Ne esistono versioni che prevedono il bacon, i funghi, i peperoni, il salame e chi più ne ha più ne metta, sempre però con l'ananas come protagonista.

Prima di addentrarci nella storia di questo piatto e nei "perché" che hanno spinto l'ideatore a creare questa pizza, cominciamo con lo sfatare un mito: la pizza hawaiana, nonostante il nome, non è originaria delle isole Hawaii e non è nemmeno americana. L'hawaian pizza è nata in Canada, da un immigrato greco, e se siete tra quelli che pensano che "solo gli americani possono mangiare una schifezza simile" vi sbagliate di grosso: secondo un sondaggio di YouGov dello scorso febbraio, solo il 26% degli americani gradisce la "controversa pizza con l'ananas". Ma se non piace neanche a loro, com'è che è diventata così famosa? Ecco la storia della pizza hawaiana e cerchiamo di scoprire le origini dell'odio che tutto il mondo prova per questo piatto, pur continuando a mangiarlo.

La storia della pizza con l'ananas

La storia della pizza hawaiana prende vita una decina d'anni fa: solo nel 2010 un canadese, originario della Grecia, rivendica la paternità della prima pizza con l'ananas della storia, al ristorante The Satellite di Chatham-Kent in Ontario nel 1962.

Il pizzaiolo, Sam Panopoulos, è un immigrato di prima generazione, arrivato in Canada nel 1954, a 20 anni. Il primo contatto con la pizza ce l'ha però proprio nella patria di questo piatto: Panopoulos arriva nel Nuovo Mondo via mare, come i primi italo-americani, e dalla Grecia fa scalo a Napoli. Nel capoluogo campano assaggia la pizza e ne rimane folgorato.

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Arrivato in Canada prova a replicare il prodotto, senza successo, così comincia a preparare una sorta di cucina cinese adattata al pubblico canadese. Il pallino della pizza però c'è sempre, il problema è che in Canada questo piatto è praticamente sconosciuto. Trova una pizzeria a Windsor, una piccolissima città in Ontario, ma per trovare un prodotto più fedele a quello italiano, deve andare fino a Detroit, negli Stati Uniti. La pizza di Detroit è simile allo stile di Chicago, quindi alta e molto condita, con una base più simile alla pasta frolla che alla pizza.

Dopo dieci anni di ricerca, il buon Panopoulos si fa bastare questo ricordo e decide di stravolgere il proprio ristorante e proporre la propria pizza. Decide però di sperimentare e provare ingredienti e abbinamenti sempre diversi. Dopo 10 anni di cucina cinese, gli piacerebbe proseguire sulla strada della fusione tra dolce e acido, anche perché adora il maiale in agrodolce.

Negli anni Sessanta, in Canada, c'è la moda della cultura tiki, diventata celebre nel mondo del bartendering. L'ingrediente principale di quel "movimento" è proprio l'ananas in lattina, un simbolo di quella cultura, l'unico ingrediente in grado di unire l'esotico al pratico. L'usanza, non a caso, si diffonde dopo la Seconda guerra mondiale, grazie al ritorno dei soldati di stanza sulle isole del Pacifico. Panopoulos si trova in mezzo a questa esplosione di sapori, di nuovi ingredienti, e decide di unirli: si trova tra le mani una lattina di ananas e del prosciutto cotto, decide di metterli insieme su una semplice pizza al pomodoro. Nasce così, nel 1962, la prima pizza hawaiana. Il nome, come avete visto, non c'entra nulla con le meravigliose isole: le Hawaii sono però le prime esportatrici di ananas al mondo, su ogni lattina c'è  l'indicazione geografica e quindi per Sam Panopoulos la scelta del nome è stata semplice e naturale.

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Nel corso di quest'ultimo decennio, l'inventore della pizza con l'ananas ha concesso numerose interviste ed è sorprendente scoprire una cosa: l'hawaian pizza diviene oggetto di dibattito fin dalla prima stesura. Vi sareste immaginati un successo immediato che avrebbe spinto Panopoulos a continuare su questa strada, invece no. Qui si crea un circolo vizioso strano: tutti la criticano, ma tutti la vanno ad assaggiare, portando enormi guadagni al The Satellite, rendendo questo ristorante una vera icona dell'Ontario. Con il tempo, gli stessi detrattori cominciano ad apprezzare il prodotto facendolo diventare un vero e proprio "simbolo del Canada" come ha detto il primo ministro Justin Trudeau.

Le altre "cose" con l'ananas

Sam Panopoulos è scomparso nel 2017 ma nei suoi 7 anni di celebrità mondiale ha più volte espresso un suo rammarico: non aver brevettato il piatto. In realtà a quel tempo era impossibile brevettare i nomi o le ricette, ancora oggi è un punto cieco della giurisprudenza normale (pensate alla ricotta e pere di Sal de Riso), ma probabilmente è andata meglio così per il greco. Panopoulos è il primo vero inventore della "Pizza hawaiana" con questo nome, ma non è il primo ad aver messo l'ananas sulla pizza. Il primato è di un ristorante di Portland che nel 1957 porta in carta una pizza con papaya, peperoni e ananas. La cosa non deve sorprenderci: Portland è uno dei maggiori centri commerciali del Nord-Est degli Stati Uniti, quindi sulla costa del Pacifico, molto vicina al confine col Canada, una zona fortemente influenzata dalla tiki's culture.

Ci si potrebbe addentrare ancora più a fondo: come riporta Garage Pizza,, nel 1955 il celebre Clemens Wilmenrod, il primo chef televisivo in Germania, porta in tv il "Toast Hawaii" con prosciutto cotto, formaggio e ananas. Lo snack diventa così famoso nel Paese, che la pizza hawaiana viene considerata solo un'evoluzione dell'invenzione di Wilmenrod.

L'incidente diplomatico tra Islanda e Canada, le paure degli americani

La chef 2 Stelle Michelin, Ana Roš, pensa che la cucina sia "la migliore espressione di diplomazia al mondo". La cuoca slovena lo dice pensando alla pace, ma la diplomazia si può usare per riappacificare come per distruggere. Questo è proprio il caso della pizza hawaiana e dell'incidente che ha creato disguidi tra il Canada e l'Islanda.

Nel 2017 il presidente islandese Guðni Th. Jóhannesson in un'intervista ammette di tifare "per il Manchester United" e che vieterebbe l'ananas sulla pizza perché gli fa schifo. Il clamore nei Paesi anglosassoni è stato tale da coniare l'espressione "A Statement on the Pizza Controversy" o "Pizza-gate", costringendolo a chiarire la sua posizione: "Non ho il potere di fare leggi che proibiscano alle persone di mettere l'ananas sulla pizza. I presidenti non dovrebbero avere poteri illimitati. Non vorrei mantenere questa posizione se potessi approvare leggi che vietano ciò che non mi piace. Non vorrei vivere in un paese del genere. Per le pizze consiglio i prodotti ittici".

Bisogna dire che Jóhannesson ha approcciato tutta la sua carriera politica all'insegna dell'informalità: è stato il primo presidente al mondo a marciare durante un gay pride nazionale e a finanziare la manifestazione con il proprio stipendio, ha fatto numerosissime opere sociali e il suo gradimento è arrivato addirittura al 97% in patria, una cifra inimmaginabile per qualsiasi Paese democratico. In Nord America però quelle dichiarazioni giocose non sono state prese per niente bene e perfino un presidente altrettanto informale come Justin Trudeau si è sentito in dovere di sottolineare il proprio orgoglio nazionale difendendo "questa deliziosa invenzione dell'Ontario, un orgoglio per tutto il Canada".

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C'è anche un altro caso diplomatico molto importante e coinvolge gli Stati Uniti d'America. Citiamo testualmente un titolo di Mashable: "Funzionari esasperati usano la pizza all'ananas per spiegare le interferenze elettorali russe". Questa storia riguarda le elezioni che hanno portato Joe Biden alla Casa Bianca: l'agenzia federale americana per la sicurezza informatica, la CISA, per spiegare ai cittadini i pericoli della rete durante le elezioni, provenienti soprattutto dalla Russia, hanno usato la pizza hawaiana.

L'intenzione è di far capire che ci sono delle persone in grado di influire sul dibattito politico e creare delle informazioni false. Un esempio? Convincere il popolo che la pizza con l'ananas sia buonissima. Nell'infografica c'è addirittura un discalamier per proteggersi dagli analfabeti funzionali che non capiscono la metafora: "A oggi, non abbiamo prove che la Russia (o altre nazioni) stiano attivamente intraprendendo delle operazioni contro dei condimenti per la pizza. Questa infografica è un'ILLUSTRAZIONE di come le operazioni informative sono state eseguite in passato per sfruttare le divisioni negli Stati Uniti".

Questa infografica, a modo suo geniale, nasconde anche un messaggio più profondo: il 2019 è l'anno in cui QAnon comincia ad avere più seguaci, un'orda che ha portato all'assalto al Congresso dello scorso gennaio. Una delle teorie cospirazioniste fondanti del movimento si chiama proprio "Pizzagate", una teoria diventata virale nel 2016 (all'epoca vedeva Hilary Clinton come protagonista) che si basa sullo scambio di alcune email tra politici americani e ristoranti con al centro un presunto traffico di esseri umani e centinaia di abusi su minori. La teoria è tornata in voga proprio nel 2019 spostando il focus dai coniugi Clinton a "una presunta élite mondiale di pedofili e trafficanti di minori". La Cisa, ben consapevole di ciò che stava accadendo, ha voluto usare la pizza per arrivare anche a loro (senza successo).

La pizza con l'ananas in Italia

Di fronte alla Pinapple pizza noi rabbrividiamo, da Nord a Sud. Un coro unanime di dissenso, un'Italia unita per difendersi dall'invasore gastronomico. Eppure ci sono alcuni grandissimi pizzaioli che hanno accolto la dissacrante sfida e servono questo prodotto, ovviamente rivisitato, nei propri indirizzi. Il caso più eclatante è quello di Franco Pepe, il celebre pizzaiolo di Caiazzo, che ormai da anni ha in carta la sua AnaNascosta, una pizza ideata dopo un viaggio a Hong Kong, in risposta a un giornalista che gli ha chiesto se avrebbe mai osato mettere l'ananas sulla pizza. Pepe ha riflettuto su questo ingrediente e ha creato un cono di pizza fritta arricchito con fonduta di Grana Padano Dop 12 mesi e polvere di liquirizia nella parte interna della punta; successivamente viene aggiunto l’ananas avvolto in una fetta di prosciutto crudo. Il frutto è nascosto e soprattutto fresco.

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L’AnaNascosta di Franco Pepe

Altro caso iconico è quello di Pier Daniele Seu, il giovane pizzaiolo romano che ha sbalordito tutti conquistando il podio della 50 Top Pizza di quest'anno. Il titolare di "Seu pizza illuminati" ne ha addirittura due in carta, una dolce e una salata. La prima è con l'ananas essiccato insieme a sale e salsa di soia; sulla pizza viene poi aggiunta la mozzarella, una crema di olive nere e in uscita il piatto è completato con prosciutto cotto, misticanza di campo, polvere di olive, sale di Maldon e un gel di ananas fermentato e habanero. La versione dolce è la Pizza-colada, una pizza dolce caramellata con zucchero di canna, ricotta mantecata al lime, ananas marinato al Rum, purea di cocco, cocco disidratato e menta.

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Foto di Andrea Di Lorenzo

Dopo la Campania e il Lazio, manca la Lombardia e andiamo dunque da Simone Lombardi, pizzaiolo padovano di origini messicane che spesso sfrutta i sapori reconditi per creare delle pizze superlative. La sua versione di ananas sulla pizza è con ventricina, coriandolo e cipollotto. Da "Crosta", nel capoluogo lombardo, potete gustare una pizza classica, con un impasto superlativo, e l'ananas come topping: il frutto è cotto in forno, viene poi aggiunto assieme al fiordilatte e alla ventricina; in uscita dal forno la pizza è completata dal cipollotto crudo, dal coriandolo e da un filo di olio extravergine.

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Foto dal profilo Facebook di Crosta

Vi domanderete cosa c'entra questa pizza con il Messico: il sapore ricorda molto il taco al pastor, un piatto nato all'inizio del secolo scorso in Messico grazie alla fusione tra la cultura locale e quella libanese. Città del Messico ospita la più grande comunità libanese al mondo perché durante la guerra civile in tantissimi sono scappati dai soprusi e si sono rifugiati porprio nel Paese centroamericano. La pizza di Lombardi racconta una storia di accoglienza, integrazione e conoscenza dei sapori. Senza retorica, senza spocchia, esattamente l'opposto di quanto subito dalla tanto vituperata pizza hawaiana.

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A cura di
Leonardo Ciccarelli
Nato giornalista sportivo, diventato giornalista gastronomico. Mi occupo in particolare di pizza e cocktail. Il mio obiettivo è causare attacchi inconsulti di fame.
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