Entrambi invadono le vetrine delle pasticcerie in occasione di questa ricorrenza. Vista la base di pasta choux c'è chi li confonde, ma sono molto diversi tra loro, a partire dalla provenienza: napoletana e romana.
Se San Giuseppe nei Vangeli può sembrare un personaggio secondario, mite e saggio marito di Maria e padre putativo di Gesù, nella tradizione cristiana più popolare è invece un Santo molto amato, patrono dei falegnami, che il calendario festeggia in una data importante anche nel paganesimo, quella del 19 marzo, a pochissimo quindi dall’equinozio di primavera. Per l’occasione, in diverse parti d’Italia, le vetrine delle pasticcerie diventano un tripudio di dolci rigorosamente fritti da dedicare a tutti i papà, a partire dal più famoso. Tra le golosità più celebri ci sono le zeppole e i bignè di San Giuseppe, che spesso, dai profani, vengono indicate come sinonimi le une degli altri, nonostante siano due preparazioni ben distinte che differiscono nell’aspetto, in qualche ingrediente e nella provenienza. Conosciamole meglio.
Le zeppole e i bignè si legano entrambi alla storia che vuole San Giuseppe venditore ambulante di frittelle per mantenere la famiglia durante la fuga in Egitto con Gesù e Maria. Le prime sono di origine napoletana, mentre i secondi sono tipici di Roma, dove il Santo è conosciuto anche con l’epiteto di Giuseppe “frittellaro”. La genesi, in realtà, potrebbe essere comune, derivando da frittelline di frumento, molto semplici e prive di farciture, che si consumavano già nel XV in questa ricorrenza: solo tra la fine dell’800 e la prima metà del ‘900 le due ricette acquistano le diverse peculiarità. Per esempio, la zeppola napoletana viene arricchita con la crema pasticciera dagli anni ‘50.
I dolci partono essenzialmente dalla stessa base di pasta choux e crema pasticciera, che sono però impiegate in modi differenti. Nelle zeppole il dressaggio dell’impasto avviene con un sac à poche dalla punta a stella di 1,5 cm, con cui formare delle ciambelline rotonde con buco al centro, dal diametro di circa 6-7 cm. Per il bignè invece si utilizza una bocchetta liscia da 1 cm per creare i classici mucchietti di impasto grandi come una noce oppure si porziona con il cucchiaio e si tuffa direttamente nell’olio. Una nota sulla pâte à choux: quella delle zeppole è senza zucchero. Una volta fritte in olio bollente (o cotte al forno in caso di varianti più leggere), le due ricette prendono direzioni diverse anche in termini di farcitura: le zeppole sono decorate con la crema pasticciera messa come abbondante topping, che invade anche la cavità centrale, mentre i bignè sono riempiti all’interno creando un piccolo foro sul fondo o in alto.
Diversi, ma ugualmente irresistibili: i bignè si presentano come i classici dolcetti morbidi e gonfi dal generoso ripieno, più o meno regolari nella forma, in quanto si tratta di una declinazione rustica. Le zeppole di san Giuseppe, invece, hanno una forma tonda che si sviluppa a piramide, con alla base la pasta, poi uno strato di crema pasticciera e, sulla sommità, una o più amarene sciroppate come decorazione finale.
Menzione a parte per gli sfinci (o sfince) di San Giuseppe, un dolce siciliano che in qualche modo può ricordare le zeppole per la generosa guarnizione, ma che in realtà hanno poco in comune. L’impasto si realizza tradizionalmente con lo strutto e viene ugualmente fritto in questo grasso, anche se ormai molte versioni tendono a usare l’olio di semi. Si arricchiscono con abbondante crema di ricotta di pecora, zucchero e gocce di cioccolato distribuita sulla superficie, completando con granella di pistacchi, ciliegie e scorzette di arancia candite.