Perché è diverso dal tradizionale latte vaccino? Conosciamo meglio uno dei prodotti più diffusi in commercio - insieme ai suoi tanti derivati - consumato da moltissime persone, in particolare da chi soffre di intolleranza al lattosio.
Il latte senza lattosio ha conquistato sempre più spazio nelle abitudini alimentari di una larga fascia di consumatori. Ma cosa significa esattamente “latte senza lattosio”? Partiamo dal principio: il lattosio è il principale zucchero del latte (circa il 98%), si trova naturalmente in quello vaccino, caprino e ovino (ma anche in quello materno), e nei prodotti lattiero-caseari derivati, dallo yogurt ai formaggi. È formato da due monosaccaridi: il glucosio e il galattosio e, per poter essere digerito, necessita dell’intervento della lattasi, un enzima presente nel nostro corpo che scinde queste componenti. Quando la produzione dell’enzima non è sufficiente, ecco che il lattosio non è correttamente assorbito, provocando disturbi che solitamente coinvolgono il tratto gastrointestinale, come gonfiore, diarrea e meteorismo.
Per rendere accessibile il latte a chi manifesta questa problematica, l’industria ha messo a punto il latte delattosato, con il lattosio che viene eliminato – anche se non del tutto – sostanzialmente in due modi:
Il risultato è un prodotto più digeribile, in particolare adatto a chi soffre di intolleranza al lattosio, e del tutto simile al latte convenzionale per caratteristiche nutrizionali, proprietà e impieghi culinari.
Quando si parla generalmente di latte senza lattosio ci si riferisce al latte vaccino trattato appositamente per eliminare il lattosio. Non è quindi una bevanda vegetale né un surrogato, ma un prodotto di origine animale che ha subito una modifica mirata della componente zuccherina. La quantità del lattosio viene ridotta a meno di 0,1 grammi per 100 grammi o millilitri, soglia prevista dalla legge per poter indicare la dicitura "senza lattosio" in etichetta. Come per il latte di mucca classico, le principali tipologie si distinguono in base alla percentuale di lipidi: intero, parzialmente scremato e scremato, e si trova in versione fresca o a lunga conservazione. Oltre al latte da bere, si reperiscono ormai con facilità anche burro, panna, yogurt, besciamella e pure gelati “lactose free”. Anche per i formaggi si è assistito a una crescente diffusione di versioni delattosate, basti pensare a quelli freschi come mozzarelle e stracchini, ormai stabili nel reparto frigo. Inoltre, è bene ricordare che alcuni formaggi a lunga stagionatura si possono dichiarare “naturalmente privi di lattosio” in quanto questo zucchero degrada durante il periodo di maturazione e non a causa di un trattamento specifico: per esempio il Parmigiano Reggiano Dop, il Grana Padano Dop e il Gorgonzola Dop non superano i limiti imposti dalla normativa.
Come detto in precedenza, il latte senza lattosio è destinato principalmente a chi soffre di intolleranza al lattosio, una condizione molto diffusa anche in Italia, ma è un alimento che può essere assunto da tutti. Secondo i dati raccolti dall’Associazione Italiana Latto-Intolleranti (AILI), circa il 50% della popolazione italiana presenta una forma più o meno marcata di ipolattasia, ovvero la mancanza totale o parziale della lattasi: da questo punto di vista è aperto un dibattito nella comunità scientifica sul rapporto tra adulti e consumo di latte, in quanto la capacità di processare il lattosio diminuisce con l'età, accentuando i malesseri e i disagi dovuti alla mancata digeribilità. Non va invece confuso con i prodotti per chi è allergico alle proteine del latte vaccino, dette caseine: in quel caso, è necessario estromettere completamente latte e derivati, anche quando sono delattosati, dalla propria dieta. In cucina, il latte lattosio-free si comporta in modo analogo a quello convenzionale. Può essere utilizzato per preparare dolci, creme, salse, torte, impasti lievitati, bevande calde e fredde, dal cappuccino al frappé.
I valori nutrizionali di questo alimento sono praticamente identici a quelli del latte tradizionale da cui è ricavato. Il processo a cui è sottoposto, infatti, non altera il contenuto di proteine, grassi o micronutrienti (uno su tutti il calcio, importante per la salute dello ossa), così come l’apporto calorico, ma si limita a modificare la struttura del lattosio. Rispetto ai nutrienti, a cambiare sono le diverse tipologie di latte delattosato, ovvero se si tratta di intero, scremato o parzialmente scremato, fresco o UHT replicando le caratteristiche originali. Infine, a livello organolettico, rispetto al latte vaccino si potrebbe percepire una maggiore dolcezza, dovuta al fatto che glucosio e galattosio hanno un potere dolcificante superiore, che però non comporta un aumento degli zuccheri totali o una modifica nel momento in cui si usa nelle ricette.