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7 Dicembre 2023 13:00

Come pulire e cucinare l’anguilla: 6 modi gustosi per servirla

L'anguilla, detta anche capitone, è uno dei pesci che da Nord a Sud, passando per le Isole, non manca sulla tavola natalizia. Vediamo come prepararla al meglio, ricordando che è una specie a rischio estinzione.

A cura di Federica Palladini
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Se nel corso dell’anno dell’anguilla si sente parlare poco o niente, è durante il periodo natalizio che torna alla ribalta, perché protagonista in modo trasversale della tradizione culinaria italiana. Dal Veneto alla Campania, alla griglia, fritta, marinata o in umido, l’anguilla passa sulle tavole delle feste, specialmente la sera della Vigilia, giorno di “magro”, nonostante magra non lo sia per nulla: le sue carni, infatti, sono sode, ricche di grasso (i lipidi corrispondono a oltre il 25% del suo peso) e pregiate, fonte di nutrienti. Il capitone, ovvero com’è chiamata in termini più gastronomici che scientifici l’esemplare femmina di grandi dimensioni che supera il chilogrammo di peso, è quello che si cucina maggiormente, nonostante sia consigliabile per i meno esperti ai fornelli scegliere anguille di pezzature minori, attorno ai 700-800 grammi. L’anguilla si trova in commercio viva, fresca, surgelata, in barattolo, sottovuoto: ciò che conta è comprarla a seconda della preparazione pensata. Se si acquista dal pescivendolo, è bene seguire alcune accortezze e pulirla bene prima di consumarla in ricette gustose.

Come pulire l’anguilla: le regole generali

L’anguilla è un pesce dalla forma allungata: il suo nome deriva dal latino angius che significa serpente. Vive in acqua dolce di lago e di fiume, ma anche in mare: può essere selvatica o d'allevamento. Per avere un prodotto con qualità organolettiche inalterate è necessario che l’anguilla o il capitone siano vivi al momento dell’acquisto oppure freschi e già privati delle interiora, così da conservarsi più a lungo: il consiglio è sempre quello di iniziare la preparazione del pesce appena lo si è portato a casa e, se non si è pratici, di far svolgere l’intera operazione di soppressione ed eviscerazione dal pescivendolo. Non esiste un solo metodo per pulire l’anguilla, dipende da come verrà cucinata. Ci sono però un paio di regole generali da rispettare sempre:

  1. Privarla della parte viscida esterna: l’anguilla non ha squame, ma è un pesce che predilige i fondali e per questo la sua pelle è intaccata dal limo. Per eliminarlo si può raschiare a fondo con la carta paglia oppure utilizzare il sale grosso come abrasivo, strofinando e sciacquando fino a togliere tutte le impurità. Nelle anguille più piccole la pelle si lascia, mentre quando l’anguilla è grande si tende a spellare, ma dipende sempre dall’utilizzo finale.
  2. Privarla completamente delle viscere: rispetto ad altri pesci le interiora non sono molte, ma per evitare contaminazioni che rischiano di rendere le carni amare bisogna eliminarle con cura, cercando di non rompere la bile al momento dell’incisione del ventre. Una volta eviscerata si passa sotto l’acqua corrente e si asciuga con uno strofinaccio.

Solitamente quando si tratta di ricette in umido, marinate o fritte si procede tagliandola a pezzi più o meno grandi, da infarinare o mettere nel sugo. Invece, per la cottura alla brace o alla griglia l’operazione risulta un po’ più complicata, perché il pesce va cucinato intero (senza testa): per pulirlo si stende di schiena su un asse di legno, si fissa con un punteruolo nella parte posteriore e si pratica un taglio longitudinale che lo divide in due. Si apre a libro e si incide seguendo la spina dorsale sia destra sia a sinistra, così poi da levarla. A questo punto si tolgono le viscere, le eventuali spine più grosse rimaste e si lava.

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Da ricordare, o da sapere, per chi non ne fosse a conoscenza, che l’anguilla europea, quella cui ci riferiamo, è una specie ittica in via d’estinzione per diversi motivi, compreso il mercato illegale delle cieche, ovvero gli esemplari giovani. La pesca dell’anguilla segue rigide disposizioni ministeriali, mentre da consumatori è possibile contribuire alla sua tutela scegliendo di comprare solo pesce con certificati di sostenibilità.

Come cucinare l’anguilla: 6 ricette gustose

L’anguilla è un alimento molto versatile in cucina, tanto che in alcune zone d’Italia, come per esempio nelle Valli di Comacchio, tra Ferrara e Ravenna, diventa un cibo simbolo del territorio, strettamente legato alla vita della comunità. Qui è molto diffuso alla griglia o marinato, così come al Sud, nel Napoletano per esempio, il capitone è fritto. Le carni sono saporite e grasse, ma non sempre digeribili e per questo hanno bisogno di essere ben cotte. Vediamo qualche idea gustosa.

1. Alla griglia o alla brace

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Si posiziona il pesce inizialmente con la pelle verso il basso: il grasso che inizia a colare viene in parte trattenuto per mantenere la polpa morbida, e in parte unge la griglia: poi si gira e si lascia andare lentamente, per circa 50 minuti, in quanto la carne deve essere cotta e dorata. Non servono altri condimenti, al massimo un po’ di sale. In cottura l’anguilla tende a restringersi di un 20%, un dettaglio da prendere in considerazione quando si compra: l’ideale è una pezzatura da 700-800 grammi, alla portata di tutti.

2. In padella

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Tagliata a pezzetti di circa 10 cm, l'anguilla si può arrostire anche in una padella antiaderente. Il consiglio è quello di tenere la pelle per le stesse ragioni della griglia o della brace: si può ammorbidire e sgrassare la carne per esempio eseguendo prima una veloce marinatura (circa 30 minuti) nel limone e guarnire alla fine con prezzemolo fresco o foglie di alloro.

3. Fritta

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Il capitone fritto è una preparazione immancabile sulla tavola del Natale napoletano. Si taglia il pesce a tocchetti di circa 5-6 cm e si infarina. Si elimina la farina in eccesso e si frigge ‘o capitone nell’olio bollente (di oliva, come da tradizione, o di semi): i pezzetti devono risultare croccanti e imbruniti fuori e ben cotti all’interno. Una volta pronti si completano con una presa di sale e foglie di alloro spezzettate.

4. In umido

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La cottura nel sugo è un metodo per garantire la tenerezza della carne: la permanenza sui fornelli è prolungata, così da far diventare il pesce ancora più saporito grazie alla salsa di pomodoro, profumata dal soffritto e da erbe aromatiche come alloro, salvia e prezzemolo. In Veneto, soprattutto nel Trevigiano, un piatto classico è il bisato in tecia (anguilla in tegame), dove l’anguilla si taglia in sezioni di 6-7 cm che si infarinano e si fanno rosolare in casseruola con aglio e prezzemolo tritato. Si aggiunge poi il vino bianco da sfumare, sale e pepe, e infine un cucchiaio di passata di pomodoro, per poi cuocere a fuoco moderato. Si serve con polenta abbrustolita, ma si può usare anche come condimento per pastasciutte sfaldando la polpa del pesce, in stile ragù, come si consuma in alcune zone della Puglia e della Sardegna la sera della Vigilia.

5. Al forno

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Una cottura semplice da fare a casa è quella dell’anguilla al forno. Anche in questo caso ci sono spunti regionali che prevedono pochissimi ingredienti. Per esempio tagliando a tocchetti di 6-7 cm l’anguilla o il capitone per poi posizionarli in una teglia alternati a foglie di alloro, il tutto cosparso da succo di limone. Si possono anche aggiungere degli spicchi d’aglio se piacciono: si cuoce per circa 40 minuti e il piatto è pronto. Una ricetta che, con alcune varianti, si trova nei libri di ricette venete, così come in quelle molisane.

7. Marinata

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Uno dei metodi di conservazione più antichi è la marinatura. Anche l’anguilla può essere mantenuta in salamoia, utilizzando la stessa tecnica dello scapece e del carpione. Degna di nota, è l’anguilla marinata delle Valli di Comacchio, una specialità regolata da un disciplinare che vede un procedimento artigianale che riporta al ‘700. La particolarità risiede nella cottura allo spiedo del pesce porzionato, che viene posto su appositi ganci accanto a dei grandi camini. La cottura è supervisionata dagli spieditori che man mano posizionano gli spiedi verso la fiamma. Quando sono pronte e raffreddate del tutto, le anguille vengono immerse in scatole di latta con una marinatura a base di aceto, sale di cervia, acqua e alloro. Una curiosità: nel film La donna del fiume (1954) di Mario Soldati, la protagonista Sophia Loren recita proprio la parte di un’operaia di uno stabilimento di marinatura delle anguille di Comacchio, dove viene rappresentata fedelmente questa tipica lavorazione locale.

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Quello che i piatti non dicono
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