Che cos'è il tannino e perché questo termine è tra i più utilizzati quando si parla di vino? Come lo percepiamo in bocca al momento della degustazione e a che cosa serve?
Un termine con il quale i wine lovers avranno sicuramente dimestichezza, ma sicuramente sentito almeno una volta anche da chi di vino non se ne intende così tanto. Tannino, è una delle parole più utilizzate nel mondo enoico, riferita per lo più ai rossi ma affiancata anche a qualche bianco particolare, di maggior struttura, come il Grechetto del Centro Italia, solo per fare un esempio.
Fatto sta, con ‘tannino' si riempiono la bocca (in tutti i sensi) sommelier, più o meno esperti di vino e anche semplici appassionati descrivendo questo o quel calice appena degustato. Per tutti coloro che questo termine l'hanno sentito, anche di sfuggita, o per chi non ne sa davvero nulla (nonostante sia probabilmente tra i vocaboli più utilizzati nel mondo del vino), che cos'è il tannino? A cosa si riferisce e come lo si riconosce in un bel calice di rosso?
Va specificato come il tannino sia una sostanza comunemente presente in natura, non solamente nel vino. Si tratta di una classe di composti facenti parte la famiglia dei polifenoli (di cui si compone anche l'olio extravergine di oliva buono) ed è contenuto nel legno, nella corteccia, nelle radici, nelle foglie e nei frutti, e svolge per lo più un'azione protettiva nei confronti delle piante. Anche per quanto riguarda il vino i tannini rappresentano quindi una sostanza naturale, presente nelle bucce, nei semi (chiamati vinaccioli) così come nel raspo, cioè la componente lignea del grappolo. Durante tutto il processo di vinificazione il tannino non si perde, non scompare, anzi rappresenta una parte fondamentale della cosiddetta ‘struttura‘ che il vino avrà a procedimento ultimato. E anche negli anni successivi, per i rossi più finalizzati all'invecchiamento.
Come accorgerci della presenza del tannino nel rosso che stiamo facendo roteare nel nostro calice? La sensazione di astringenza, quasi di secchezza che ci pervade la bocca quando beviamo determinati vini ricchi di tannino, oltre a un sentore amarognolo, sono le caratteristiche principali di questa sostanza. In parole semplici, se ci ritroviamo ad ‘allappare‘ (come quando mangiamo frutta non ancora matura) dopo un sorso di vino, il motivo è da ricondurre alla presenza dei tannini. Il motivo? Tali sostanze una volta in bocca si legano alle proteine della saliva, restituendo questa sensazione prettamente tattile di azzeramento della salivazione stessa.
Questo avviene principalmente in caso di determinati rossi ancora giovani, mentre con l'invecchiamento (se fatto come si deve) il tannino va a ‘smussarsi‘, facendosi più elegante e rendendo la degustazione maggiormente piacevole. Un buon vino è quello che restituisce, al palato, un senso di equilibrio generale, in cui le morbidezze date dallo zucchero e dall'alcol sono bilanciate appunto dal tannino. Tale sostanza, inoltre, come anticipato contribuisce anche a una migliore conservazione del prodotto grazie ai suoi effetti antiossidanti, garantendone la longevità.
Abbiamo già anticipato come i tannini siano per lo più presenti nei vini rossi. Per quale ragione? Sia perché tali sostanze sono contenute principalmente nelle bucce degli acini rossi, sia perché la loro estrazione avviene durante la macerazione del mosto in fermentazione sulle bucce. Siccome per vinificare i bianchi le bucce vengono eliminate dal mosto prima della fermentazione, non avremo sensazioni tanniche. Tra i rossi caratterizzati da una maggiore componente tannica ci sono il Cabernet Sauvignon, il Syrah, il Tannat, il Sangiovese, il Sagrantino di Montefalco, i vini a base Nebbiolo come Barolo e Barbaresco.