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20 Novembre 2025 15:00

Tutte le differenze tra vellutata, crema e passato di verdure

Che cosa cambia tra crema e vellutata? E il passato di verdure è diverso dal potage? Rispondiamo a queste e altre domande vedendo quali sono i dettagli che distinguono questi piatti tipici dell'autunno e dell'inverno, tra ingredienti, base di preparazione e consistenze.

A cura di Federica Palladini
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Quando le temperature scendono, ecco che entrano in scena alcuni dei comfort food più iconici della stagione autunnale e invernale: stiamo parlando delle creme, delle vellutate e dei passati di verdura, piatti gustosi e nutrienti che scaldano alla prima cucchiaiata. Serviti con qualche crostino di pane e semi oleosi, fanno un pasto completo e bilanciato. Quando si leggono le ricette e ci si vuole mettere all’opera, però, capita che sorga un dubbio: questi termini sono sinonimi, potendo usare l’uno o l’altro indistintamente, oppure significano qualcosa di preciso che rende una ricetta diversa dall’altra? Nonostante ormai sia più diffusa la prima risposta, in realtà il riferimento è a pietanze che hanno delle differenze, anche significative. Vediamo quali sono.

Ingredienti

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Gli ortaggi compaiono come denominatore comune delle tre preparazioni, consigliando di utilizzare sempre quelli di stagione per una migliore riuscita. Le loro combinazioni, però, cambiano: nel passato, infatti, a essere protagonista è un mix di verdure, che può essere anche arricchito con pasta e riso, mentre nella vellutata e nella crema solitamente vengono impiegati solo uno o due vegetali, con la seconda che vede il più delle volte l’abbinamento dell’ingrediente principale con le patate (es. zucca e patate) che hanno una funzione ben specifica, ovvero quella di addensare grazie all’amido che si libera in cottura.

Base

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Sia il passato di verdure sia le creme hanno generalmente come base della ricetta un soffritto realizzato nel modo classico, con olio extravergine d’oliva, sedano, carote e cipolle, oppure con solo cipolla, porro o scalogno, a seconda degli elementi che verranno aggiunti, per rendere il gusto più o meno delicato. La vellutata da questo punto di vista gioca una partita a sé dato che in teoria per essere chiamata tale necessita di una parte grassa che contribuisce all’effetto setoso e “vellutato”: ecco comparire burro e roux, che si ottiene mescolando burro e farina (o amido di mais) con un liquido, tipo nella besciamella.

Consistenza

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Come si può intuire, la sensazione all’assaggio è diversa: crema e passato sono più leggeri rispetto alla vellutata, che ha una struttura densa. La prima tende a essere appunto cremosa, mentre il secondo, rispetto alle preferenze personali, può risultare più fluido, ma gli si perdona una consistenza non completamente liscia, dove si percepisce la materia prima, mentre nella vellutata i grumi sono assolutamente vietati.

La differenza che fa la differenza

Con questo gioco di parole spieghiamo il dettaglio principale che distingue questi tre comfort food, in particolare creme e vellutate, che sembrano essere tendenzialmente sovrapponibili: tecnicamente, infatti, una vellutata si definisce così quando vede l’aggiunta di panna fresca (o latte) verso la fine della preparazione, amalgamando il tutto. La parte grassa è l’ingrediente "segreto" che rende il piatto morbido e corposo rispetto agli altri due.

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E il potage?

Il potage arriva dalla tradizione gastronomica francese e indica una pietanza densa e cremosa, più corposa di una minestra, nonostante la traduzione letteraria sia proprio quella, legata al fatto che i diversi ingredienti vengono cotti in un’unica pentola. Si ottiene cuocendo a lungo – in pratica stufando – verdure, legumi, cereali, ma anche carne o pesce, fino a farli disfare oppure frullando per ottenere una consistenza uniforme. Oggi il termine viene usato soprattutto in riferimento sia a passati di verdure sia a vellutate ricche e avvolgenti. La ricetta più famosa è quella del potage Parmentier, messa a punto dall’omonimo chef nel ‘700 con patate, porri e panna, nota in Italia come crema Parmentier, tanto per ribadire che le differenze linguistiche tra queste preparazioni sono decisamente labili.

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Quello che i piatti non dicono
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