
Dalla superficie agli abissi, dove il silenzio nasconde le tracce più profonde dell’inquinamento umano, un gruppo di marinai e sommozzatori ha scelto di trasformare la propria passione per il mare in un impegno concreto. È questo il cuore di Mare Mio, il progetto promosso da Gin Mare e giunto quest’anno alla sua quinta edizione, che ogni estate riunisce volontari, esperti e associazioni per restituire vita agli ecosistemi marini del Mediterraneo.
Durante i mesi estivi, le squadre hanno esplorato alcune delle aree più iconiche del nostro mare – da Camogli a Portofino, fino a Capri – con un obiettivo preciso: liberare i fondali da plastica, reti fantasma e rifiuti sommersi. Tra gli interventi più significativi c’è quello nei pressi del Salto di Tiberio, a Capri, dove nove subacquei si sono immersi fino a 55 metri di profondità per rimuovere tre reti da pesca abbandonate – oltre 250 metri di trappole per la fauna marina – e il relitto arrugginito di un vecchio motorino. Un’operazione che dimostra quanto a lungo i rifiuti possano continuare a danneggiare l’ambiente anche anni dopo essere stati dispersi.
Il bilancio di questa stagione parla chiaro: 1.504 chilogrammi di rifiuti recuperati, metà dei quali plastica. Dalla nascita di Mare Mio nel 2021, le immersioni hanno permesso di rimuovere complessivamente cinque tonnellate di materiali dal Mediterraneo. Numeri che assumono un significato ancora più urgente alla luce delle stime secondo cui, senza interventi concreti, entro il 2050 nei nostri mari potrebbe esserci più plastica che pesci.
Il Mediterraneo in pericolo: numeri che allarmano
Per comprendere l’urgenza di iniziative come Mare Mio, basta guardare i dati più recenti sull’inquinamento marino nel Mediterraneo. Il WWF segnala che ben l’87% del Mar Mediterraneo è inquinato, con concentrazioni record di microplastiche che raggiungono quasi 1,9 milioni di frammenti per metro quadrato, soprattutto nelle profondità.
Il Mediterraneo, pur rappresentando solo l’1 % delle acque marine del pianeta, contiene circa il 7 % della plastica marina globale, con microplastiche diffuse ovunque, dai sedimenti agli organismi marini. Ogni anno, decine di migliaia di tonnellate di rifiuti plastici raggiungono il mare da fonti terrestri. Si stima che quasi 230.000 tonnellate di plastica vengano scaricate annualmente nel Mediterraneo da fiumi e indotto umano.

Le reti da pesca abbandonate, note come “reti fantasma”, sono particolarmente pericolose: avvolgono fauna marina, provocano soffocamento, ferite e blocchi di movimento, con effetti che persistono nel tempo. In zone abissali come l’Abisso Calipso, situato nel Mar Ionio meridionale, documentano densità di rifiuti talmente elevate da considerarlo uno dei fondali più inquinati del Mediterraneo: si calcolano fino a 27.000 oggetti per km², con l’88% costituito da plastica. Questi numeri mostrano che il mare non è solo vittima, ma anche silenzioso testimone delle nostre scelte.
Un modello di collaborazione per proteggere il mare
Dietro il progetto Mare Mio c’è Gin Mare, brand la cui identità ha un rapporto profondo con il Mediterraneo e che ha scelto di tradurre questa relazione in un impegno attivo. Mare Mio è l’esempio di come iniziative nate nel mondo privato possano diventare leve di cambiamento reale, quando si costruiscono partnership con associazioni radicate nel territorio e si adottano modalità operative trasparenti e scientificamente fondate.

Grazie alla collaborazione con la Fondazione Marevivo, ogni rifiuto recuperato viene analizzato, catalogato e smaltito correttamente, contribuendo a costruire dati e consapevolezza sullo stato di salute del Mediterraneo. Un esempio di come anche il mondo privato possa farsi promotore di cambiamento e lavorare insieme alla società civile per difendere un patrimonio naturale che appartiene a tutti.