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7 Gennaio 2020 15:00

Manzo di Kobe: la sua storia, cos’è e dove mangiarlo in Italia

Una storia affascinante e secolare quella che coinvolge il manzo di Kobe e il Giappone. Tanti i miti da sfatare su questa leggendaria carne da cuocere rigorosamente alla griglia o in ghisa, con la sua marezzatura caratteristica che la fa somigliare ad un marmo pregiato. Dove mangiarla in Italia? Ecco alcuni indirizzi utili.

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Per parlare di Manzo Kobe, bisogna parlare di Wagyū. Una parola che letteralmente significa “Mucca giapponese” e si riferisce alle sei razze autoctone del Giappone: Mishima e  Kuchinoshima (uniche due nate e cresciute nel Sol Levante),  Japanese Black (quella del Kobe), Japanese Brown, Japanese Polled e Japanese Shorthorn (figlie di incroci con razze occidentali circa 2000 anni fa, ma ormai giapponesi a tutti gli effetti).

Sono tutte Wagyū dunque, conosciute e apprezzate in tutto il mondo per l’alta percentuale di grassi insaturi e l’intensa marezzatura. In Giappone, però, il Wagyū prende spesso il nome delle aree geografiche ed allora troviamo il Kobe, della relativa città. Infatti, tutto il Kobe è Wagyū, ma non tutto il Wagyū è Kobe.

Le caratteristiche della carne di Kobe

Questo manzo è rinomato per il sapore, la tenerezza e la struttura grassa. Il tipo di animale è la Japanese Black, che fu importata circa 2000 anni fa in Giappone per la sua mole, in modo da aiutare i contadini nell’arare i campi. Ricordiamo che è un marchio registrato, depositato in Giappone dall'Associazione per la promozione, distribuzione e marketing della carne di Kobe (神戸肉流通推進協議会 Kōbeniku Ryūtsū Suishin Kyōgikai).

Per avere la denominazione “Di Kobe”, l’animale deve avere 6 caratteristiche imprescindibili:

  • Deve essere della razza bovina Tajima ed essere nato nella prefettura di Hyōgo.
  • L’allevatore deve far parte della relativa federazione.
  • Deve essere una scottona, un manzo o un bue.
  • Può essere macellato solo in un mattatoio che si trovi a Kobe, Nishinomiya, Sanda, Kakogawa o Himeji nella prefettura di Hyōgo.
  • Deve avere un rapporto di marezzatura di 6º livello o superiore.
  • Il peso lordo del manzo deve essere di 470 kg o inferiore.

Il disciplinare è molto rigoroso, con il Ministero dell’Agricoltura che usa una scala di valori per misurare il grado di qualità della carne secondo colore, consistenza, marezzatura e qualità del grasso. Ogni animale ha un pedigree completissimo con nome, allevamento, condizioni di salute, condizioni di vita e perfino delle biografie degli antenati.

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La consistenza della carne è tenerissima mentre il sapore è molto dolce, quasi burroso, con un retrogusto morbido. La struttura marmorizzata rende questa carne buona e morbida anche da fredda. Consigliabile la cottura a fuoco vivo o in una padella di ghisa, per preservare tutto il sapore e le proprietà del prodotto, va mangiata al sangue.

La storia della carne di Kobe

I bovini sono stati portati in Giappone intorno al 200 d.C. come animali da lavoro impiegati nella coltivazione del riso. Grazie alla struttura del Paese, alcune zone sono risultate ideali per l’allevamento di questi animali che, trasformandosi in vere e proprie mandrie, sono stati usati anche come carne da mangiare. Le tracce dei primi manzi kobe sono varie: le prime risalgono al Medioevo, ma con ogni probabilità bisogna aspettare il ‘600 e le prime registrazioni dei bestiami geneticamente superiori.

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Il consumo di carne di manzo in Giappone è pratica relativamente recente: fino al 1868, data della Restaurazione Meiji, era vietato consumare carne bovina e pertanto non era presente nella cucina giapponese. Il manzo era usato solo dai samurai e dai soldati durante le guerre: i sopravvissuti tornati a casa, però, non resistirono al piacere della carne e, contro ogni credenza buddhista, contro il parere degli anziani del villaggio, importarono l’uso della carne di manzo nella tavola comune.

Per il Giappone feudale, mangiare o cucinare carne bovina in casa era un insulto molto grave agli antenati, un vero e proprio sacrilegio. Dopo il 1868 le restrizioni sono state minori e il consumo di carne è gradualmente aumentato. In particolare, a partire dalla fine della seconda guerra mondiale (probabilmente a causa dell’influenza americana) quando, grazie ad una migliore situazione economica generale, molte famiglie potettero permettersi di mangiare manzo più spesso.

I cenni storici sugli allevamenti sono molto pochi perché è difficile trovare allevatori disposti a raccontare storie e segreti della prelibata carne. L’esportazione del prodotto è storia recente: solo nel febbraio 2012 è stato possibile per legge far viaggiare la carne e all’inizio non andava neanche così lontano visto che parliamo di Macao e Hong Kong. L’aumento della popolarità ha portato la carne negli Stati Uniti e in Gran Bretagna: due Stati così ossessionati da questo tipo di manzo da cercare di replicare lo “stile Kobe”, riuscendoci solo a livello estetico. La proliferazione di questo sottoprodotto ha causato danni agli allevatori giapponesi e, per ovviare il più possibile a questo problema, la Kobe Beef Marketing and Distribution Promotion Association ha diffuso un opuscolo in varie lingue con dettagli sul vero manzo di Kobe.

Miti e leggende sulla carne Kobe

A causa dei sopracitati segreti degli allevatori, del divieto di esportazione e di una cultura giapponese estremamente chiusa che porta gli occidentali a fantasticare sulle questioni dell’Estremo Oriente, il manzo di Kobe ha raggiunto una fama leggendaria. La più famosa leggenda riguardo la carne Kobe è sicuramente quella dei massaggi: le vacche Wagyu sarebbero massaggiate e nutrite a birra, mentre ascoltano musica classica.

Pur avendo standard molto elevati, non c’è riscontro di vacche euforiche e ubriacone che si aggirano per il Giappone. C’è la possibilità di vedere la birra negli abbeveratoi delle mucche ma non per intenerirle, bensì per farle mangiare di più, aumentando di conseguenza il grasso corporeo, o addirittura come anti-stress nelle zone più rocciose del Giappone. I massaggi invece ci sono: servono a far muovere i muscoli, a causa dei pascoli sempre più piccoli disponibili in Giappone oppure in inverno, per salvaguardare gli animali dai crampi e dalle contratture durante le passeggiate. Questa pratica la si può riscontrare in tanti altri capi di bestiame in giro per il mondo però.

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Un’altra leggenda metropolitana da sfatare – ed in parte lo abbiamo già fatto- riguarda l’esportazione: non si può comprare il kobe fuori dal Giappone. Questa leggenda risale ai primi anni 2000, con l’Era dell’Informazione a far luce sul prestigioso pezzo di carne e il divieto degli Stati Uniti all’importazione dei prodotti alimentari dall’Estremo Oriente, a causa di un allarme relativo ai virus. I macelli giapponesi non avevano la dovuta certificazione USDA (United States Department of Agriculture): ma quando il divieto è stato tolto, nel 2012 appunto, il kobe ha varcato le soglie dell’America, e del mondo poi. Niente paura dunque, se ne avete la possibilità potete acquistare il manzo kobe anche fuori dall'arcipelago.

Le cifre dell’esportazione restano comunque bassissime: i giapponesi mangiano tanta carne di Kobe, in relazione alle loro tasche, e il prezzo elevatissimo del prodotto scoraggia l’acquisto estero.

Dove mangiare la carne di Kobe in Italia e quanto costa

Il manzo kobe è solo per portafogli pesanti. Difficile dare una valutazione generale perché il prezzo oscilla molto ma il valore medio è il doppio dell’argento, tanto per dare un’idea di quanto sia pregiata. Il filetto varia dai 300 euro ai 600 euro ma dipende molto dal pedigree e non è difficile trovare valutazioni che superano i 1300 euro al kg (tant’è che la valutazione comune del kobe è all’etto).

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Il primo ristorante in Italia ad avere il manzo Kobe è stato La griglia di Varrone, ristorante celeberrimo a Milano nato però a Lucca. Altro indirizzo molto in voga nel capoluogo meneghino è Yazawa, uno dei pochi ristoranti bbq in stile giapponese tradizionale.

Anche a Roma alcuni indirizzi molto trendy come La Pampa, in via Collatina vecchia 12, una griglieria in grado di portare il cliente in giro per il mondo solo con la carne. A Napoli bisogna spostarsi in provincia, verso La fattoria del Campiglione, in via Vicinale Campana 2 a Pozzuoli: una griglieria notissima in città e tra le poche in Italia ad essere segnalata nella Guida Ristoranti d'Italia del Gambero Rosso. Nei ristoranti citati non è previsto un prezzo alla carta per questo tipo di carne proprio perché è soggetta alle variazioni del mercato.

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Sebbene ci siano tantissimi ristoratori e macellai che dichiarano di avere il puro manzo di Kobe in vetrina, è difficile che sia vero: ma per smascherare i truffaldini serve davvero poco. Basta infatti inserire il numero del lotto, il nome dell’esportatore o dell’importatore su questo sito per vedere se è presente. Solo gli importatori autorizzati possono vendere il vero manzo di Kobe, gli altri sono veri e propri falsi.

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Quello che i piatti non dicono
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