
Una nuova "dieta" – anche se sarebbe più corretto chiamarla modello alimentare – che includa fra i suoi obiettivi, oltre a quello del miglioramento della salute umana, anche la tutela dell'ambiente: è la Planetary Health Diet proposta dalla Commissione EAT-Lancet. La crisi planetaria legata ai cambiamenti climatici e alla perdita di biodiversità è sempre più evidente e le soluzioni per affrontarla non possono prescindere da un cambiamento radicale nel nostro modo di consumare cibo.
Come sottolineato dalla Commissione EAT-Lancet, infatti, il nostro sistema alimentare è responsabile di circa il 30% delle emissioni globali di gas serra, un dato che riflette non solo l'impatto ambientale, ma anche le crescenti disuguaglianze sociali. Il cibo, dunque, diventa un simbolo di equità e sostenibilità, un'opportunità per migliorare la salute collettiva e ridurre le disuguaglianze, se gestito correttamente.
Planetary Health Diet: una visione globale dell'alimentazione
La Planetary Health Diet (PHD) proposta dalla Commissione EAT-Lancet rappresenta un nuovo approccio alimentare che non solo mira a migliorare la salute umana, ma anche a ridurre l'impatto ambientale legato alla produzione e al consumo di cibo. La versione aggiornata della dieta, infatti, enfatizza la flessibilità, adattandosi ai diversi contesti culturali e socio-economici, evitando l'idea di un modello alimentare universale, ma piuttosto una guida da personalizzare in base alle realtà locali.
Il modello della PHD prevede principalmente il consumo di alimenti vegetali freschi e minimamente processati, come legumi, cereali integrali, frutta e verdura, integrandoli con una quantità moderata di prodotti animali. Il rapporto sottolinea come una transizione globale verso una dieta più vegetale potrebbe portare a vantaggi significativi in termini di salute pubblica e riduzione delle emissioni. Un esempio tangibile riguarda la stima che una simile adozione globale, combinata con politiche climatiche mirate, potrebbe ridurre le emissioni alimentari da 7,35 a 2,75 gigatonnellate di CO2, liberando al contempo il 7% della superficie agricola, spazio utile per la riforestazione e la protezione della biodiversità.

Un equilibrio difficile fra salute, equità e sostenibilità
La PHD non si limita ad affrontare la dimensione ecologica e sanitaria della questione alimentare, ma pone un forte accento sull'aspetto della giustizia sociale. Secondo il rapporto, l’adozione globale della dieta potrebbe prevenire fino a 15 milioni di morti premature ogni anno, riducendo l’incidenza di malattie croniche come diabete, obesità e patologie cardiovascolari. Tuttavia, l’efficacia di tale cambiamento è condizionata da un aspetto fondamentale: la giustizia alimentare.
Oggi, infatti, circa 3,7 miliardi di persone nel mondo non hanno accesso a una dieta sana o a salari dignitosi, vivendo in ambienti malsani. Le disuguaglianze sono evidenti, con il 30% della popolazione mondiale più ricca che genera il 70% dell’impatto ambientale legato al cibo. Inoltre, la dieta sana rimane inaccessibile a 2,8 miliardi di individui, anche in versioni economiche.
Le condizioni di lavoro nell’industria alimentare, che impiega milioni di persone, sono spesso inadeguate e i salari troppo bassi per garantire una vita dignitosa. La PHD, quindi, non può essere considerata una semplice guida alimentare, ma deve necessariamente integrarsi con politiche globali che promuovano l'accesso universale a cibi sani e un’equa distribuzione delle risorse.

Sfide e resistenze: La difficoltà della transizione globale
Nonostante i benefici evidenti, l'adozione su scala globale della PHD non è esente da critiche e sfide. Nel 2019, l'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) aveva ritirato il proprio endorsement alla dieta EAT-Lancet, sollevando preoccupazioni riguardo al rischio che una transizione alimentare troppo rigida potesse minacciare i mezzi di sussistenza di molte comunità tradizionali, in particolare quelle che dipendono da pratiche agricole che prevedono un elevato consumo di carne e altri prodotti animali.
Inoltre, è emerso che l'industria della carne potrebbe aver orchestrato una campagna di disinformazione contro il rapporto EAT-Lancet. Documenti trapelati suggeriscono che una società di pubbliche relazioni abbia coordinato attacchi online per screditare lo studio, definendolo "radicale", "fuori dalla realtà" e "ipocrita". Questa campagna ha avuto un impatto significativo sull'opinione pubblica e ha influenzato la decisione dell'OMS di ritirare il proprio supporto.
L'aggiornamento della Commissione, tuttavia, ha tenuto conto di queste preoccupazioni, mettendo al centro della proposta la flessibilità, l'adattabilità alle tradizioni alimentari locali e il rispetto dei diritti dei lavoratori della filiera. Non si tratta di imporre un modello uniforme, ma di promuovere una trasformazione che riconosca le diversità culturali e le necessità locali, evitando di aggravare le disuguaglianze già esistenti.

Verso un futuro alimentare sostenibile e giusto
In un mondo sempre più segnato dalla crisi climatica e dalle disuguaglianze globali, l'alimentazione rappresenta una delle sfide più urgenti e complesse. La Planetary Health Diet non è solo una proposta di cambiamento del nostro regime alimentare, ma una vera e propria visione di giustizia sociale ed ecologica. Per riuscire a realizzarla, è necessario un impegno globale che integri la salute pubblica, la sostenibilità ambientale e l'equità sociale, garantendo l'accesso a cibi sani per tutti, in modo che la trasformazione alimentare non generi nuove divisioni, ma diventi un’opportunità di sviluppo per le generazioni future.