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Il vino, in Italia, non è mai stato soltanto una bevanda: è memoria e paesaggio, rito e cultura. È il brindisi in famiglia la domenica, i filari ordinati che colorano le colline, le mani rugose dei contadini che raccolgono i grappoli all’alba. Ma accanto a questo immaginario romantico si nasconde un aspetto meno celebrato: ogni bottiglia di vino porta con sé un costo che non si legge sull’etichetta, ma che pesa sull’ambiente. Dai trattamenti in vigna ai consumi energetici in cantina, dal peso delle bottiglie di vetro ai lunghi viaggi che portano il vino sulle nostre tavole, l’impronta ecologica del settore vinicolo è molto più rilevante di quanto si immagini. Guardare al vino con questa consapevolezza non significa sminuirne il valore culturale e sociale, ma piuttosto imparare a gustarlo con uno sguardo più ampio, capace di abbracciare anche la sostenibilità. Ecco qual è l'impatto della produzione di vino in Italia e non solo.
Il lato invisibile di un calice
Dietro un bicchiere di rosso o di bollicine non c’è solo la poesia della fermentazione in cantina. Ci sono trattori che arano i vigneti, energia elettrica che raffredda i serbatoi, camion che trasportano casse, vetro fuso in forni ad altissima temperatura. Gli studi parlano chiaro: l’impronta di carbonio di una bottiglia da 0,75 litri oscilla in media tra 0,8 e 2 chili di CO₂ equivalente. Una cifra che, moltiplicata per i miliardi di bottiglie prodotte ogni anno, diventa un peso non indifferente.
E sorprende scoprire che non è la fermentazione il colpevole principale, bensì il vetro della bottiglia, che da solo può arrivare a rappresentare fino alla metà dell’impatto totale.

Non solo vino: vetro, viaggi e consumi
Quando si parla di vino, non sono solo il gusto e la qualità a contare: anche il suo percorso produttivo lascia un’impronta sull’ambiente A contribuire alle emissioni ci sono diverse fasi:
- Viticoltura. Già in vigna si accumula una parte importante dell’impatto, soprattutto per via dell’uso di fertilizzanti, pesticidi e del gasolio necessario alle macchine agricole.
- Cantina. Il cuore della trasformazione, ma anche una fase energivora: servono infatti risorse per controllare le temperature e portare avanti l’imbottigliamento.
- Packaging. Qui la vera protagonista è la bottiglia di vetro, che però pesa molto dal punto di vista ecologico: produrla richiede energia, trasportarla comporta emissioni elevate e, nonostante i progressi nel riciclo, non sempre finisce in un ciclo virtuoso.
- Trasporto. Il viaggio del vino può diventare il suo fardello più pesante, soprattutto se attraversa migliaia di chilometri o, peggio ancora, se viene spedito in aereo.Eppure, c’è un dato interessante: secondo alcune analisi, il vino confezionato in lattina potrebbe tagliare quasi della metà le emissioni rispetto al vetro tradizionale.
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L’Italia e i suoi numeri
L’Italia, primo produttore mondiale di vino, guarda con crescente attenzione all’impatto ambientale della filiera enologica. Studi di analisi del ciclo di vita (LCA) condotti su produzioni del Sud Europa hanno mostrato un’impronta di carbonio che varia sensibilmente: si passa da valori di circa 1,02 kg di CO₂-eq per una bottiglia di vino rosso biologico a oltre 1,6 kg per vini convenzionali, con differenze legate sia alle pratiche agricole che al tipo di confezionamento.
Un’indagine su una cantina biologica nel Lazio ha stimato un impatto di circa 1,1 kg di CO₂-eq per bottiglia da 0,75 L, con il packaging primario responsabile del 55% delle emissioni totali, mentre il resto è attribuito principalmente alla fase agricola e alla vinificazione.
Le evidenze scientifiche concordano sul fatto che la produzione del vetro resta la componente più rilevante dell’impronta del vino, seguita dal consumo di energia elettrica in cantina e dalle fasi di trasporto.

L'uso dei pesticidi e i metodi biologici
L’uso di pesticidi nella viticoltura ha un peso rilevante sull’impatto ambientale complessivo del vino, in particolare nelle fasi agricole. Sebbene il loro contributo alle emissioni di gas serra sia inferiore rispetto a quello del vetro o dell’energia in cantina, i pesticidi incidono fortemente su indicatori come tossicità per gli ecosistemi acquatici e terrestri, ecotossicità umana e contaminazione del suolo e delle acque.
Studi LCA hanno mostrato che la coltivazione convenzionale della vite presenta impatti superiori rispetto a quella biologica, soprattutto per la maggiore quantità di fitofarmaci di sintesi utilizzati. In confronto, la viticoltura biologica riduce drasticamente l’uso di pesticidi chimici, sostituendoli con trattamenti a base di rame o zolfo, che tuttavia non sono privi di criticità ambientali: l’accumulo di rame nel suolo, ad esempio, può determinare effetti tossici a lungo termine sugli organismi del terreno.
La gestione dei pesticidi rappresenta quindi un nodo cruciale per il miglioramento della sostenibilità del settore vinicolo, poiché influenza direttamente la qualità ambientale degli agroecosistemi oltre che la percezione dei consumatori.
L'impatto del vino naturale
Il vino naturale si distingue per un approccio agronomico e produttivo che riduce al minimo gli input chimici e tecnologici. Nelle vigne, l’assenza di pesticidi e fertilizzanti di sintesi riduce notevolmente l’impatto su indicatori come ecotossicità, inquinamento del suolo e delle acque e salute degli ecosistemi.
Dal punto di vista della vinificazione, l’uso limitato o nullo di additivi enologici e processi a basso consumo energetico contribuisce a diminuire l’impronta complessiva. Tuttavia, gli studi disponibili evidenziano che il vantaggio ambientale del vino naturale non riguarda in modo automatico tutte le categorie: la fase del packaging, soprattutto la produzione del vetro, rimane la principale responsabile delle emissioni, indipendentemente dal metodo agricolo.
Inoltre, la resa più bassa tipica delle coltivazioni naturali può comportare un impatto maggiore per litro prodotto, se non compensata da una gestione efficiente del vigneto. In sintesi, il vino naturale riduce sensibilmente gli impatti legati ai pesticidi e ai trattamenti di cantina, ma per essere davvero sostenibile deve affrontare le stesse sfide strutturali del settore, come l’uso del vetro e i trasporti.

La sfida della sostenibilità
Molti produttori oggi stanno raccogliendo la sfida: alcune cantine sperimentano bottiglie più leggere o riciclate, altre scelgono energie rinnovabili per alimentare i processi in cantina. C’è chi ha deciso di accorciare la filiera puntando sul mercato locale, chi invece sperimenta bag-in-box o lattine premium per ridurre l’impronta senza sacrificare la qualità.
Per i consumatori, conoscere questi numeri significa scegliere con più consapevolezza, premiando chi investe in pratiche sostenibili. Per i produttori, invece, è un’occasione di innovazione: perché un vino che rispetta la terra da cui nasce non solo inebria il palato, ma racconta una storia più autentica.