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15 Maggio 2021 15:00

La pasta del futuro sarà piatta, messa in scatole come i mobili componibili

Una pasta di semola e acqua, uguale in tutto e per tutto a quella classica, che però da cruda è assolutamente piatta e sottile. Lo studio della Carnegie Mellon University di Pittsburgh prova ad abbattere le emissioni di CO2 e l'aumento dei rifiuti andando a lavorare sulla forma della pasta, così da ridurre i packaging e facilitare il trasporto dei prodotti.

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Dagli Stati Uniti arriva un durissimo colpo a tutti gli italiani intransigenti, nazionalisti e dall'indignazione facile. Dopo l'idea di annacquare il vino (legge in vigore dal 2009) e la possibilità di vendere gli insetti come alimento, sembra che dall'estero possa arrivare un'altra "batosta" alla dieta mediterranea, andando a toccare il suo fondamento: la pasta.

Secondo un articolo della Carnegie Mellon University di Pittsburgh pubblicato sulla rivista Science Advances, dal titolo "Morphing Matter Lab" la pasta del futuro potrebbe essere composta da "fogli" 2D, da rigenerare con una cottura in acqua bollente, così da essere più sostenibile per il pianeta. La sperimentazione dell'università della Pennsylvania è focalizzata sulla possibilità di ridurre l'impatto ambientale di ciò che mangiamo; per farlo sono partiti da un prodotto venduto in tutto il mondo in modo da avere un risultato attuabile su larga scala. La pasta confezionata è infatti uno degli alimenti più acquistati del pianeta, diffuso in maniera capillare in tutto il globo, difficile trovare un esempio migliore applicabile praticamente a una ricerca di questo tipo.

Risparmiare gli imballaggi con una pasta "di carta"

Il packaging degli alimenti è uno dei rifiuti che impattano di più sulla Terra. Tutto in busta, dalla frutta alla carne: i contenitori dei cibi sono un problema enorme che diverse norme dei singoli Paesi stanno arginando con risultati più o meno soddisfacenti. L'Università di Pittsburgh sta cercando il modo di lavorare sulla catena di distribuzione, modificando la confezione della pasta. Da qui si arriva alla pasta in 2d: un prodotto piatto permetterebbe di abbattere in modo significativo la produzione di CO2 legata alle fasi di confezionamento e trasporto. Secondo la ricerca ci sarebbe un risparmio energetico anche nelle case perché una pasta piatta avrebbe un tempo di cottura molto più breve.

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La rivista su cui è stato pubblicato l'articolo crede molto in questa ricerca, al punto da dedicarle la copertina di maggio. Il coordinatore del progetto ha lavorato per anni sulla possibilità di utilizzare le scanalature della foglia di semola, simili a quelle della pasta rigata, per creare qualcosa di innovativo. Secondo Lining Yao, il capo dello studio, le pieghe determinano la forma che la pasta assume in cottura, perché la parte scanalata si espande meno di quella liscia dando una diversa consistenza al prodotto. Gli ingegneri hanno quindi progettato il posizionamento delle righe nei minimi dettagli così da cercare di intuire in che modo la pasta si "evolve" in cottura, pur presentandosi a crudo come una semplice sfoglia piatta.

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I ricercatori hanno spiegato che il principio della pasta in 2D è simile a quello dei mobili componibili: un ammasso di pezzettini indecifrabili che si possono trasportare facilmente, che diventano dei mobili una volta seguite le istruzioni. Se vi state chiedendo quali ingredienti siano stati usati e che sapore abbia questo prodotto non dovete temere: la pasta in 2D viene "creata" con acqua e semola, proprio come una pasta normale; per quanto riguarda il gusto al momento possiamo solo fidarci di quanto scritto nello studio. Secondo Yao e la sua squadra, non si evidenziano differenze significative all'assaggio rispetto a un piatto tradizionale.

Nei video mostrati in allegato allo studio, che spiegano nel dettaglio tutto il processo del prodotto e della sua cottura, si possono notare dei formati di pasta molto semplificati. Sebbene si possano vedere delle pennette, delle mafaldine e altre tipologie, parliamo di versioni "prototipo" ben lontane da quelle che siamo abituati a mangiare, soprattutto in Italia. Questo potrebbe essere visto come un primo passo verso un mondo più verde, così come potrebbe restare un interessante esperimento inattuabile.

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Quello che i piatti non dicono
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