;)
La gastronomia mondiale è un caleidoscopio di sapori, ingredienti e tradizioni, in cui ogni cultura ha sviluppato nel tempo i propri gusti, spesso in risposta al territorio, al clima, alla disponibilità di risorse e ai rituali sociali e religiosi. Quello che per alcuni popoli rappresenta una prelibatezza irrinunciabile, per altri può risultare quantomeno curioso, se non addirittura repellente. Il cibo, del resto, non è mai solo nutrimento: è storia, identità, memoria, ma anche abitudine e soggettività. Ed è proprio in questa complessità che si annida il fascino – e il conflitto – della cucina globale.
TasteAtlas, celebre piattaforma internazionale che raccoglie giudizi e recensioni su piatti tipici da ogni parte del mondo, ha pubblicato una ultima classifica dei piatti meno apprezzati a livello globale. Una sorta di anti-ranking culinario, che mette in fila le pietanze tradizionali che hanno ricevuto le valutazioni più basse da parte degli utenti della piattaforma. Il risultato è un elenco sorprendente e affascinante, che ci porta a esplorare alcune delle preparazioni più controverse, dimenticate o mal comprese della tradizione gastronomica mondiale.
1. Svið (Islanda)

Una delle specialità più iconiche (e divisive) dell’Islanda: la testa di pecora viene tagliata a metà, bruciacchiata per eliminare la pelliccia e poi bollita. Viene consumata intera, occhi inclusi. Parte del tradizionale Þorrablót, rappresenta per molti islandesi un richiamo alle radici, ma per chi non è abituato può risultare visivamente scioccante e poco appetibile.
2. Blodpalt (Lapponia, Finlandia)

Degli gnocchi scuri fatti con sangue di renna o maiale mescolato a farina. Densi, ricchi di ferro e spesso serviti con pancetta e marmellata di mirtilli rossi. Un piatto povero e antico, carico di storia nordica, ma con un gusto e una consistenza che spesso scoraggiano chi non è cresciuto con questi sapori.
3. Þorramatur (Islanda)

Più che un piatto, è un vero e proprio assortimento di cibi tradizionali islandesi, serviti durante il mese di Þorri. Può includere squalo fermentato, testa di pecora, interiora affumicate, salsicce di sangue. Per gli islandesi è una celebrazione dell’identità, per molti turisti un’impresa estrema.
4. Truchas a la Navarra (Spagna)

Una trota farcita con jamón serrano e poi fritta. L’abbinamento può sembrare interessante sulla carta, ma la preparazione pesante e la combinazione di sapori marini e salumi stagionati non convince tutti. Alcuni la trovano troppo grassa o semplicemente disarmonica.
5. Chapalele (Cile)

Un pane a base di patate e farina, tipico dell’isola di Chiloé, spesso cotto nel tradizionale curanto, un forno scavato nel terreno. Sebbene sia parte integrante della cultura gastronomica locale, viene talvolta criticato per la sua consistenza gommosa e il sapore piuttosto neutro.
6. Jellied Eels (Inghilterra)

Le famose “anguille in gelatina” della tradizione cockney londinese. Bollite e lasciate raffreddare in modo da formare una gelatina naturale, sono servite fredde. Per molti britannici evocano ricordi d’infanzia, ma per i visitatori il sapore e la consistenza risultano spesso sgradevoli.
7. Ramen Burger (Stati Uniti)

Un esperimento culinario nato a New York che sostituisce i classici panini dell’hamburger con due dischi di ramen fritto. Nato come cibo da street food virale, oggi viene spesso criticato per essere poco pratico, sbilanciato e più spettacolare che buono.
8. Blodplättar (Svezia)

Frittelle scure a base di sangue, diffuse nella cucina scandinava. Possono essere servite con marmellate o panna acida. Il gusto forte e ferruginoso, unito alla consistenza sottile ma spugnosa, le rende poco gradite al di fuori della loro zona d’origine.
9. Hon Mhai – Bachi da seta fritti (Thailandia)

Degli insetti fritti, croccanti all’esterno e leggermente amari all’interno: sono uno snack molto comune in Thailandia, venduti spesso per strada. Ricchi di proteine e considerati salutari, restano però un ostacolo culturale per molti occidentali.
10. Aginares Salata (Grecia)

Un'insalata cretese a base di carciofi crudi condita con limone, aglio, senape e aneto. Fresca e leggera, ma il gusto erbaceo e la consistenza fibrosa del carciofo crudo non piacciono a tutti. Alcuni la trovano troppo “verde” o priva di profondità.
Eredità culinaria discusse, ma da rispettare
Molti dei piatti presenti in questa classifica non sono semplicemente bizzarri: sono testimonianze di una cultura, figli di contesti storici precisi, di risorse limitate, di necessità trasformate in tradizione. Nonostante le basse valutazioni, ognuno di questi piatti merita rispetto per ciò che rappresenta. L’incontro (e scontro) tra culture gastronomiche diverse può farci riflettere sui nostri pregiudizi alimentari e su quanto sia fluido il concetto stesso di “buono”. Perché il gusto è personale, ma il cibo è sempre cultura.