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9 Ottobre 2025
9:00

Cosa mangiare per abbassare la glicemia: i cibi da evitare e quelli da preferire

Cosa si intende per iperglicemia e quali alimenti dobbiamo consumare (e quali ridurre) per mantenere stabile la glicemia, evitare continui picchi e future patologie metaboliche? Ci spiega tutto la nostra esperta di fiducia.

A cura di Emanuela Bianconi
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Intervista a Dott.ssa Arianna Rossoni
Dietista, docente e responsabile del progetto "Equilibrio Donna".
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La glicemia non è altro che la quantità di glucosio presente nel flusso sanguigno: aumenta a seguito dell'assunzione di cibo e ritorna ai valori precedenti dopo qualche ora dal pasto. Mantenere livelli di glicemia entro un intervallo ottimale è fondamentale per evitare malattie metaboliche, come diabete o insulino-resistenza, e dunque godere di buona salute. Cosa intendiamo per iperglicemia e quali sono le cause e i sintomi? È possibile invertire la rotta con un'alimentazione sana ed equilibrata?

Abbiamo rivolto queste domande alla dottoressa Arianna Rossoni, dietista e docente, che ci ha aiutato a fare chiarezza sulla questione e a capire quali accorgimenti possiamo mettere in atto nella vita di tutti i giorni. Scopriamolo insieme.

C0s'è la glicemia e quali sono i valori normali

La glicemia è quel valore che misura il livello di glucosio nel sangue e la sua concentrazione è regolata da due ormoni con azione opposta: l'insulina, che ne permette l'ingresso nelle cellule, e il glucagone, che ne stimola il rilascio, facendo salire la glicemia. Valori troppo alti o troppo bassi possono essere pericolosi e indicare che si soffre di una qualche patologia, come per esempio il diabete.

L'analisi della glicemia si effettua con un prelievo di sangue, dopo aver osservato un digiuno di otto ore, e il valore del glucosio deve essere compreso tra 60 e 110 mg/dl (il range di riferimento può cambiare in base all'età, al sesso e anche alla strumentazione usata dal singolo laboratorio in cui si sono eseguite le analisi).

L'iperglicemia è quella condizione in cui si riscontrano valori elevati di glicemia nel sangue superiori a 100 mg/dl. "La glicemia alta a digiuno non ci dice quasi nulla, a meno che non si tratti di un valore particolarmente elevato, superiore ai 100-110 mg/dl", ci spiega Rossoni.

"Ci sono persone, per esempio, che hanno una glicemia a digiuno a 80-85 mg/dl, un valore che se non contestualizzato può non significare niente. Bisognerebbe fare uno screening della glicata, che va a controllare la glicemia nell'arco dei tre mesi precedenti, e anche quello dell'insulinemia (la misurazione della quantità di insulina nel sangue)", prosegue la nostra esperta.

Potrebbe essere necessario anche il monitoraggio della glicemia nell'arco delle 24 ore, tramite holter glicemico, per controllare come questa si muove dopo i pasti. "È questo ciò che più conta: può capitare di riscontrare una glicemia alta a digiuno, poi perfettamente normale nel corso della giornata. Possono avere una glicemia alta a digiuno, ma comunque nella fisiologia, persone molto sportive, soprattutto atleti di endurance, o che hanno fatto passare troppe ore tra la cena e la rilevazione glicemica: in questo caso l'aumento può essere dovuto a un metabolismo molto veloce".

Le cause e i sintomi della glicemia alta

Nonostante la glicemia alta a digiuno sia un valore che, se preso da solo, può non volere dire nulla di significativo, va sempre monitorato e tenuto in seria considerazione. "Quando anche gli altri valori elencati sono anomali, può essere un campanello d'allarme – ci dice la nutrizionista – Può contribuire a un'intolleranza insulinica e allo sviluppo di problemi metabolici associati a patologie infiammatorie di basso grado e a un aumento del rischio cardiovascolare e di diabete di tipo 2″.

Come già detto, è assolutamente normale che la glicemia si alzi dopo un pasto, soprattutto se questo è stato ricco di carboidrati: è il segnale che il corpo sta facendo il suo lavoro. Il problema nasce quando si alza troppo o, peggio ancora, quando non riesce a tornare stabile nei tempi giusti. Questo può accadere per svariati motivi: una dieta squilibrata, troppo calorica o ricca di zuccheri liberi, poca attività fisica o potrebbe essere il sintomo di qualcosa di più serio, come una sindrome metabolica o una forma di pre-diabete.

I sintomi di una glicemia alta possono essere diversi: tanta sete, stanchezza, bisogno di urinare spesso, fame continua o difficoltà a concentrarsi. Ma a volte non ci sono segnali evidenti, e per questo è utile fare dei controlli periodici, soprattutto se ci sono casi di diabete in famiglia.

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Glicemia alta: quali sono i cibi da consumare e quelli da evitare

Per un controllo glicemico ottimale, stile di vita e alimentazione giocano un ruolo cruciale. "La dieta preventiva, una volta stabilito che c'è un'alterazione glicemica, deve essere su base mediterranea con preferenza per cereali integrali, una riduzione del consumo di zuccheri, un aumento dei grassi buoni provenienti da olio extravergine di oliva, frutta secca e pesce", suggerisce Rossoni.

I cibi da preferire per abbassare la glicemia

Pasti completi e variegati, in cui siano presenti tutti e tre i principali macronutrienti, ci consente di tenere sotto controllo la glicemia ed evitare il famigerato picco glicemico, ovvero il valore massimo di innalzamento provocato da uno specifico cibo: più alto è il valore, peggiori saranno le complicazioni per il nostro organismo.

"Esponendoci a continui picchi glicemici, rischieremmo che la risposta da parte dell'insulina – la cui funzione principale è di abbassare i livelli di zucchero nel sangue – possa perdere man mano di efficacia", ci spiega Rossoni. Ecco perché un'alimentazione a basso impatto glicemico, ricca di alimenti naturali e vibranti, resta sempre la chiave più efficace.

Vediamo adesso quali cibi è bene introdurre nei nostri menu quotidiani:

  • cereali in chicco (riso, farro, orzo, avena), pseudocereali (quinoa, grano saraceno, amaranto), pasta e pane preferibilmente integrali: nei prodotti non raffinati il chicco mantiene intatte tutte e tre le sue componenti, crusca, germe ed endosperma, garantendoci una quantità maggiore di fibre, vitamine e sali minerali. Durante la raffinazione, invece, il cereale viene privato della fibra e del germe, le parti più preziose e benefiche, e per questa ragione ha un indice glicemico più alto;
  • vegetali freschi e rigorosamente di stagione, prediligendo in particolare quelli a foglia verde e non amidacei: ricchi di acqua e fibre solubili, sono sazianti e hanno un impatto inferiore sulla glicemia. Sono ottimi anche i vegetali dal sapore amaro come radicchio, rucola e catalogna, utili nel supportare l'attività epatica e a migliorare quella digestiva;
  • frutta fresca, da scegliere anche in questo caso di stagione, locale e possibilmente biologica (se di provenienza sicura, possiamo consumarla con tutta la buccia, per un quantitativo maggiore di fibre e micronutrienti preziosi). Cerchiamo di variare tipologie e colori – in questo modo faremo il pieno di antiossidanti – e preferiamo frutti dal retrogusto acidulo, con un basso quantitativo di zuccheri, come arance, mirtilli, lamponi, fragole e kiwi;
  • legumi, quindi ceci, fagioli, lenticchie, piselli: fonte di proteine vegetali, sono ricchi di fibre e a basso contenuto di grassi. Carenti di alcuni amminoacidi essenziali, è preferibile abbinarli ai cereali per ottenere un pasto completo dal punto di vista proteico e saziante. Dal momento che contengono dei carboidrati particolari, chiamati galattoligosaccaridi, che possono causare meteorismo e flatulenza, vanno consumati due, tre volte a settimana (anche se la soglia di tolleranza resta comunque individuale);
  • proteine magre e dall'elevato valore biologico, come il pesce azzurro e di piccola taglia, ricco di acidi grassi omega-3, e altre specie ittiche pescate nei nostri mari o da allevamenti in gabbie marine, uova biologiche e carni bianche provenienti da allevamenti non intensivi e che non fanno uso di antibiotici;
  • frutta secca: un vero e proprio concentrato di nutrienti e grassi polinsaturi, in particolare omega-3 e omega-6; inseriamola nelle giuste quantità, associandola ad altri alimenti nel modo più corretto, e consumiamola al naturale, non tostata e senza sale e zuccheri aggiunti;
  • olio extravergine di oliva (preferibilmente a crudo): ricco di acidi grassi monoinsaturi, soprattutto acido oleico, polifenoli, potenti antiossidanti naturali, e vitamina E; per sfruttarne appieno le sue infinite proprietà, è preferibile consumarlo a crudo. Oltre all'olio extravergine di oliva, possiamo usare anche quello extravergine di cocco, l'avocado e il ghee, il burro chiarificato: i grassi buoni migliorano la sensibilità insulinica e rallentano lo svuotamento gastrico.

In generale, più che al singolo alimento, è bene prestare attenzione al pasto nella sua completezza. A questo proposito possiamo rifarci al cosiddetto piatto di Harvard, una metodologia facile e intuitiva che prevede la suddivisione schematica del piatto in tre parti: la prima metà viene occupata dai vegetali, e in particolare dalle verdure, mentre quella restante viene a sua volta suddivisa tra una fonte di carboidrati e una di proteine.

Questo modello ci permette di frazionare l'apporto di nutrienti, superando il vecchio modello della classica dieta dissociata che prevedeva di mangiare carboidrati a pranzo e proteine a cena. "C'è una divisione diversa che consente una modulazione più dolce del rilascio di alcuni ormoni, in particolare dell'insulina", ci spiega l'esperta. Un pasto così composto ci consente di mantenere stabile la glicemia, sentirci sazi e appagati anche per diverse ore, senza il bisogno di spiluccare continuamente o andare alla ricerca del primo snack che ci capiti a tiro, e ottenere maggiore lucidità mentale e una gestione metabolica diversa e più positiva.

Il consumo di vegetali e frutta, cereali integrali e proteine magre aiuta a prevenire diverse patologie croniche, a mantenere un peso stabile e ad aumentare energia, benessere mentale e qualità del sonno.

Seguire un'alimentazione sana e a basso impatto glicemico non vuol dire demonizzare gli zuccheri: "Se eccessivamente privativa, si rischia l'effetto rebound e di incorrere in abbuffate che possono solo peggiorare la condizione. Si deve educare il paziente a un consumo consapevole e moderato di zuccheri", conclude la nutrizionista.

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I cibi (e comportamenti) da evitare per la glicemia alta

Per mantenere stabile la glicemia, è importante evitare, o quantomeno limitare, tutti quegli alimenti ricchi di zuccheri semplici, come dolciumi industriali, caramelle, merendine, sciroppi vari, bevande gassate, succhi di frutta ed energy drink. Lo stesso dicasi per pasta, pane e riso raffinati, gallette di riso e mais, biscotti e prodotti da forno realizzati con farine bianche e oli vegetali: non sono certamente il male assoluto, ma il loro consumo deve essere sporadico e non quotidiano.

A colazione, è preferibile evitare i classici cereali e muesli confezionati: ricchi di zuccheri semplici, sciroppi e grassi vegetali, sono alimenti pro-infiammatori e dall'elevato indice glicemico. Molto meglio sostituirli con dei fiocchi di avena biologici con cui realizzare porridge, overnight e pancakes golosi e sazianti.

È fondamentale limitare il più possibile i cibi confezionati e ultra-processati, prodotti con margarine e altri oli vegetali: lavorati ad alte temperature e con l'utilizzo di elementi chimici, possono produrre delle sostanze potenzialmente tossiche, come gli acidi grassi trans. Mangiamo con moderazione gli alimenti conservati, come insaccati, affettati, pesce in scatola, sottaceti, latte e derivati: quest'ultimi, pur non innalzando la glicemia, richiedono una cospicua produzione di insulina. Scegliamoli in ogni caso sempre di produzione artigianale e di ottima qualità.

Evitiamo carne e pesce provenienti da allevamenti intensivi e destiniamo l'alcol, da consumare in ogni caso con molta moderazione, solo ad alcune occasioni di piacevole convivialità: classificato come agente cancerogeno appartenente al gruppo 1 dall'International Agency for Research on Cancer (IARC), può avere anche un effetto ipo o iperglicemizzante a seconda del tipo di bevanda e del suo quantitativo di zuccheri.

Soprattutto negli ultimi tempi vengono spesso proposte le diete low-carb o la chetogenica per risolvere tale problematica, ma sono protocolli che hanno effettivamente un'efficacia? "A mio parere non sono funzionali perché non danno una rieducazione del rapporto con il cibo", ci spiega Rossoni.

In conclusione, la glicemia che sale dopo aver mangiato è una cosa buona e assolutamente normale. Quello che dobbiamo assicurarci è che il corpo riesca poi a riportarla nei giusti valori e, per farlo, sono sufficienti alimentazione equilibrata, movimento e un corretto mindset.

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A cura di
Emanuela Bianconi
Giornalista professionista dal 2013, ho una Laurea specialistica in Editoria e Giornalismo e un Master in Gestione della produzione cinematografica e televisiva. Sono una grande appassionata di tematiche legate al benessere e promotrice di un'alimentazione sana, naturale e "consapevole”, argomenti di cui scrivo su Cookist.
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