Molti hanno l’abitudine di tenere sempre a portata di mano una bottiglia d’acqua, soprattutto in estate quando la temperatura aumenta e cresce anche la sete. Ma attenzione se sei abituato a lasciarla in macchina o in un luogo dove è a diretta esposizione solare: è una pratica pericolosa e, a livello di commercio industriale, anche vietata per legge. Perché? Ecco tutto quello che devi sapere.
Chi di noi non ha mai lasciato in macchina una (se non più) bottiglia d’acqua? La sete, si sa, può coglierti in qualsiasi momento e ancora di più d’estate, quando le temperature che salgono fanno crescere il bisogno di idratarsi. Tuttavia dovresti sapere che è una pratica sbagliata e anche potenzialmente pericolosa: lasciare la bottiglia di plastica d’acqua al sole, in macchina o in qualsiasi luogo particolarmente esposto, vuol dire aumentare il rischio che le microplastiche si diffonda all’interno dell’acqua, contaminandola.
Molti contenitori in plastica, infatti, rilasciano una piccolissima quantità di sostanze chimiche nelle bevande o nel cibo che contengono (è il motivo per cui, dopo un po’, i tuoi contenitori di plastica della dispensa andrebbero cambiati). Più la temperatura e il tempo di esposizione aumentano, più i legami chimici della plastica si rompono e aumenta la probabilità che le sostanze chimiche filtrino.
C’è da dire che, secondo la FDA (Food and Drug Administration), la quantità di sostanze chimiche è troppo bassa per causare problemi di salute nell'immediato, ma gli scienziati, guardando agli effetti a lungo termine di una continua esposizione alla plastica nella nostra vita, affermano che quelle piccole dosi, sommandosi, potrebbero avere un impatto notevole. Inoltre le microplastiche non sono l’unico rischio che si corre lasciando la bottiglia d’acqua di plastica sotto il sole: scopriamo quali sono tutti i motivi per cui è un’abitudine che dovresti evitare.
La maggior parte delle bottiglie di plastica che trovi sugli scaffali (d’acqua, ma non solo) sono prodotto con un tipo di plastica chiamata polietilene tereftalato, o PET, riconoscibile dal codice di riciclaggio uno e accettata dalla maggior parte dei programmi di raccolta differenziata per il riciclo. Diversi studi hanno dimostrato come questo tipo di plastica, esposta al sole e a temperature alte, rilasci quelle che sono note come microplastiche, oppure compostici organici volatili (detti anche VOCs). Sono proprio le alte temperature del sole ad accelerare la migrazione di queste sostanze, che sono rilasciate in minima quantità ma che, con un consumo costante, a lungo andare possono eccedere i livelli di sicurezza e causare problemi alla nostra salute.
Per esempio una delle sostanze ritenute pericolose è l’antimonio, un composto chimico utilizzato come catalizzatore durante la produzione delle bottiglie: la IARC (l’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro) lo considera potenzialmente cancerogeno, anche se i dati per il momento sono insufficienti per stabilirne l’effettiva cancerogenicità. Però, alla luce di questa eventualità, perché correre il rischio?
Uno degli studi più importanti sul tema delle bottiglie d’acqua esposte al sole è stato pubblicato sulla rivista Environmental Monitoring and Assessment e ha riguardato proprio la misurazione della quantità di antimonio presenti nell’acqua: a temperature intorno ai 20-21° C si trova in bassissime concentrazioni, ma alle condizioni esposte sopra (50°C) la sua percentuale è elevata. Un altro studio, condotto da scienziati all’Arizona State University, ha dimostrato come più la giornata fosse calda, più l’antimonio contaminasse velocemente l’acqua.
È evidente quindi come la degradazione del PET a causa dell’esposizione al calore sia un fenomeno reale, che se nell’immediato non crea nessun problema potrebbe causare danni sul lungo termine. Proprio per evitare questo rischio anche a livello commerciale è arrivata una sentenza della Cassazione penale (numero 3037/18) che condanna e sanziona chi detiene ed espone l’acqua nelle bottiglie di plastica al sole, rendendola potenzialmente pericolosa per la salute del consumatore; la vendita di alimenti – tra cui l’acqua – in cattivo stato è qualificato per legge, quindi, come “reato di pericolo”.
Certamente le bottiglie d’acqua di plastica esposte al sole hanno come rischio principale il rilascio delle microplastiche e di sostanze potenzialmente pericolose, ma non è l’unico rischio legato alla conservazione sotto la luce del sole e ad alte temperature. Questi fattori, infatti, potrebbe causare la formazione di alghe all’interno dell’acqua, perché sono organismi autotrofi fotosintetici che proliferano in ambienti ricchi di umidità e di luce. Il cattivo sapore dell’acqua può essere un indicatore molto chiaro della presenza di alghe, che nei casi più estremi può portare anche all’intorbidimento del liquido, ma il problema non è da riscontrarsi nel gusto, non solo almeno. Le alghe potrebbero creare problemi alla salute del consumatore, in quanto comportano la creazione di metaboliti tossici che potrebbero risultare nocivi.
Come impone anche la legge, quindi, il commerciante deve evitare di lasciare le casse d’acqua esposte direttamente al sole, o comunque a fonti di calore e temperature elevate, ma è fondamentale che anche noi facciamo attenzione alla conservazione delle bottiglie d’acqua di plastica. Nello specifico devi: