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5 Settembre 2025 18:00

Doggy bag: che cos’è la busta salva avanzi e che non c’entra nulla con i cani

La doggy bag, nata negli Usa negli anni ’40 in realtà, nonostante il nome, non c'entra con i cani. Vediamo com'è nata la busta pensata per portare gli avanzi a casa, perché si chiama così e quanto è (poco) diffusa in Italia.

A cura di Enrico Esente
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Deve per forza esserti capitato quel momento in cui, al ristorante, dopo aver mangiato tanto, ti resta ancora del cibo nel piatto. In quell'istante lo guardi, lo riguardi e pensi che è uno spreco ma, allo stesso tempo, ti vergoni di chiedere di portarlo a casa. Eppure una soluzione c'è ed esiste da decenni: la doggy bag. Sì hai letto proprio bene e, se mastichi un po' di inglese, ti assicuriamo che non c'entra davvero nulla (o quasi) con i cani.

Quindi cos'è veramente? Si tratta semplicemente di un contenitore o di una piccolo sacchetto in cui, qualora non riuscissi a finire il pasto al ristorante, il restante viene messo dentro per portarlo a casa. Tutto ciò nasce dall'idea che buttare via del buon cibo sia davvero un peccato oltre che un grande spreco alimentare. Vediamo più nel dettaglio cos'è questa pratica che, all'estero è decisamente diffusa e che da noi si sta facendo pian piano largo tra la clientela.

Un'usanza che parte da lontano

Doggy bag letteralmente significa "borsa per il cane" ed è un nome che ha contribuito a creare molti equivoci e sorrisi. La storia di questo efficace rimedio anti-spreco comincia però tanti decenni fa. Dobbiamo fare un balzo indietro nella New York degli anni '40, quando gli Stati Uniti erano nel pieno della Seconda guerra mondiale. Nella Grande Mela di quell'epoca il cibo scarseggiava e le risorse non erano tantissime. I cittadini si trovavano a vivere in condizioni pessime e, secondo la tesi più accreditata, il signor Dan Stampler, proprietario di un ristorante, iniziò a dare questi sacchetti per gli avanzi ai suoi clienti. L'idea era proprio quella di mascherare il gesto (che poteva suscitare imbarazzo o far credere di essere tirchi) e dire che gli avanzi fossero per il proprio cane. 

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Con il pretesto dell'amico a quattro zampe insomma si poteva richiedere di portare a casa i rimasugli dal ristorante senza vergognarsi. Con il passare degli anni, quello di richiedere la "doggy bag" diventò un gesto socialmente accettato che diventò sempre più praticato, fino a essere considerato oggi quasi un dovere morale contro lo spreco.

Come funziona in Italia?

Nel nostro Paese quasi il 90% dei ristoranti è attrezzato a fornire una doggy bag in caso di richiesta. In realtà sono pochissimi gli italiani che hanno quest'usanza: solo il 15-16% dei nostri concittadini la richiede e circa il 40% lo fa di tanto in tanto. Il problema quindi non sarebbe da attribuire alla mancanza del servizio ma alla vergogna: molti temono di essere giudicati, qualcuno pensa sia un gesto da "poveraccio" e altri semplicemente non hanno ancora preso l'abitudine. Eppure i sondaggi raccontano altro: più del 70% degli italiani considera la doggy bag una buona idea e tra i giovani la percentuale è in crescendo.

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In Italia la doggy bag non è ancora un obbligo ma è prevista e incentivata dalla legge 166/2016 (nota come legge Gadda) prevista contro lo spreco alimentare. Per ora resta solo una proposta ma il tema divide chef e addetti al settore della ristorazione. L'idea sarebbe quella di renderla obbligatoria in tutti in ristoranti, ma c'è chi la vede come un segno di civiltà e chi teme complicazioni pratiche. Alla fine, la doggy bag è una sorta di contenitore simbolo anti-sprechi. In fondo, non c'è nulla di cui vergognarsi: se negli Usa è un gesto normalizzato, il Italia potrebbe presto diventarlo.

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