
L’11 novembre è il giorno dedicato alla festa di San Martino, una ricorrenza diffusa in tutta Italia e condivisa anche dalla Francia e da molti altri paesi del Nord Europa, perché il culto di questa figura è molto diffuso e radicato in diverse culture europee. San Martino, infatti, è un santo fondamentale nelle tradizioni contadine, con celebrazioni che a volte sono golose e a volte folkloristiche, alcune sono ben note e altre meno.
Una delle ricorrenze più diffuse e celebrate in occasione della festa di San Martino è la tradizione gastronomica che prevede, tra i piatti tipici della festa, di cucinare e consumare un’oca arrostita al forno. Questo animale, per i contadini, era una fonte di proteine e grassi molto preziosa, un alimento speciale conservato proprio per il giorno dell’11 novembre, data che segnava la conclusione dei lavori nei campi e la scadenza di molti contratti agricoli, diventando una sorta di "capodanno contadino". L’oca arrostita al forno, al naturale o farcita con mele, noci e frutta secca, era (ed è tutt’oggi) protagonista di un vero e proprio banchetto, accompagnata da castagne e vino novello (anche questo assaggio è una tradizione strettamente legata a San Marino).
Sembrerebbe una tranquilla e normale usanza culinaria, se non fosse per la storia che la accompagna: le origini dell’oca consumata l’11 novembre, infatti, non sono da ritrovare solo nelle antiche usanze contadine, ma sono legate anche a una vicenda dove folklore e leggenda si mischiano, che vede protagonisti proprio San Martino e un’oca e che parla di tradimenti e vendetta.
La leggendo dell'oca e di San Martino
L’11 novembre, giorno di San Martino, si consuma il vino nuovo, si mangiano le caldarroste e si cucina l’oca al forno. Ma perché questi animali sono così strettamente legati alla storia del santo? La questione che lega San Martino alle oche è davvero particolare, una storia che unisce folklore e leggenda. Ma facciamo un passo indietro.
Secondo la tradizione arrivata fino a noi Martino nasce a Sabaria Sicca (odierna Szombathely, in Ungheria) nel 319 d.C., in un avamposto dell'Impero romano alle frontiere con la Pannonia, provincia che comprendeva la parte occidentale dell'attuale Ungheria, il Burgenland, oggi Land austriaco, fino a Vienna, la parte nord della Croazia e parte della Slovenia. Costretto ad arruolarsi nell'esercito, viene spedito in Gallia e ad Amiens si stabilizza per tutta la sua vita, facendo anche una buona carriera militare. Martino è nato pagano ma nel corso di questa esperienza si converte, diventa sacerdote e, dopo tanti anni di servizio sacerdotale, viene nominato vescovo di Tours, una bellissima cittadina dell'entroterra francese.

C'è un problema però, secondo la leggenda: Martino non vuole assolutamente questa promozione, vuole continuare a essere un semplice sacerdote. Per sfuggire alla folla che lo acclama si nasconde in un pollaio prima e poi in una stalla piena di oche, sperando di non farsi vedere né trovare. Purtroppo per lui però le oche lo "tradiscono", starnazzando a più non posso, attirando i suoi superiori e il semplice popolo verso il nascondiglio. Consumare l’oca proprio l’11 novembre, giorno dedicato alla memoria del santo, è dunque una sorta di “vendetta” per l’animale che lo tradì facendolo scoprire.
L’usanza è molto diffusa in Francia, terra dove l’oca in generale è una pietanza molto diffusa nella gastronomia tipica, ma anche in Italia, in particolare nelle regioni dove la carne d’oca è più consumata, in particolare Friuli Venezia-Giulia, Veneto, Lombardia e Romagna. Da noi l’usanza non riguarda solo la “vedetta” verso la povera oca, ma ha anche un significato beneaugurante che viene dalla tradizione contadina: se il contadino può permettersi l'oca a metà novembre significa che l'anno ha portato tanti guadagni. In Veneto c'è un detto che ripercorre proprio la vicenda: "Chi no magna l’oca a San Martin, no vede el beco de un quattrin", ovvero chi non mangia l’oca a San Martino, non prende un soldo.
La tradizione di consumare l’oca l’11 novembre, ma in generale della celebrazione di San Martino, è diffusa in tutta Europa, anche in paesi dove si professano altre religioni o dove non c’è il culto dei santi, come per esempio in Svezia, Danimarca, Svizzera, Repubblica Ceca e Germania: questo perché, come per tante altre festività, tradizioni pagane e religiose si sono fuse nel corso del tempo, e quindi la figura del santo – molto apprezzato in generale per il suo essere caritatevole e gentile – si è intrecciata a tradizioni agricole e popolari legate al raccolto e all'arrivo dell'inverno.