
L’idromele è una delle bevande scandinave più famose: il liquore fermentato al miele, diventato celebre per essere stata la bevanda per eccellenza del popolo vichingo (ma consumato anche in altre culture, come quella celtica e quella germanica), è attestato fin da tempi antichissimi in Africa, Asia ed Europa; è stato ipotizzato che possa essere stata la prima bevanda fermentata in assoluto, addirittura antecedente allo sviluppo dell'agricoltura, e che quindi abbia preceduto il vino e la birra.
Inebriante e profumato, l’idromele viene da sempre chiamato “bevanda degli dei" per il suo gusto dolce e alcolico allo stesso, ma anche per le proprietà benefiche che gli sono state attribuite nel corso dei secoli. Ma nella mitologia norrena esiste un altro idromele, uno ancora più potente e speciale, uno caduto letteralmente dal cielo, rubato dal re degli dèi in persona e con un incredibile capacità: portare il dono della parola, della poesia, della saggezza e dell’onniscienza.

Secondo la tradizione si chiama Mead of Poetry, l’idromele della poesia, ed è protagonista di uno dei miti meno noti ma più affascinanti della ricca mitologia legata alla cultura norrena. Un racconto che, come tutte le leggende, ha uno scopo ben preciso: celebrare il potere e l’importanza della poesia e della conoscenza. Ti racconteremo il mito nella sua versione più nota, così come riportato dallo scrittore e storico islandese Snorri Sturluson nella seconda parte dell’Edda in prosa nota come Skáldskaparmál, in norreno “dialogo sull’arte poetica.
Preparati a scoprire tutto il potere, la bellezza e il mistero della leggenda legata all’idromele della poesia, e a immergerti in un racconto di astuzia, coraggio e perseveranza, ma anche di celebrazione dell’ispirazione poetica e del potere della conoscenza.
Che cos’è la Mead of Poetry?
La Mead of Poetry, in lingua originale skáldskapar mjǫðr o “idromele della poesia”, è una bevanda mitica della mitologia norrena simile al celebre idromele ma molto più potente: la letteratura scandinava mitologica la descrive come un liquore che rende “poeta o sapiente” chiunque lo beva, dandogli la capacità di comporre versi e di rispondere a qualunque domanda. È una bevanda che appartiene a Odino in persona, che può condividerla con coloro che reputa degni di divenire sapienti, ovvero scaldi (dalla parola “skalds”), i cantori d’epoca vichinga che riescono dunque ad avere ispirazione poetica grazie a questa bevanda di natura soprannaturale.
Ma perché legare un liquore tradizionale all’ispirazione poetica? Prima di tutto bisogna considerare il contesto in cui nasce la storia della Mead of Poetry, la Scandinavia, una terra di estremi fatta di estati luminose e brevi, inverni lunghi e bui. In questo ambiente così difficile, ancora di più in epoca vichinga, ecco che la cultura e la tradizione orale avevano un ruolo cruciale nel mantenere vive le storie e le saggezze delle generazioni precedenti, dando loro un senso di appartenenza e continuità. A questo bisogna aggiungere la grande importanza che la cultura nordica attribuiva alla poesia: per i norreni la poesia non era solo arte ma anche un veicolo di conservazione della storia, dell’identità e della filosofia di un popolo. Gli “skalds”, i poeti dell’epoca, erano profondamente rispettati e onorati e spesso ricercati dai capi tribù e dai re per documentare imprese e avvenimenti o per cantare le lodi degli dèi.

Erano considerati saggi a tal punto da ritenere l’ispirazione dietro le loro composizioni, spesso molto complesse e ricche di metafora, di origine divina, una natura spiegata appunto con l’investitura tramite l’idromele della poesia. Perché proprio l’idromele? Probabilmente perché era una bevanda molto diffusa e amata, già associata agli dèi per la sua prelibatezza. Ecco che con la leggenda della Mead of Poetry l’idromele viene investito di sacralità, diventando una potente metafora dell'ispirazione poetica, della capacità delle parole di iniziare faide ma anche di portare guarigione e ispirazione profonda, ma anche della ricerca costante della conoscenza, quasi più importante della conoscenza stessa.
La leggenda: la creazione della Mead of Poetry e la ricerca di Odino
Nella mitologia norrena gli dèi e gli eroi non erano solo figure da venerare ma era anche incarnazione di virtù, aspirazioni e contraddizioni della società scandinava. In questo contesto Odino non era visto solo come il dio supremo, re di tutti gli dèi, ma era anche il simbolo della conoscenza e della saggezza, a volte a grandi costi personali. Non è un caso quindi che la storia dell’idromele della poesia sia strettamente legato a Odino e al suo desiderio di conoscere sempre di più.
Tutto iniziò con la morte di Kvasir, il più saggio degli Æsir, la stirpe di dèi nella mitologia norrena, associati al cielo, al potere e alla guerra, a cui appartiene anche Odino. La sua saggezza, dovuta alla sua nascita che univa l’essenza degli Æsir e dell’altra stirpe di dèi nota come Vanir, legati alla terra e alla fertilità, non poteva essere sprecata, così fu presa una decisione: il sangue di Kvasir venne raccolto e mescolato con miele, dando vita alla Mead of Poetry, una bevanda in grado di concedere il dono della poesia, ma anche fonte di saggezza e conoscenza infinite.
Odino, sempre affamato di saggezza e conoscenza, venne a sapere dell’esistenza di questo prezioso idromele speciale e, riconoscendone il potenziale, decise di intraprendere una missione per ottenerlo non solo per sé, ma anche per portare tale dono tra gli dèi e tra gli uomini più meritevoli. Odino dovette affrontare grandi sfide: la Mead of Poetry era custodita dal gigante Suttungr all’interno di una montagna (non a caso, la bevanda è conosciuta anche come “idromele di Suttungr”). Il dio sfruttò la sua grande astuzia e, dopo aver superato molte prove di intelligenza e ingegno, assunse una falsa identità per sedurre la figlia del gigante, Gunnlöð, che appagata lo fece sedere sul trono d'oro e gli permise di bere tre sorsi della preziosa bevanda.
Odino, a quel punto, usò i tre sorsi per prosciugare tutta la Mead of Poetry, per poi trasformarsi in aquila e volare via più veloce che poté. Il gigante Suttungr, quando scoprì l’inganno, si trasformò a sua volta in uccello e inseguì Odino, che però nella furia della fuga perse un po’ di liquido trattenuto in bocca lasciandolo cadere sulla terra. Riuscì comunque a seminare il gigante, tornare a casa ad Asgard e sputare il liquido rubato nelle vasche dove sarebbe rimasta conservato.
La Mead of Poetry divenne quindi proprietà di Odino in persona: il padre degli dèi, da quel momento in poi, elargì l’idromele speciale a sua scelta, garantendo così che il dono della poesia e della saggezza fosse accessibile agli dèi e, in seguito, agli uomini degni. Lui stesso cambiò grazie alla bevanda, che gli permise di comporre poesie e incantesimi, servendo da ponte tra gli dèi e gli uomini, e cementando la sua reputazione come fonte inesauribile di saggezza e conoscenza. E l’idromele della poesia caduto dal becco durante il volo? La leggenda vuole che sia rimasto sulla terra a disposizione di chiunque lo trovasse: nella mitologia è chiamato skáldfifl, la “porzione del poetastro”.
I significati della leggenda
Questo mito, come molte altre storie della mitologia nordica, mette in luce il valore della perseveranza, dell’ingegno e della ricerca costante della conoscenza, qualità che Odino incarnava come nessun altro. Sotto questa luce la Mead of Poetry è molto più di una semplice bevanda magica, ma è un vero simbolo della sete di sapere che alimenta l’anima umana attraverso le ere.
La saggezza infatti, nella cultura nordica, non era sono un’abilità apprezzata ma una virtù essenziale a cui aspirare: Odino che compie sacrifici, avventure e sotterfugi per ottenere la bevanda – e quindi la saggezza assoluta – insegna che la vera grandezza risiede non nella conquista, ma nell’eterna ricerca di conoscenza e comprensione. E chi era più saggio, per i norreni, dei poeti? Ecco che lo speciale idromele di Odino diventa anche simbolo della poesia e dell'ispirazione poetica, una sorta di catalizzatore per la creazione poetica, poiché conferisce una maggiore saggezza e ispirazione.

Inoltre la Mead of Poetry era considerato un dono degli déi per i loro prediletti, un modo quindi di avvicinarsi alla divinità e connettersi con il divino e con il sacro a un livello più profondo. L’idromele della poesia non è dunque un comune idromele, ma un forte di simbolo spirituale e culturale. Ti stai chiedendo se esista o sia mai esistita? No, la Mead of Poetry non è mai esista in senso letterale, è vissuta solo nelle storie e sopravvissuta solo metaforicamente nella letteratura e nell'arte moderna. Ma forse è solo perché nessuno ha ancora trovato quel po’ di bevanda persa da Odino, ancora nascosta da qualche parte sulla terra.