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27 Giugno 2021 15:00

È arrivato lo spumante analcolico: come viene realizzato

Il processo della dealcolazione è alla base della creazione di uno spumante, ottenuto da uve Riesling, che non contiene in sé l'etanolo. Sta tentando l'azzardo una rinomata cantina altoatesina, Hofstätter, che ha recentemente messo in commercio un prodotto al quale è stato eliminato l'alcol. Ecco come ha fatto.

A cura di Alessandro Creta
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In principio furono birre e cocktail, ora anche il vino sembra aver intrapreso la strada verso un mondo alcol free. Sicuramente l'ha intrapresa lo spumante prodotto da Hofstätter, cantina gestita dal vignaiolo Martin Foradori e dalla quale escono rinomati e apprezzati Gewurztraminer e Pinot nero. Con buona pace dei puristi del vino, ai quali un prodotto senza alcol proprio non va giù. In tutti i sensi, forse…

L'azienda altoatesina ha recentemente creato e commercializzato uno spumante privo di etanolo cercando di mantenere, per quanto possibile, le proprietà organolettiche del prodotto originale. Lo Steinbock Alcol Free Sparkling, questo il suo nome, è risultato di un preciso quanto attento processo di dealcolazione ottenuta tramite una distillazione in un contenitore con un sottovuoto.

Nel calice ci finisce, insomma, un succo d’uva (Riesling) spumantizzato, privato della parte alcolica tramite un processo piuttosto rischioso, se non eseguito con tutte le attenzioni del caso. La pratica di eliminare l'alcol da vini o, in questo caso, spumanti è abbastanza complessa, invasiva, e se svolta non in maniera ottimale può pregiudicare la qualità finale del prodotto. Martin Foradori ha intrapreso questa via dopo aver recuperato un alambicco di dealcolazione da un amico e, stando alle prime stime, lo spumante pare aver riscosso un buon successo. In due ore, dal momento della sua commercializzazione, sono state vendute circa 120 bottiglie di Steinbock Alcol Free Sparkling, con ristoranti che oltre ad acquistare bottiglie di Riesling tradizionale comprano anche la controparte "sobria".

Per soddisfare tutti i gusti dei clienti, anche quelli astemi o semplicemente meno dediti a prodotti alcolici. Prezzo consigliato al pubblico da Martin Foradori? 10 euro e 90 a bottiglia.

Anche chi è poco dedito al calice, insomma, da oggi non avrà più scuse per non brindare assieme ai suoi amici. E poco importa se all'interno del bicchiere non vi è traccia di alcol, l'importante è il lato conviviale del cin cin.

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Dealcolazione: cos'è, rischi e ragioni

La strada per la dealcolazione del vino, più in generale, pare ormai tracciata anche se, alla fine, non si potrà chiamare così un drink che non abbia in sé una percentuale stabilita di alcol (9%, come vuole il disciplinare italiano). È lecito quindi parlare di succo d'uva più elaborato? Per alcuni sembra di sì, per l'OIV (Organizzazione internazionale della vigna e del vino) si tratta semplicemente di “bevanda ottenuta dalla dealcolizzazione del vino”.

Ma come si riduce la gradazione alcolica del vino? Come lo si può rendere privo di etanolo?

L’alcool, in estrema sintesi, viene svaporato grazie a un'attività ammessa dall’OIV che non prevede l’utilizzo di sostanze chimiche bensì di semplice acqua, in modo da non snaturare le caratteristiche del prodotto.

Il rischio della pratica di dealcolazione, qualora non venga eseguita in modo adeguato, è quello di far perdere al vino le sue proprietà organolettiche, e in questo caso anche il processo di degustazione ne risulterebbe compromesso. Odori, aromi e sapori potrebbero insomma uscirne danneggiati, sebbene negli ultimi anni ci sia stato un progressivo perfezionamento di questa pratica. L'obiettivo di molte aziende che fanno uso della dealcolazione è riuscire a fare breccia in un mercato, oltre che di astemi, composto da alcuni Paesi potenzialmente interessati per ragioni culturali o religiose.

Una tendenza in ascesa negli ultimi anni che non sembra essere il classico fuoco di paglia. Non a caso nel 2019 Wine Intelligence lo ha inserito tra le tendenze del futuro prossimo; in Spagna il ministero della Salute ne finanzia la ricerca; l’Unione Europea sembra essere propensa verso una sua regolare produzione. Purché, come sostengono gli enologi, il prodotto finito non venga chiamato "vino".

Solo il tempo ci dirà se l'azzardo, vera e propria sfida in Paesi dalla grande cultura vinicola come l'Italia, avrà dato i suoi frutti. Certo è che una bevanda derivata dal vino, ma priva della sua parte alcolica, desterebbe grande curiosità…

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A cura di
Alessandro Creta
Laureato in Scienze della Comunicazione prima, Pubblicità e Marketing poi. Giornalista gastronomico per professione e mangiatore seriale per passione, mi piace navigare tra le pieghe del cibo, perché il food non è solamente cucina, ristoranti e chef. Appassionato di olio evo ma anche di viaggi, sono particolarmente incuriosito da cibi strani e sconosciuti. Mi fate felice con un Verdicchio. Mi trovate su Instagram: @cretalex
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