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26 Agosto 2025 11:00

Quando il pomodoro diventa un’arma di festa: storia, fascino e controversie sulla Tomatina di Buñol

Ogni anno, l’ultimo mercoledì di agosto, migliaia di persone da tutto il mondo si tuffano nella festa più succosa di Spagna: un rito di goliardia e identità locale che affascina, diverte e ma che genera polemiche e allo stesso tempo ci permette di interrogarci sul valore del cibo.

A cura di Francesca Fiore
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Ogni anno, l’ultimo mercoledì di agosto, il piccolo comune di Buñol, nella Comunità Valenciana, si trasforma in un’enorme arena rossa. Migliaia di persone, provenienti da ogni angolo del mondo, si radunano per partecipare alla Tomatina, una battaglia di pomodori che dura poco più di un’ora ma che lascia un segno indelebile nella memoria (e negli abiti) di chi vi prende parte.

Nata come episodio casuale tra giovani in festa, oggi è un’attrazione internazionale che mescola goliardia, identità locale e turismo di massa. Ma, come spesso accade con le tradizioni spettacolari legate al cibo, anche qui non mancano domande e polemiche: fino a che punto la celebrazione giustifica l’uso di enormi quantità di alimenti?

Dalla rissa alla festa globale

Secondo la versione più diffusa, la Tomatina ebbe origine nel 1945, quando durante una sfilata di “giganti e cabezudos” un gruppo di ragazzi iniziò a lanciarsi pomodori raccolti da un banco di frutta nelle vicinanze. La disputa si ripeté negli anni successivi fino a diventare, con il tempo, un appuntamento ufficiale, sospeso solo in alcune occasioni (tra cui il periodo franchista) e rilanciato negli anni ’70.

Oggi, Buñol accoglie ogni anno circa 20.000 partecipanti — molti più dei suoi abitanti — in un evento regolamentato, con biglietti d’ingresso, distribuzione controllata di pomodori e precise norme di sicurezza.

La giornata inizia presto, con la folla che si concentra nella piazza principale. Il segnale di partenza è dato tradizionalmente dal “palo jabón”, un palo insaponato in cima al quale è fissato un prosciutto: solo quando qualcuno riesce a prenderlo, i camion carichi di pomodori entrano in scena. Per circa un’ora, lanci e schizzi trasformano strade e facciate in un mare rosso. Alla fine, le idropulitrici lavano tutto in poche ore e la città torna (quasi) alla normalità.

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Folklore o spreco alimentare?

Come nel famoso lancio del formaggio a Morbegno, anche la Tomatina riapre il dibattito sullo spreco alimentare. Ogni anno a Buñol vengono utilizzate decine (talvolta oltre 100–150) di tonnellate di pomodori: un’immagine potente che fa storcere il naso a molti, soprattutto in un contesto di crisi alimentare globale.

Tuttavia, gli organizzatori rispondono con una serie di chiarimenti: i pomodori usati non sono varietà d’eccellenza né destinati al consumo diretto. Provengono da coltivazioni in Estremadura e nella provincia di Castellón (Xilxes), dove si produce una varietà poco saporita, lasciata maturare fino al punto da essere inadatta alla vendita. In alcuni casi sono troppo maturi, rovinati o danneggiati: non sarebbero comunque vendibili nei mercati. 

Inoltre, parte della polpa residua viene recuperata per il compostaggio agricolo, restituendo materia organica alla terra. Le autorità locali sottolineano che, in condizioni normali, simili scarti finirebbero negli scarti alimentari quotidiani delle famiglie spagnole.

Tuttavia, resta un problema di impatto simbolico: per quanto si tratti di frutti non idonei alla vendita, l’idea di un consumo festivo alimentare di cibo vivo genera polemiche. L’uso di pomodori, pur riciclati o destinati allo scarto, resta un gesto che unisce goliardia e identità locale, ma che al contempo continua a far riflettere sulla consapevolezza del cibo e il suo valore sociale.

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Una festa tra identità e turismo

La Tomatina di Buñol è un esempio perfetto di come una festa possa nascere in modo spontaneo, trasformarsi in evento di massa e arrivare a interrogarsi sul proprio futuro. In un’epoca in cui la sensibilità verso lo spreco e l’impatto ambientale è sempre più forte, anche i rituali più amati devono trovare un equilibrio tra rispetto per la storia e consapevolezza del presente. Forse il segreto sta proprio qui: continuare a ridere e a divertirsi lanciando pomodo, ma con la certezza che ogni gesto abbia anche un senso per la comunità di oggi.

Per Buñol, infatti, la Tomatina non è solo folklore: è una risorsa economica fondamentale. Il turismo generato dall’evento porta introiti significativi a ristoranti, hotel e attività locali, oltre a un’enorme visibilità mediatica. La sfida, come in molte feste popolari, è mantenere vivo lo spirito originario senza snaturarlo in un’attrazione meramente commerciale La regolamentazione introdotta negli ultimi anni — biglietti limitati, misure igieniche e di sicurezza — va in questa direzione, cercando di conciliare tradizione e sostenibilità.

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