Scopriamo se è davvero così, quali sono gli abbinamenti più funzionali, per abbassarne il carico glicemico, e quali tipologie preferire soprattutto se si è a dieta.
Quando si vuole perdere qualche chiletto, soprattutto in vista della fatidica prova costume, si pensa che la soluzione più semplice ed efficace sia "tagliare" i carboidrati e, in particolare, eliminare il pane. Macronutriente fondamentale per la salute, i carboidrati rappresentano il carburante principale per il nostro organismo: fonte energetica di muscoli, organi e cervello, non è mai una scelta saggia abolirli.
E il pane? Messo al bando nelle varie diete chetogeniche e low-carb, tanto di moda in questi ultimi anni, e accusato di avere un indice glicemico troppo alto, può essere il responsabile di un eventuale aumento di peso? Ne abbiamo parlato con la dottoressa Arianna Rossoni, dietista e docente, che immediatamente fuga ogni dubbio.
Diciamolo subito: che il pane faccia ingrassare è un vecchio luogo comune. Paradossalmente tutto, se consumato in eccesso, può contribuire a farlo, ma nessun alimento va categorizzato come "buono" o "cattivo": ciò che incide, e fa letteralmente la differenza, è l'alimentazione nel suo complesso, ma anche lo stile di vita e se si pratica o meno un'attività sportiva.
Ma il pane non è tutto uguale: se opportunamente scelto, e consumato nelle giuste quantità, può essere inserito in serenità all'interno della nostra alimentazione. Con che frequenza e quali tipologie prediligere te lo sveliamo più avanti.
Sfatato il falso mito che il pane faccia ingrassare, va detto che è importante prestare attenzione alla sua qualità. Accuratamente selezionato e consumato senza eccessi, è un alimento ricco di nutrienti preziosi e molto versatile, da gustare a cuor leggero. Inoltre, soprattutto se paragonato ad alcuni suoi succedanei – vedi le gallette di riso – con cui viene spesso sostituito, è anche decisamente più saziante e appagante.
La scelta della tipologia può fare la differenza in termini di benefici e impatto su sazietà e stabilità della glicemia. Quali sono gli elementi a cui prestare particolare attenzione? Innanzitutto la lista degli ingredienti, che deve essere cortissima e non includere oli o altri grassi idrogenati, zuccheri o sciroppi ed eventuali additivi e conservanti.
Un pane di buona qualità deve essere fatto rigorosamente con farina, acqua, lievito naturale o lievito madre e sale (ma alcune tipologie non lo prevedono). Se il prodotto ha anche solo un ingrediente in più, c'è qualcosa che non va. Sarebbe importante anche conoscere il metodo di cottura e il grano utilizzato per la farina.
Se possibile, scegliamo dei panificati prodotti con farine integrali o semi integrali; non fidiamoci semplicemente di ciò che c'è scritto sulla confezione, ma accertiamoci, leggendo con più attenzione l'etichetta, che il primo ingrediente sia la farina integrale e che non vengano aggiunti al suo posto crusca o cruschello, piccoli "trucchetti" talvolta utilizzati dall'industria alimentare.
A causa di un cavillo della legislazione italiana, infatti, è possibile vendere un prodotto come “integrale” anche qualora sia stato confezionato usando farina raffinata alla quale viene aggiunta in seguito fibra (sottoforma di crusca o cruschello). Orientiamoci verso quei pani autenticamente "scuri", confezionati con farine integre e macinate in mulini a pietra.
Sono ottimi i pani di frumento integrale, di segale, di farro, di grano saraceno o riso in caso di celiachia o intolleranza al glutine, ai cereali e semini misti e a lievitazione naturale; sono da limitare quelli prodotti con farina 00 e da escludere i vari pain brioche, pancarrè e panbauletti industriali, confezionati con l'aggiunta di zuccheri, grassi e/o additivi.
I cereali integrali contengono più fibre, sali minerali e vitamine, e vantano un indice glicemico inferiore rispetto ai farinacei raffinati e ai prodotti ultra processati: questi, se consumati quotidianamente, possono portare a problemi metabolici da non sottovalutare, come diabete, aumento della pressione arteriosa e patologie neurodegenerative.
Proprio perché maggiormente ricco di fibre, acquistiamo pane integrale e biologico: nella fibra tendono ad accumularsi quei pesticidi utilizzati nell’agricoltura non biologica.
Il pane può essere inserito in tutta tranquillità anche in un'alimentazione ipocalorica, a patto che si scelga di buona qualità, si consumi nelle giuste quantità – che variano da individuo a individuo e vanno stimate da un professionista del settore – e si abbini al meglio.
Il pane, proprio come tutti gli alimenti contenenti carboidrati, produce un determinato effetto, quello di innalzare immediatamente il livello degli zuccheri nel sangue. Quando questi vengono messi in circolo, si raggiunge il cosiddetto picco glicemico e più questo valore è alto peggiori saranno le complicazioni per il nostro organismo.
Il pane integrale ha un indice glicemico medio, mentre quello bianco ha un indice glicemico elevato, per cui è sempre bene prediligere il primo al secondo. Esistono, poi, degli ulteriori accorgimenti che è possibile attuare per abbassarne ulteriormente il carico: al pane fresco preferiamo quello tostato, che avrà un impatto inferiore sulla glicemia; ancora meglio se congelato, lasciato scongelare e poi passato in forno.
Questo perché una parte dei carboidrati contenuti nel pane tostato, o anche in quello raffermo, non può essere scissa e utilizzata dai villi intestinali: per questo avrà un impatto differente sulla glicemia rispetto al prodotto fresco.
Sempre in funzione di una riduzione dell'impatto sulla glicemia, è importante abbinare il pane – o un'altra fonte di carboidrati – a grassi e/o proteine, evitando di consumarlo da solo o all'interno di un pasto già ricco di altri zuccheri semplici o complessi.
Qualche esempio? Consumiamo qualche fettina di pane di segale integrale a uova in camicia e a una porzione di verdure condite con un filo di olio, del pane integrale con una ciotolina di hummus e qualche bastoncino di carota oppure una vellutata di piselli e zucchine con formaggio cremoso e crostini di pane di farro tostato. Insomma, ricordiamoci sempre dell'ormai celebre piatto sano di Harvard.
In questo modo avremo un rilascio più graduale dell'insulina nel sangue, e saremo molto più appagati, energici e focalizzati a livello mentale, senza il rischio di eventuali cali glicemici e conseguente craving di zuccheri nelle ore successive.
Nonostante non si possa parlare di una grammatura valida per tutti, che va stabilita, così come la dieta nella sua interezza, da un professionista del settore, le linee guida raccomandano un consumo di circa 50-70 grammi di pane a pasto, l'equivalente di una fetta o di un piccolo panino, preferendo le varietà integrali.
Può essere inserito in tutta serenità, quindi, anche più volte nell'arco della giornata: in questo caso, se possibile, cerchiamo di variarne la tipologia. Se a colazione abbiamo mangiato un paio di fettine di pane di segale, magari con un uovo e dell'avocado, a cena preferiamone uno di farro o di riso integrale oppure – ancora meglio – della pasta o dei cereali in chicchi.
Anche per quest'ultimi vale lo stesso discorso: scegliamoli integrali e possibilmente biologici. Oltre a essere più ricchi di vitamine, sali minerali e nutrienti essenziali, saranno anche più sazianti e soddisfacenti, consentendoci così di avere una maggiore aderenza al protocollo dietetico.
Affinché l'impatto sulla glicemia sia comunque più modulato, scoliamo la pasta al dente e facciamola saltare brevemente nel nostro condimento, su fuoco vivace, mentre il riso, una volta lessato e fatto raffreddare, possiamo farlo rosolare in un fondo di verdure e olio extravergine di oliva. E non dimentichiamoci di abbinarli sempre a una fonte di proteine e grassi, per rendere completo e funzionale il nostro pasto.