La vaniglia è una spezia dall'affascinante storia: la pianta fa parte delle uniche orchidee coltivate a scopo alimentare e fino al XIX secolo non si riusciva a capire come farla crescere al di fuori del Messico, la sua terra d'origine.
Si può dire che la vaniglia sia una spezia tra le più diffuse e amate, ma anche una tra le più “misteriose”. Si associa subito al suo aroma dolce e avvolgente, che regala quel tocco goloso in più a torte, gelati e dessert: un ingrediente che racchiude in sé una doppia anima, elegante e rassicurante, impiegato in mille ricette. Eppure ricavarla è tutt’altro che semplice e per questo è seconda in termini di costi solo allo zafferano. I prodotti che si trovano in commercio a base di vaniglia nella maggior parte dei casi contengono solo una “banale” imitazione del suo profumo. Non ci resta che andare alla sua scoperta.
Probabilmente non è noto a molti che la vaniglia è una pianta rampicante originaria del Messico: si tratta di un'orchidea (appartiene alla famiglia delle Orchidaceae) che ai nostri giorni viene coltivata in diverse regioni tropicali umide del pianeta, come Madagascar, Indonesia, La Réunion, Tahiti, Uganda, Papua Nuova e le Isole Tonga, ma che fino al XIX secolo fu impossibile far cresce al di fuori dei confini del suo paese di provenienza. La storia, infatti, si rivela particolarmente affascinante. In breve: con tutta probabilità i primi a coltivare la vaniglia sono stati i Totonachi, una popolazione conquistata dagli Aztechi che entrarono così in contatto con la pianta e iniziarono ad aromatizzare la xocolatl, la famosa bevanda antenata della cioccolata calda. Con l’arrivo degli spagnoli di Cortés, ecco che la vaniglia viene portata in Europa.
I tentativi di riprodurla fuori dell'habitat naturale, però, risultavano continuamente vani, per un motivo: i suoi fiori, delicati di colore giallo-verdi hanno una vita brevissima (meno di 24 ore) e per fruttificare devono essere impollinati da un insetto specifico, l’ape Melipona, presente solo in quelle terre. I tentativi di fecondazione alternativa riescono solo nel 1841 e non per opera di scienziati e agronomi: a mettere a punto la tecnica usata ancora adesso ci pensa un ragazzo schiavo di 12 anni sull’isola di Réunion, Edmond Albius, che trova il sistema manuale che dà il via alla produzione globale di vaniglia.
I fiori vengono impollinati singolarmente (tutt’ora è così), formando – dopo almeno nove mesi di maturazione – dei baccelli (più propriamente dette capsule), simili a dei fagiolini, che vengono raccolti uno a uno e poi sottoposti a un processo di fermentazione ed essiccazione: il risultato è la bacca di vaniglia che conosciamo, di colore nero e profumatissima, con all’interno i semi. Non stupisce, quindi, che ci troviamo di fronte alla seconda spezia più cara al mondo, subito dopo lo zafferano e che, quindi, si ricorra alla sintetizzazione del suo aroma principe (vanillina) per venire incontro alla richiesta sempre altissima.
Esistono molte varietà botaniche di vaniglia, ma quelle utilizzate a scopo alimentare si concentrano in tre grandi tipologie. Vediamo quali sono:
Dove la vaniglia è protagonista? In molteplici ricette base come la crema pasticciera, la pasta frolla, il pan di Spagna, così come in dolci al cucchiaio intramontabili tipo il crème caramel, ma anche in mousse, budini e le più svariate torte da forno e, non ultimo, il gelato. Il suo aroma è inconfondibile, e stimola la golosità in quanto amplifica la percezione della dolcezza nelle varie preparazioni. In commercio è reperibile in diverse versioni, più, o meno naturali (se non per niente).
È la forma più naturale possibile. La bacca al momento dell’impiego viene incisa con un coltellino affilato per estrarre i semi, dalla consistenza cremosa e umida, che si possono vedere a occhio nudo come piccoli puntini neri una volta incorporati direttamente agli impasti, ai composti o nel latte caldo. Di solito le ricette sono calibrate per consumare l’intero contenuto della bacca, dato che una volta aperta si secca rapidamente e perde fragranza. Non buttare il baccello vuoto: lo puoi riciclare in infusioni o per aromatizzare lo zucchero.
I baccelli di vaniglia vengono fatti macerare in una soluzione alcolica: dopo essere stati filtrati si diluiscono in sciroppo di zucchero (può essere semolato o di canna), così da ottenere un concentrato liquido e denso, di colore ambrato. In genere, tre cucchiaini equivalgono a una bacca: l’uso è versatile, ma è particolarmente indicato negli impasti fluidi, in quanto si amalgama con facilità con il resto degli ingredienti. Provalo per esempio nei fluffly pancake, la versione giapponese, soffice e “coccolosa”, delle classiche frittelle da colazione o in dessert tipo il semifreddo allo yogurt.
Viene usata soprattutto nella pasticceria professionale per la sua praticità. Si realizza essiccando e macinando i baccelli: ha un aroma intenso e, quando pura, si presenta scura e molto aromatica. Può contenere, al contrario, anche amido di mais e altri addensanti in polvere per sopperire a una quantità minore di vaniglia. Ne basta mezzo cucchiaino al posto di un baccello, utile soprattutto nei prodotti da forno.
Si chiama vanillina e si può trovare in bustine o in fiale trasparenti al supermercato: è l’aroma principale della vaniglia, però con la nostra pianta non ha nulla a che fare visto che viene sintetizzato artificialmente a partire da derivati della produzione della carta o del petrolio, un po’ come succede con il tartufo. Facile da reperire e a basso costo (20 volte inferiore), è versatile, ma piatto, senza sfumature: il fascino della vaniglia naturale è essere una spezia complessa, con un bouquet costituito da più di 200 composti aromatici che fanno la differenza. Insomma, scegli la vanillina solo in caso di necessità, magari per preparare simpatiche merendine home made o biscotti informali, zero stress.