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23 Settembre 2025 12:55

Xylella, il batterio che ha cambiato il volto della Puglia

La battaglia contro la Xylella non è finita. È una sfida che unisce scienza, istituzioni e comunità locali, e che non riguarda solo l’agricoltura, ma la cultura e l’identità di un territorio. Difendere gli ulivi significa difendere la memoria e il futuro della Puglia.

A cura di Francesca Fiore
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La Xylella fastidiosa non è una novità per l’Italia, eppure la sua presenza è passata inosservata per troppo tempo. Sebbene il primo caso sia stato documentato nel 2013, studi genetici hanno rivelato che il batterio circolava già dal 2008. La domanda che emerge è: perché non abbiamo intercettato la sua presenza prima che causasse danni così devastanti? Questo “invisibile invasore” è arrivato dalle Americhe, eppure la sua diffusione nel Salento, una delle zone più fragili e identitarie d’Italia, ci fa riflettere sulla mancanza di prevenzione.

Cos’è la Xylella fastidiosa e come si diffonde

La Xylella fastidiosa è un batterio che colpisce numerose piante, in particolare gli ulivi, ma anche altre specie di importanza agricola. La trasmissione avviene tramite insetti vettori, principalmente i cicadellidi, che si nutrono della linfa delle piante infette e, nel fare ciò, trasferiscono il batterio ad altre piante.

Il batterio causa la malattia del “declino rapido dell’olivo”, che porta alla morte progressiva dell’albero. Questo è il caso del Salento, dove milioni di ulivi secolari sono stati distrutti dal batterio, provocando danni sia ecologici che economici. La Xylella ha un impatto devastante sul paesaggio, sul turismo, sull’economia agricola e sulla cultura, in quanto l’olivo è un simbolo forte dell’identità di questa regione.

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Il costo invisibile della negligenza

I dati sull’impatto della Xylella nel Salento sono impressionanti. Secondo le stime, tra il 2013 e il 2018 sono stati abbattuti circa 1 milione di alberi di ulivo, soprattutto nella provincia di Lecce. L’area maggiormente colpita è quella compresa tra Otranto e Gallipoli, dove la malattia ha colpito un grande numero di oliveti, tra cui alcuni che avevano più di mille anni.

Il costo economico è elevatissimo: l’olio d’oliva pugliese è tra i più pregiati al mondo e rappresenta una parte consistente delle esportazioni italiane. Il danno diretto all’industria olivicola del Salento è stato stimato in oltre 4 miliardi di euro, ma la perdita riguarda anche il turismo, che da sempre trae ispirazione dalla bellezza del paesaggio agricolo e dalla tradizione olivicola.

Ma come mai non siamo riusciti a intercettare prima la presenza del batterio? La risposta sta anche nella difficoltà di monitoraggio. La Xylella è infatti un “invasore silenzioso”: inizialmente, il batterio non provoca sintomi evidenti nelle piante infette. Inoltre, il suo monitoraggio e la sua diagnosi precoce sono complessi, e sono serviti anni di studi genetici per capire che il batterio circolava in Italia ben prima che venisse individuato ufficialmente.

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La diffusione nel Salento è stata facilitata anche da una serie di fattori ecologici e climatici che hanno creato condizioni favorevoli per il batterio. Il clima caldo e secco della zona ha favorito la proliferazione degli insetti vettori, mentre la monocultura dell’olivo, che predomina nella regione, ha reso le piante vulnerabili.

La ricerca scientifica si è mossa per cercare soluzioni, ma il percorso è stato lungo e tortuoso. Tra le iniziative, vi è lo sviluppo di varietà di olivo più resistenti alla Xylella, ma queste soluzioni non sono rapide né definitive. I progetti di ricerca si sono concentrati su biotecnologie innovative, come l’editing genetico, ma questi approcci sono ancora in fase sperimentale. Inoltre, le soluzioni non sempre sono applicabili su larga scala.

Nel frattempo, la lotta biologica contro gli insetti vettori è un’altra strada in esplorazione, ma l’efficacia di tali misure non è ancora completamente accertata. La strada da percorrere sembra lunga e incerta, e mentre le soluzioni tardano ad arrivare, il batterio continua a diffondersi.

Prevenzione: Un’opportunità mancata

Un punto cruciale di questa storia è l’urgenza della prevenzione. La Xylella fastidiosa, come molte malattie delle piante, si può prevenire: la comunità scientifica ha ripetuto più volte che monitoraggio, controllo degli insetti vettori e isolamento delle piante infette sono le strategie chiave per fermare la diffusione. Tuttavia, queste azioni preventive sono state trascurate o non implementate con la necessaria attenzione, spesso a causa della mancanza di risorse o della lentezza burocratica.

La reazione alla crisi è stata tardiva, proprio come nel caso della fillossera, che devastò i vigneti europei nel XIX secolo: a si parla di un altro problema in un contesto storico molto diverso da quello contemporaneo. La lezione da imparare è chiara: l’approccio proattivo e la preparazione a lungo termine sono essenziali per difendere la biodiversità e i paesaggi naturali.

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La paura ingiustificata e la vera emergenza

Un altro aspetto interessante dell’articolo riguarda la paura ingiustificata generata dai media. Nonostante la Xylella non rappresenti una minaccia diretta per la salute umana, è stato creato un clima di panico che ha distolto l’attenzione dalla vera emergenza, che riguarda la salute dell’ambiente e delle economie locali. La vera priorità dovrebbe essere fermare la diffusione del batterio prima che danneggi irreparabilmente l’agricoltura, ma anche il paesaggio e la cultura che dipendono da esso.

La Xylella fastidiosa ci insegna che il nostro paese è vulnerabile a minacce ecologiche impreviste, e che il monitoraggio attivo, la prevenzione e la ricerca tempestiva sono le chiavi per proteggere il nostro patrimonio naturale. La distruzione di ulivi secolari non è solo un danno ecologico ed economico, ma una ferita culturale che ci lascia con una domanda fondamentale: abbiamo imparato abbastanza da questa crisi per essere pronti alle sfide future?

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