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17 Aprile 2025 15:53

Ti piace il foie gras ma non lo mangi per motivi etici? In arrivo la soluzione per te

In Germania hanno sviluppato un foie gras che, pur partendo dal fegato dell'oca come quello classico, non si ottiene tramite il metodo del gavage che provoca immense sofferenze agli animali.

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Il foie gras è sempre più un tabù gastronomico perché piace a tante persone, con quel sapore burroso, ma è oggettivamente ignobile la tecnica con cui viene prodotto e infatti molte nazioni lo vietano. Un gruppo di ricercatori tedeschi ha trovato il modo di riprodurre la texture unica del foie gras senza bisogno di ingozzare anatre e oche. Una rivoluzione gastronomica ed etica che potrebbe riscrivere il futuro di uno dei prodotti più discussi della cucina francese.

Foie gras senza alimentazione forzata: la sfida della scienza

L’idea nasce nei laboratori del Max Planck Institute for Polymer Research di Mainz, in Germania, dove un team di ricerca guidato dal fisico Thomas Vilgis ha deciso di affrontare una delle sfide più complesse della cucina molecolare: riprodurre la consistenza e l’esperienza sensoriale del foie gras senza causare sofferenza agli animali.

Forse non lo sai ma il foie gras è un paté ottenuto dal fegato ipertrofico (cioè ingrossato) di anatre oppure oche. La produzione tradizionale prevede una pratica chiamata gavage, ovvero l’alimentazione forzata degli animali. Per circa due o tre settimane prima della macellazione, gli animali vengono nutriti due o tre volte al giorno tramite un tubo che viene inserito direttamente nella gola. In questo modo ricevono grandi quantità di mais bollito o altri alimenti energetici. Questo processo fa sì che il loro fegato aumenti di volume anche di 10 volte rispetto alla norma, sviluppando la tipica consistenza burrosa e il sapore ricco che caratterizzano il foie gras. Questa pratica è molto controversa per motivi etici perché le oche sono quasi sempre immobilizzate in queste settimane e patiscono enormi sofferenze.

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Il punto di partenza dei ricercatori tedeschi è stato semplice ma ambizioso: capire cosa rende il foie gras così diverso da tutti gli altri paté. Non si tratta solo di gusto, ma di struttura molecolare, di sensazioni al palato, di quella cremosità vellutata che si scioglie in bocca lasciando un retrogusto persistente. Le prime prove non hanno dato i risultati sperati. Ricreare la stessa proporzione tra fegato e grasso non bastava. Aggiungere collagene peggiorava la situazione, dando origine a un composto troppo gommoso. La svolta è arrivata quando il team si è concentrato su un dettaglio spesso trascurato: il ruolo degli enzimi naturali che agiscono nel fegato degli animali durante il processo di accumulo dei grassi. È qui che entra in gioco la lipasi, un enzima derivato dalla Candida rugosa, un lievito naturale che permette di simulare il comportamento biochimico tipico del foie gras. La lipasi scinde i grassi prima che vengano inglobati nei tessuti, restituendo al prodotto finale quella cremosità così ricercata.

Secondo Vilgis, la differenza rispetto al foie gras tradizionale è ormai impercettibile. La formula, che ha già ottenuto il brevetto, è stata sviluppata per offrire un’alternativa concreta e sostenibile ai produttori e ai ristoratori. L’obiettivo ora è quello di arrivare presto sugli scaffali e, magari, nei menù dei ristoranti più attenti all’etica e alla sostenibilità. Non si tratta di una sorta di foie gras vegano, c'è comunque il fegato di oca, ma in questo caso l'animale non subisce l'orrenda pratica del gavage.

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