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29 Gennaio 2024 15:00

Perché non si augura buon appetito? La storia della regola più ignorata del galateo

Secondo il galateo è sbagliato augurare "buon appetito" agli altri commensali. Bisogna iniziare il pasto in silenzio. Oggi la regola è ignorata dalla stragrande maggioranza delle persone e nessuno ci bada più di tanto proprio perché accettata dalla comunità.

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Questa è una cosa davvero sorprendente: dire "buon appetito" a tavola è sbagliato secondo il galateo. Probabilmente è la regola più infranta dell'etichetta ma dire "buon appetito" prima del pasto è segno di cattiva educazione secondo il bon ton. Il motivo ha radici storiche legate al mondo dell'aristocrazia ma prima di addentrarci nell'articolo sottolineiamo una cosa importante: il galateo è una sequela di regole codificate a partire dal 1500, spesso queste regole sono superate. Il "buon appetito", ad esempio, è diventato talmente di uso comune che nessuno si azzarderebbe mai a rimproverare un altro commensale dinnanzi a un gesto che appare gentile e carino per la società.

Perché non si dice "buon appetito"?

Secondo l'Accademia Italiana Galateo augurare il buon appetito al resto dei commensali prima di un pasto è maleducato. La regola ha origine nell'aristocrazia. I nobili avevano l'obbligo, da protocollo, di arrivare a tavola dopo aver già sgranocchiato qualcosa. A quel tempo era segno di grande ricchezza lasciare sempre qualcosa nel piatto, per dare l'impressione di non aver bisogno di quel cibo. Va da sé che augurare a un altro nobile "buon appetito" poteva sembrare una grave mancanza di rispetto: come potresti mai pensare che il signore con la parrucca bianca seduto accanto a te avesse "appetito"? Lui non ha fame, ha denaro in abbondanza. Il cibo all'epoca era visto come elemento di contorno alle discussioni che c'erano a tavola.

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A causa di questo profondo stato di insicurezza che pervadeva la nobiltà europea nel ‘600 e nel ‘700 il termine "buon appetito" venne relegato alle fasce più povere della popolazione. Oggi non è più così, forse anche perché sono quelle fasce più deboli ad essere sopravvissute fino ai tempi moderni. C'è un motivo anche più pratico che però porta al "perdono" per chi infrange la regola ai giorni nostri: quando auguriamo il "buon appetito" ai commensali, il riferimento non è al semplicistico concetto di "fame" ma a quello più ampio del tempo passato insieme, della convivialità. Auguriamo a noi e a chi ci circonda un buon pasto, che ci faccia stare bene e che ci faccia divertire. Ciononostante segnaliamo che nelle occasioni formali i momenti che precedono il pasto sono pervasi dal silenzio e non da un bonario augurio mangereccio.

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Quello che i piatti non dicono
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