Quanto ci fanno innamorare quelle piccole bolle d'aria che si creano all'interno del cornicione di una pizza? Si chiamano alveoli e la loro formazione dipende da un insieme di caratteristiche degli ingredienti e delle tecniche di lavorazione.
Se ci chiedessero che sapore ha la felicità, risponderemo senza ombra di dubbio “quello della pizza”: piatto per eccellenza simbolo della tradizione gastronomica italiana ma amato e replicato in tutto il mondo. Negli ultimi anni, anche grazie alla continua ascesa di quella contemporanea, la pizza ha acquisito una nuova luce: visivamente più bella, colorata, con un cornicione che funge quasi come da fortezza per il condimento e con un’attenzione particolare all’utilizzo di prodotti di qualità. E se la cura è maggiore da parte dei pizzaioli, lo è anche da parte dei clienti che tengono in considerazione diversi aspetti per capire se si trovano di fronte a una buona pizza oppure no. Uno di questi è sicuramente l’alveolatura: quelle piccole e grandi bolle che si nascondono ai nostri occhi per uscire allo scoperto, in tutto il loro splendore, al momento del taglio del cornicione, così belle che molto spesso diventano i soggetti dei nostri fulminei set fotografici a tavola. Ovviamente però, l'alveolatura non è una mera questione estetica e in questo articolo ti spieghiamo quali caratteristiche deve avere per contraddistinguere una pizza di qualità.
Prima di entrare nel dettaglio, partiamo con una definizione generale di cos’è l’alveolatura: si tratta della quantità e della dimensione degli alveoli presenti nella pizza. È una caratteristica che prende il via durante la fase di lievitazione dell’impasto, quando tutti gli ingredienti sono stati uniti e il lievito comincia a svolgere il suo lavoro: nutrendosi degli zuccheri presenti nella farina, produce anidride carbonica che, espandendosi, resta intrappolata nella maglia glutinica con il risultato di formare queste bolle d’aria e di dare maggiore volume all’impasto stesso. Vediamo tutti i dettagli su come si forma e come ottenere una buona alveolatura.
Come abbiamo accennato, l’alveolatura è una conseguenza del lavoro svolto dal lievito che, mangiando gli zuccheri della farina, produce anidride carbonica. Le bolle d’aria che vengono a crearsi ovviamente non sono sempre uguali e il risultato può variare in base a determinate caratteristiche sia degli ingredienti usati sia del metodo di lavorazione.
Partiamo subito da uno degli ingredienti base di un impasto: la farina, che in base alla sua forza (contrassegnata dal valore W) si suddivide in varie tipologie. Senza entrare troppo dettagliatamente nelle caratteristiche che le contraddistinguono, ti basta sapere che le farine si dividono in deboli, medie, forti e forti speciali e la forza indica la capacità di assorbire l’acqua e di trattenere anidride carbonica, grazie alla presenza delle proteine presenti all’interno: la gliadina e glutenina, che formano il glutine.
Quando queste due proteine vengono a contatto con l’acqua – e anche grazie al lavoro svolto dall’impastamento – si crea la cosiddetta maglia glutinica, ossia una sorta di rete elastica. Quest’ultima, se possiede un buon equilibrio tra tenacità ed estensibilità, permetterà all’impasto di guadagnare volume, grazie all’espansione dell’anidride carbonica, senza rompersi e con la conseguente formazione di alveoli più grandi e irregolari. Un impasto troppo tenace, e quindi troppo duro, tenderà a limitare l’azione del gas che non riuscirà a sviluppare una buona alveolatura; al contrario, un impasto troppo estensibile non riuscirà a trattenere l’anidride carbonica finendo per collassare.
In ogni caso tutto dipende dal tipo di prodotto che vogliamo ottenere: ad esempio se vogliamo realizzare una pizza a canotto, in cui il cornicione presenta alveoli di grandi dimensioni, è bene che l’impasto sia più tendente all’estensibilità; mentre una focaccia prediligerà un impasto leggermente più tenace in modo da sviluppare un’alveolatura più piccola, omogenea e compatta.
Probabilmente avrai già sentito parlare della percentuale di idratazione in un impasto che non è altro che la quantità di acqua impiegata in proporzione alla quantità di farina: se ad esempio per 1 kg di farina vengono utilizzati 600 grammi di acqua, avremo un impasto con un’idratazione del 60%. La percentuale di acqua da utilizzare però varia ovviamente in base alla forza della farina che, come abbiamo detto, indica la capacità di assorbimento del liquido: un impasto con una maggiore idratazione darà vita a una maggiore alveolatura e, vien da sé quindi che, in questo caso, dovrò utilizzare una farina con una forza maggiore.
Gli alveoli si formano grazie all’azione del lievito, questo è assodato: ma quindi più lievito utilizzo, più grandi saranno i miei alveoli? Sì, ma è bene fare una precisazione. Più che la quantità di lievito, è importante la quantità di tempo in cui avviene il processo di fermentazione: se come abbiamo detto il lievito, mangiando gli zuccheri, sviluppa anidride carbonica che crea appunto queste bolle, dobbiamo dare il tempo per cui questo processo avvenga. Se uso un’elevata quantità di lievito ma fermo la lievitazione troppo presto, il gas non avrà avuto il tempo di formare tutti quegli alveoli che desidero; allo stesso modo però, se lascio che l'impasto lieviti troppo, potrebbe esserci un collasso che porterebbe ad avere una massa che ha perso la sua struttura, diventando appiccicosa e difficile da lavorare.
Un altro aspetto importante è il modo di lavorare l’impasto prima della lievitazione. Se ti sei mai imbattuto nella preparazione di una pizza fatta in casa, avrai già sentito parlare delle pieghe di rinforzo dell’impasto. Senza entrare nello specifico, è importante sapere che le diverse pieghe che compi sul tuo impasto servono sia a rendere la maglia glutinica più resistente e quindi, come abbiamo detto prima, più capace di trattenere l’anidride carbonica, sia a eliminare tutti i gas dall’impasto, permettendo così al lievito di svolgere una fermentazione migliore e più attiva garantendo quindi la creazione degli alveoli.
La creazione di una bella alveolatura continua anche dopo che abbiamo modellato l’impasto, quando è pronto per la cottura. Infatti l’azione del calore del forno – elettrico, a gas o a legna che sia – fa sì che gli alveoli si sviluppino per due motivi:
La risposta è no. Tutto dipende sempre dal tipo di prodotto che stiamo mangiando o vogliamo preparare: una pizza napoletana classica presenterà pochi alveoli nel cornicione, al contrario di una pizza a canotto che ne avrà di più e anche di dimensioni maggiori o, ancora, una focaccia che presenterà alveoli molto piccoli e compatti. Questo ovviamente non vuol dire che un prodotto sia migliore di un altro, ma che semplicemente si tratta di prodotti diversi con proprie specifiche caratteristiche.