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21 Maggio 2025 11:58

La rinascita dell’acqua suffregna: dopo oltre mezzo secolo torna a sgorgare a Napoli

L'acqua suffregna, che scorre sotto il Monte Echia di Santa Lucia, era molto apprezzata in passato perché si credeva avesse incredibili proprietà benefiche. Oggi, dopo più di 50 anni dalla sua "scomparsa", un progetto condotto da Abc e comitati civici, le dona nuova vita.

A cura di Arianna Ramaglia
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A Napoli torna l’acqua suffregna: un piccolo gioiello della città che scorre sotto il Monte Echia e che qualcuno ancora ricorderà. È stata ritrovata dopo più di mezzo secolo grazie a un progetto di recupero portato avanti da Abc, l’Azienda speciale dell’acqua pubblica del Comune con i comitati civici, tra i quali il Comitato Promotore del progetto Hydrosòphia, il Comitato Santa Maria di Portosalvo, Lan – Laboratorio Architettura Nomade, di concerto con l'Associazione Mondo Scuola.

Cos’è l’acqua ferrata?

L’acqua suffregna, (ma anche sulfurea o ferrata) che deriva dalla sorgente del Chiatamone, è naturalmente frizzante, fresca e, in passato, si riteneva avesse una grande quantità di benefici per via della presenza di ferro, in grado di curare alcune particolari condizioni di salute come l’anemia. Una fonte preziosa non solo per i cittadini, ma anche per chi ha reso quest'acqua motivo di reddito: parliamo dei famosi acquafrescai che erano soliti venderla nei loro chioschetti, spesso servita con un pizzico di limone e bicarbonato, da cui nasce la ormai famosissima limonata a cosce aperte. Una bevanda che oggi, grazie ai social, è diventata un vero e proprio show, una di quelle experience che i turisti non possono fare a meno di provare: ebbene, in passato, nelle zone tra Santa Lucia e il centro storico, veniva utilizzata proprio l’acqua suffregna per preparare questo speciale tipo di bibita.

Nel 1866 fu classificata come risorsa economica e turistica e da lì è iniziata la sua fine: con il crescente turismo e la nascita degli alberghi che hanno cominciato a sfruttarla per fini turistici e termali, il popolo partenopeo ha lentamente ceduto spazio a queste nuove realtà. In più, il diffondersi di alcune malattie come il colera – che portò alla chiusura della sorgente per paura che potesse essere contaminata e contribuire, quindi, alla sua diffusione – e la possibilità di acquistare acque minerali confezionate ha fatto sì che piano piano questa particolare tipologia venisse trascurata fino a scomparire.

Ma, come spesso accade, nulla è perduto: grazie all’aiuto degli abitanti e volontari del posto, oggi, dopo quattro anni di ricerca, l’acqua suffregna torna finalmente a essere bene dei cittadini napoletani, riscoprendo una risorsa che per troppo tempo è stata dimenticata.

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Un’acqua che non può essere imbottigliata

Anche la modalità di raccolta ci porta a fare un salto indietro nel tempo: perché nonostante le tecnologie a disposizione siano incredibilmente avanzate rispetto a 200 anni fa, l’acqua suffregna non può essere imbottigliata. Come affermato da Antonio Pariante del Comitato Portosalvo “può andare solo nelle "Mummare", le antiche anfore. C’è un gruppo di studio che sta lavorando a questo da anni e noi ne facciamo parte. Noi sosteniamo questa iniziativa che mira al riconoscimento Unesco delle antiche acque sorgive di Napoli".

Le mummare sono quindi antiche anfore di creta, con due manici, che si utilizzavano in passato per trasportare l’acqua ai vari banchi e chioschi, senza alterarne le proprietà. È proprio da questi particolari vasi che l’acqua sulfurea veniva anche conosciuta come “acqua ‘e mummare”.

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