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1 Settembre 2025 18:00

Tutto sul tartufo nero estivo: come riconoscerlo e usarlo in cucina

Detto anche scorzone per il suo esterno ruvido, si tratta di un fungo ipogeo meno pregiato dei suoi simili, in quanto ha un profumo e un sapore più delicati: caratteristiche da sfruttare in ricette che lo vedono protagonista crudo o cotto, lamellato o grattugiato, in chiave guarnizione o ingrediente di salse, sughi e ripieni.

A cura di Federica Palladini
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Se nell’immaginario collettivo il tartufo è tra i simboli gastronomici dell’autunno e dell’inverno, è la bella stagione, invece, il periodo d’elezione del tartufo nero estivo, che si chiama così proprio per essere tipico dei mesi che vanno da maggio a settembre. Si tratta di una tipologia meno rinomata – e quindi più economica – rispetto al tartufo nero pregiato, che non è esclusiva di una regione (per esempio il Tartufo Bianco d’Alba è un'eccellenza piemontese), ma che si reperisce in diverse zone d’Italia, come Piemonte, Trentino-Alto Adige e Veneto al nord, passando per i boschi appenninici di Emilia-Romagna, Toscana, Umbria, Abruzzo, Molise e Basilicata. Un fungo ipogeo decisamente diffuso, che ha anche il vantaggio di essere facile da usare in cucina: grazie alla delicatezza del profumo e del sapore è versatile, ottimo per dare quel particolare tocco aromatico senza rischiare di essere predominante. Insomma, un tartufo che piace anche a chi non piace il tartufo: e non è un difetto.

Le caratteristiche del tartufo nero estivo

Il nome scientifico del tartufo nero estivo è Tuber aestivum, che si rifà alla sua stagionalità: comunemente, però, è conosciuto con l’appellativo di “scorzone”, termine che ne rivela una delle caratteristiche principali, per cui non passa inosservato. Stiamo parlando dell’aspetto del peridio (la parte esterna che lo ricopre), che si presenta ruvido, punteggiato di verruche piramidali molto pronunciate. La forma è globosa, irregolare, mentre le dimensioni e il peso variano di molto: da una noce a pezzature di una grossa mela. L’interno del tartufo che contiene le spore è detto gleba e, rispetto al tartufo nero pregiato, non mantiene il colore scuro del peridio, ma è nocciola-giallastra, attraversata da fitte venature bianche. Il sapore e l’aroma sono tenui, hanno note terrose e fungine poco pronunciate se confrontate con gli altri tartufi, nell’insieme piuttosto gradevoli, paragonabili a quelle dei porcini. Proprio per essere un tartufo dalle peculiarità organolettiche meno spiccate, sul mercato gode di valore inferiore: in media il prezzo al chilo è sui 100 euro. Un costo considerato accessibile se si pensa che il Tartufo Bianco d’Alba, il re dei funghi ipogei, si aggira attorno ai 300 euro all’etto.

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Come usarlo in cucina: un tartufo passepartout

Sono le caratteristiche appena viste che fanno del tartufo estivo una carta vincente da giocare se si vuole portare in tavola un piatto gustoso, dal piglio gourmet, evitando di dilapidare il portafoglio. Lo scorzone, infatti, è quello che si potrebbe definire un buon investimento, visto che si adatta a molteplici preparazioni: essendo meno pregiato, si può manipolare senza troppo “timore reverenziale”, usandolo in ricette che lo vogliono crudo o cotto, tagliato a lamelle o grattugiato, ne bastano sempre pochi grammi, non serve esagerare. Via libera quindi alle guarnizioni finali su piatti caldi tra uova (che siano strapazzate o all’occhio di bue), pastasciutta (tipo tagliatelle, pappardelle, fettuccine o tajarin) e risotti, o su pietanze fredde, come le tartare. In più, si presta a diventare un ingrediente per salse e sughi, scaldato in padella con panna o burro, oppure scelto come farcia per paste ripiene, da tritate finemente e abbinare a ricotta o formaggi morbidi – dal caprino allo stracchino – e condire con semplice burro o una crema a base di funghi.

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Pulizia e conservazione dello scorzone

Sebbene il tartufo nero estivo sia alla portata di molte persone, è comunque vietato sottovalutarlo: come tutti i tartufi è un prodotto delicato, che va trattato nel migliore dei modi per non rovinarlo. Il consiglio è consumarlo fresco, facendo passare meno tempo possibile dal momento della raccolta, nonostante sia più resistente dei suoi simili che popolano i mesi autunnali e invernali. Una volta portato a casa, se si impiega subito, lo scorzone va pulito e sciacquato con cura sotto un filo d'acqua corrente e strofinato con una spazzola (o uno spazzolino da denti) per rimuovere tutti i residui di terra che si incastrano facilmente tra le sue escrescenze, per poi essere perfettamente asciugato. Se non lo utilizzi al momento, una volta acquistato va messo in frigorifero: avvolgilo nella carta da cucina o in un fazzoletto (basta che sia assorbente, perché deve essere protetto dall’umidità in eccesso) e riponilo in un contenitore di vetro con coperchio, sostituendo quotidianamente l’involucro. Questo è il metodo più facile ed efficace per conservarlo correttamente e farlo durare fino a 7-8 giorni.

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