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27 Agosto 2023 11:00

Coppa di Parma Igp: un salume dal sapore antico e inconfondibile

È dolce e speziata, racconta una storia antica e una tradizione artigianale. Dalla produzione agli usi in cucina, ecco tutto quello che c'è da sapere sulla Coppa di Parma, un prodotto di qualità e versatilità.

A cura di Monica Face
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Ha un carattere saporito e un gusto intenso, si esprime al meglio quando viene affettata sottilmente e gustata cruda, ma si apprezza in numerose ricette: la Coppa di Parma ha una tradizione antica e la sua fama è ormai riconosciuta in Italia e nel mondo, dove è apprezzata come una delle eccellenze gastronomiche della tradizione emiliana. Scopriamo quali sono le caratteristiche, il metodo di produzione, le differenze con altre tipologie e quali sono gli usi in cucina della Coppa di Parma Igp.

La storia

Secondo gli esperti, si trovano riferimenti inequivocabili della produzione della Coppa di Parma Igp fin dal lontano 1680: era infatti apprezzata dai nobili e dai principi che abitavano nelle corti della zona di Parma. Inoltre, era considerata un alimento nutriente e salutare, adatto anche ai bambini e agli anziani. La coppa era anche usata come moneta di scambio o come regalo in occasioni speciali.

Nelle cronache di alcuni viaggiatori del Settecento si trova già citata come specialità gastronomica del luogo. Da un inventario del 1723 si deduce come, per poter entrare a far parte della corporazione dei Lardaroli, fosse necessario avere un certo numero di salami e bondiole, come venivano chiamati gli insaccati, a dimostrazione del valore del prodotto. Allo stesso periodo risalgono i contratti per la fornitura dei generi alimentari delle Cucine Reali, in cui compare abitualmente la richiesta di “bondiola” o “salame investito”.

A partire dal 1800 si trova testimonianza anche dell’incremento della vendita della Coppa di Parma nei mercati della zona, fino a diventare un prodotto noto in tutta Italia. Nel 2011 ha ottenuto il riconoscimento come Igp, Indicazione Geografica Protetta, dall’Unione Europea. Il compito di promuovere e valorizzare il prodotto spetta al Consorzio di Tutela della Coppa di Parma Igp, che attualmente raggruppa 21 produttori.

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La produzione della Coppa di Parma Igp

La zona di produzione della Coppa di Parma comprende per intero le province di Parma, Reggio Emilia, Modena, Mantova e Pavia oltre alle province di Lodi e Cremona e il comune di San Colombano al Lambro nella provincia di Milano, nelle regioni Emilia-Romagna e Lombardia.

Per la produzione si utilizzano gran parte dei muscoli della regione cervicale superiore del maiale, che vengono rifilati con cura per eliminare le parti grasse e nervose. La carne viene poi salata a mano con sale marino, pepe nero in grani, aglio tritato e aromi naturali come noce moscata, cannella e chiodi di garofano. Dopo la salatura, la carne viene massaggiata delicatamente per favorire la penetrazione delle spezie e l’eliminazione dell’acqua in eccesso. Successivamente, viene insaccata in budello naturale e legata con spago in fibre naturali. La stagionatura ha una durata minima di 60 giorni, a una temperatura di circa 12-16 °C e umidità relativa di 70-87%. È in questo periodo che la coppa acquista il suo inconfondibile sapore dolce e leggermente speziato, il profumo e la perfetta consistenza.

Differenza tra Coppa di Parma e Coppa di Piacenza  

La coppa di Piacenza è un altro salume a base di carne suina a denominazione di origine protetta, tipico della provincia di Piacenza. Anch'essa si ottiene dalla porzione muscolare del collo del maiale, salata e speziata secondo una ricetta tradizionale. Oltre alla zona di produzione, a fare la grande differenza tra questi due salumi è il periodo di stagionatura. Se per la coppa di Parma, come abbiamo visto, c'è un periodo minimo di 60 giorni, per la sua omonima piacentina ci vogliono almeno 6 mesi. Questo fa sì che il sapore della coppa di Piacenza sia più intenso e aromatico, anche grazie a una maggiore presenza di spezie (cannella, chiodi di garofano, alloro, noce moscata), mentre quello della coppa di Parma è più delicato e dolce.

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E il capocollo?

Coppa e capocollo spesso vengono confusi: se chiederai del capocollo a Parma o Piacenza avrai sicuramente della coppa, se lo chiederai nel Lazio e nel centro Italia in generale mangerai del lonzino. Ma, al di là dei nomi locali, coppa e capocollo sono la stessa cosa? In realtà no, benché siano due insaccati molto simili, per cui si usa grossomodo la stessa parte del collo del maiale. Per la precisione, la parte meno grassa viene usata per il capocollo, mentre quella più grassa per la coppa: ciò vuol dire che il capocollo ha un sapore leggermente più delicato – ma questo dipende anche dai condimenti – rispetto a quello della coppa.

Cosa sapere quando acquisti la Coppa di Parma

Il prodotto è immesso in commercio nella tipologia Coppa di Parma Igp. Viene commercializzata intera, sfusa, oppure in tranci e affettata, sottovuoto o in atmosfera protetta. Ha una forma cilindrica, con dimensioni variabili da 25 a 40 cm in lunghezza e un peso non inferiore a 1,3 kg. Al taglio, la fetta è mediamente compatta, non untuosa, rossa nella parte magra e rosea in quella grassa. Il sapore è delicato ma persistente, con note aromatiche date dalle spezie. Il profumo è intenso e gradevole. La consistenza è morbida e fondente al palato.

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Gli usi in cucina della Coppa di Parma

Una volta acquistata si consiglia di conservarla in luogo fresco e umido, come una cantina o, in alternativa, in frigorifero avvolta in un canovaccio. La coppa di Parma si consuma principalmente cruda, tagliata a fette sottili o a cubetti. Si accompagna bene con pane casereccio, formaggi magri, freschi o stagionati, frutta fresca o secca. Si può anche usare per preparare antipasti sfiziosi, come crostini, tartine o involtini. Prova anche ad abbinarla a piatti caldi, come paste ripiene, risotti, torte salate o carni bianche, oppure aggiungila a insalate, zuppe o minestre, per dare un tocco di sapore in più.

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Quello che i piatti non dicono
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