Uno studio rivela che, a causa dei continui cambiamenti climatici dovuti all'attività dell'uomo e alle guerre che stanno colpendo l'Europa e il Medioriente, la produzione agricola potrebbe calare del 35% tra 25 anni.
L'attività dell'uomo, tra fabbriche, industrie, allevamenti intensivi, sta distruggendo il pianeta. Questo è un dato triste di cui siamo a conoscenza da decenni eppure non sembrerebbe essere stato un freno a tutto ciò, anzi, la situazione peggiora di anno in anno. Se non dovesse bastare, ci si sono messe anche le guerre di mezzo. Dal febbraio del 2022 l'Ucraina è alle prese con il conflitto con la Russia e, dall'ottobre 2023, non c'è pace nemmeno in Medioriente con l'eterno conflitto tra Israele e Hamas. Secondo un report della Bcg chiamato "Building Resilience in Agrifood Supply Chains" a causa di questi eventi, la produzione agricola potrebbe diminuire drasticamente: calerebbe del 35% entro 25 anni, nel 2050.
Tra tutto il miscuglio di eventi catastrofici, non bisogna certamente dimenticare la pandemia del 2020 che va a suggellare la difficoltà generale degli ultimi cinque anni. Secondo lo studio realizzato dalla società di consulenza globale Boston consulting group, in collaborazione con Quantis, le coltivazioni sarebbero a serio rischio calo in un periodo di tempo non superiore ai 25 anni. Le cause sono molteplici, oltre quelle già citate, l'agricoltura è ancora troppo dipendente da un numero limitato di colture diverse in pochi paesi produttori di cui, alcuni di questi, sono ancora in guerra. Il 65% della produzione agricola e il 70% dell'apporto calorico mondiale, secondo l'analisi dello studio, dipendono da sole 15 colture che, a seguito degli eventi climatici e dei conflitti geopolitici, si stanno oltretutto indebolendo.
Alimenti essenziali come il riso (22% dell'apporto calorico nel mondo) sono destinati a diminuire del 9% entro il 2050 con un calo che colpirà quasi certamente i primi tre paesi esportatori di riso (40% della produzione mondiale) ossia India (subirà un calo del -18%), Bangladesh (-15%) e Indonesia (-12%). Lo studio spiega inoltre che gran parte dei cali saranno dovuti al cambiamento climatico e che le conseguenze graveranno anche sul Pil dei paesi citati poc'anzi.
Lo studio americano, durante la disamina del problema, ha trovato anche diverse soluzioni che tuttavia potrebbero non far calare di così tanto il ritmo di produzione agricola. La prima idea è quella di incentivare l'innovazione genetica che consente di sviluppare colture resistenti ai cambiamenti climatici. Bisogna, inoltre, aumentare la diversificazione e spingere su un tipo di agricoltura rigenerativa dove, grazie a migliaia di pratiche, è possibile rendere il suolo più sano.
Inoltre si cercherà di proteggere acqua e biodiversità degli ecosistemi e si punterà su tecnologie che permettano di ridurre gli sprechi. Sbloccare nuove fonti di finanziamento diventerebbe cruciale per gli agricoltori che potrebbero innovare senza rischiare il tracollo. In questo modo si potrebbero attivare partnership a lungo termine tra imprese e fornitori e far sì che in questo modo vengano garantite stabilità, tracciabilità e sostenibilità.