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24 Aprile 2025 15:00

Crescenza e stracchino: quali sono le differenze e come usarli in cucina

Entrambi sono formaggi a pasta molle, dalla consistenza cremosa e il gusto fresco, ideali per essere mangiati al naturale o impiegati in ricette sfiziose. Sono molto simili, ma non uguali: conosciamoli meglio.

A cura di Federica Palladini
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Tipici del Nord Italia, crescenza e stracchino sono due formaggi freschi che spesso vengono confusi dai consumatori: i termini, a volte, sono usati come sinonimi perfino dai produttori. Entrambi sono prodotti caseari italiani che condividono moltissime caratteristiche, dalla pasta molle al colore bianco, tanto che la stessa crescenza appartiene alla famiglia degli stracchini, come lo sono per esempio la robiola, il quartirolo lombardo o la casatella trevigiana. Qualche differenza, però, c’è e riguarda il metodo di lavorazione e, a cascata, anche le proprietà organolettiche e i valori nutrizionali. Variazioni seppur sottili che possono influire sull’uso in cucina delle due specialità. Vediamo come.

Che cos'è la crescenza

La crescenza è un formaggio fresco a pasta molle, umida e senza crosta, ottenuto da latte vaccino intero pastorizzato. Ha un aspetto lucido, una consistenza soda e untuosa, che si rivela cremosa, facile da spalmare. Il sapore è lievemente acidulo, delicato e dolce, con un tenue aroma di latte. Tra i prodotti artigianali, queste caratteristiche possono subire delle variazioni, con tipologie più sapide o più compatte. Dopo una maturazione di 5-10 giorni al massimo, la crescenza viene confezionata e messa in vendita, da consumare nel giro di pochi giorni e conservare rigorosamente in frigorifero.

Si tratta, infatti, di un formaggio che deperisce velocemente a causa dell’alta presenza di acqua (quasi il 60%): si compone prevalentemente di grassi e proteine (rispettivamente in media 23,3 gr e 16, 1 in 100 gr secondo le tabelle nutrizionali Crea) e ha un apporto calorico di 280 kcal. La lavorazione della crescenza affonda le sue origini nella tradizione casearia lombarda (fa parte dei PAT, Prodotti Agroalimentari Tradizionali): come vedremo meglio per lo stracchino, è legata al momento della discesa delle vacche dagli alpeggi e, in passato, si realizzava all’inizio dell’autunno, mentre adesso con i metodi industriali si produce tutto l’anno. Il nome potrebbe derivare dal latino crescientia o dal dialetto “carsenza” che significa focaccia, entrambi in riferimento al fatto che si gonfia, quindi “cresce”, e fuoriesce dallo stampo a causa della fermentazione lattica quando lasciata in un posto caldo.

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Che cos'è lo stracchino

Lo stracchino è un altro formaggio fresco, ma presenta elementi leggermente diversi rispetto alla crescenza. Anch'esso è prodotto con latte vaccino intero pastorizzato, va messo in frigorifero, ma si distingue per un gusto più marcato, una consistenza mediamente più compatta, ugualmente cedevole al taglio, e una sapidità più evidente dovuta soprattutto al fatto che viene sottoposto a una maturazione di 15-20 giorni, che può arrivare anche a un mese o addirittura a non meno di 75 giorni quando si tratta dello Strachitunt Dop, una variante erborinata e dalla forma rotonda che gli esperti dell’Onaf (Organizzazione Nazionale Formaggi) definiscono come “il figlio del taleggio e il papà del gorgonzola”.

Lo stracchino più comune è quadrato o rettangolare, di colore bianco perlato, dalla pasta umida. Alcune specialità possono presentare una sottile crosta (tipo lo stracchino bronzone bergamasco). In riferimento ai valori nutrizionali, troviamo per una porzione di 100 gr 25,1 gr di lipidi e 18,5 gr di proteine, per un totale di 300 calorie. Lo stracchino è diffuso in tutta Italia, dove si è diversificato in più tipologie inserite all’interno dei PAT: la sua storia, in particolare, va in tandem con quella della transumanza. Il termine stracchino riporta alla parola dialettale lombarda "stracch", che significa “stanco”: a essere affaticate erano le mucche che tornavano a casa dai pascoli alpini compiendo un lungo cammino. Il latte che ne usciva era meno abbondante in quantità, ma più nutriente e veniva rapidamente trasformato in formaggio.

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Le principali differenze tra crescenza e stracchino

Dalle descrizioni si possono cogliere alcune differenze. La crescenza è un formaggio freschissimo, da mangiare nel giro di una manciata di giorni dalla sua produzione, mentre lo stracchino può subire una brevissima fase di stagionatura: nel primo caso la consistenza è più cremosa, mentre nel secondo è più sostenuta. Dal punto di vista nutrizionale, i due prodotti sono abbastanza simili, ma lo stracchino tende a contenere una leggera percentuale di grassi e proteine in più. In termini di sapore, la crescenza è più dolce, mentre lo stracchino è più pungente.

Usi in cucina: due ingredienti gustosi e versatili

Entrambi i formaggi trovano numerosi impieghi in cucina grazie alla loro versatilità. Iniziamo da uno dei più celebri: essere la farcitura di elezione della focaccia di Recco Igp, che nel suo disciplinare cita tra gli ingredienti, oltre a farina di grano tenero, olio extravergine di oliva, acqua, sale, “formaggio fresco a pasta molle, ottenuto da latte vaccino fresco pastorizzato”. La scelta, quindi, è tra crescenza o stracchino, a seconda della ricetta del forno. Per la sua texture vellutata e il suo gusto delicato, la crescenza viene anche impiegata nelle preparazioni dolci, una su tutte la cheesecake senza cottura, che nella crema prevede l’uso di un formaggio spalmabile. In veste salata spazio a mousse, crostini, panini, bruschette, ma è un’alleata perfetta per mantecare risotti light, adatti alla bella stagione, tipo il risotto con i piselli. Lo stracchino viene usato con la stessa valenza, ma conferisce un tocco più deciso e sostanzioso: provalo nelle torte salate, negli gnocchi (si combina ottimamente alla salsiccia) e come ripieno per omelette appetitose. Tutti e due, infine, si prestano a essere gustati così come sono, al naturale, accompagnati da insalate o verdure grigliate, per i pasti di tutti i giorni, oppure in chiave gourmet, affiancati a composte e marmellate, se non con la mostarda, per restare nel territorio. Il consiglio? Tirali fuori dal frigorifero dai 15 ai 30 minuti prima di mangiarli, così da valorizzarne pienamente consistenza e gusto.

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