
Quando pensiamo alle pere, ci vengono in mente nomi come Williams, Conference, Abate Fetel, Kaiser. Sono frutti eleganti e riconoscibili, dalla forma slanciata e dalla buccia perfetta, presenti tutto l’anno nei supermercati. Ma dietro questa apparente normalità si nasconde un universo che ha rischiato di svanire: quello delle pere antiche, le pere dei frutteti contadini, coltivate per generazioni, quando ogni albero portava con sé una storia, un profumo, una memoria di famiglia.
Un tempo, ogni zona d’Italia aveva la sua pera: c’erano quelle più zuccherine, da mangiare appena raccolte, e quelle dure e speziate, da cuocere lentamente sul fuoco. C’erano pere da vino, pere da essiccare, pere da sidro e ogni varietà si era adattata perfettamente al proprio ambiente. Poi, con l’avvento dell’agricoltura intensiva e della grande distribuzione, anche qui la logica dell’uniformità ha preso il sopravvento. Le cultivar rustiche, troppo piccole, troppo irregolari o troppo fragili per i trasporti, sono state sostituite da poche varietà “globali”, selezionate per la resa, la bellezza e la conservabilità.
In Italia sono state segnalate oltre 250 varietà locali di pere, tra antiche e moderne, anche se oggi solo una decina è coltivata su larga scala. Molte di queste varietà tradizionali sopravvivono grazie a collezioni ampelografiche, banche del germoplasma e a una rete di agricoltori custodi che le mantengono vive nei frutteti storici. Ecco quali sono alcune delle pere "dimenticate" d'Italia.
La pera Spadona d’estate
Originaria dell’Emilia e del Veneto, la Spadona d’estate è una pera elegante nella sua semplicità: piccola, dalla buccia chiara e sottile, con una polpa bianca e succosa, dal profumo delicato. Si raccoglie a fine giugno, quando l’estate è appena iniziata, e segna il passaggio dalla primavera ai frutti maturi della stagione. Era la pera delle merende contadine, quella che si sbucciava con il coltellino durante la fienagione. Oggi sopravvive grazie a poche aziende agricole che ne apprezzano la dolcezza sobria e la freschezza dissetante.
La pera Madernassa
Nata nelle campagne del Cuneese, la Madernassa è una pera piccola e coriacea, dalla buccia color ruggine e dalla polpa soda, quasi croccante. Cruda è rustica, a volte aspra, ma cotta diventa un capolavoro: dolce, profumata, dal sapore intenso di miele e spezie. È la pera delle pere al vino rosso, il dolce simbolo del Piemonte contadino. Oggi è un presidio Slow Food, riconosciuta per la sua autenticità e per il legame indissolubile con il territorio. Si tratta di una pera invernale, quindi si raccoglie quando è ancora soda – a ottobre tendenzialmente – e si consuma dopo qualche settimana o mese di conservazione, durante i quali sviluppa il suo sapore caratteristico.

Le pere Angelica
Con il nome di pera Angelica si indicano in realtà più varietà antiche, nate in territori diversi ma unite da una stessa aura di eleganza e di memoria contadina. In Toscana e Umbria, l’Angelica è una varietà storica e raffinata, dalla buccia giallo-verdastra, il profumo floreale e la polpa dolcissima e succosa. Matura e si raccoglie tra la fine di agosto e la prima metà di settembre, proprio in tempo per le fiere d’autunno, motivo per cui un tempo era conosciuta come “la pera delle feste”. Oggi alcuni produttori la stanno riscoprendo per la sua resistenza alla siccità e la capacità di crescere senza irrigazioni né trattamenti, simbolo di un’agricoltura sostenibile e rispettosa del territorio.
Nelle Marche, invece, sopravvive una varietà affine: la cosiddetta Angelica marchigiana, conosciuta anche come Pera di Serrungarina o Pera di San Michele, dal nome della festa che coincide con la sua maturazione. Si raccoglie tra la fine di settembre e i primi di ottobre, quando le colline del Metauro profumano d’autunno. Di media pezzatura, con buccia verde-giallastra punteggiata di ruggine e polpa bianca, compatta e aromatica, è una pera che si consuma fresca o cotta, protagonista di confetture, dolci e mostarde locali. A Serrungarina, la sua festa dedicata a San Michele ne ha fatto il simbolo del paese e il cuore di una tradizione che unisce fede, agricoltura e identità.
Più a nord, nel Piemonte, si trova infine l’Angelica del Torinese, una varietà più rustica e tardiva, che si raccoglie tra la fine di settembre e la prima metà di ottobre. I suoi frutti, di buona pezzatura, dal sapore dolce ma equilibrato, si consumano freschi pochi giorni dopo la raccolta, quando raggiungono la piena aromaticità.

La pera Volpina
La Volpina è una pera rustica e tenace, tipica della Romagna e dell’Appennino tosco-emiliano. Piccola, dura, con la buccia spessa e color ruggine, non è fatta per essere mangiata cruda: va cotta lentamente nel vino o al forno, dove si trasforma in un frutto morbido e profumato, dal gusto pieno e avvolgente.
Si raccoglie tra ottobre e novembre, quando i frutti, ancora sodi, hanno raggiunto la maturità fisiologica ma prima che inizino i freddi intensi. Era la pera della povertà, quella che si coglieva tardi in autunno e si conservava per tutto l’inverno, appesa nelle cantine o distesa sulla paglia.
Oggi è tornata sulle tavole degli chef, che la reinterpretano in chiave gourmet, ma senza tradirne l’anima contadina, fatta di semplicità, lentezza e sapori autentici.
La pera Curato
Diffusa in passato tra Lombardia e Piemonte, la Curato è una pera dalle forme irregolari, con la buccia verde-bruna e la polpa granulosa. Il suo nome deriva dall’antica abitudine di “curarla” — cioè lasciarla maturare lentamente in paglia o segatura fino a quando sviluppa tutto il suo aroma.
Si raccoglie tra fine settembre e ottobre, quando i frutti sono ancora sodi e poco zuccherini: solo con la maturazione lenta dopo la raccolta raggiungono la loro dolcezza piena. Quando è pronta, la Curato diventa burrosa, dolce e intensamente profumata, rivelando un carattere autentico e delicato.
È la pera delle case di campagna, dei tempi lenti e dei sapori che si aspettano, simbolo di una frutticoltura paziente e rispettosa della natura.

La pera Campana
Tipica del Sud Italia, soprattutto in Campania e Basilicata, la pera Campana è una varietà estiva dal gusto pieno e zuccherino. Si raccoglie tra la fine di luglio e la prima metà di agosto, quando la buccia, sottile e dorata, racchiude una polpa tenera e succosa, ideale per marmellate o mostarde.
Era la pera delle sagre e delle fiere di paese, quando le famiglie contadine la esponevano in grandi ceste di vimini come simbolo di abbondanza e festa. Oggi è rarissima, ma in alcune aree del Sannio e del Vulture si sta tentando di riportarla in coltivazione, riscoprendo un sapore autentico e luminoso d’estate.
La pera Martin Sec
Piccola, scura e coriacea, la Martin Sec è una delle pere più antiche del Piemonte, diffusa un tempo anche in Valle d’Aosta e nelle vallate alpine. La sua buccia sottile e color ruggine racchiude una polpa soda e aromatica, che da cruda risulta asciutta, ma cotta sprigiona profumi di miele e castagne.
Si raccoglie tra la fine di ottobre e novembre, quando ormai i campi sono spogli e l’autunno si fa inverno. Era la pera del camino, quella che si lasciava sobbollire nel vino o si arrostiva sulla stufa, emanando un profumo che riempiva la casa. Oggi è tornata nei frutteti di montagna, amata per la sua naturale capacità di conservazione e per il sapore autentico di un tempo che non aveva fretta.

La pera Nobile
Tra Toscana, Emilia e Lombardia, la Nobile era una delle pere più pregiate dei poderi mezzadrili. Di media pezzatura, con buccia color bronzo e polpa soda e leggermente speziata, era apprezzata non tanto per la dolcezza quanto per la sua tenuta alla cottura.
Si raccoglie in ottobre, quando i frutti raggiungono la giusta maturità ma restano ancora compatti: è allora che la Nobile dà il meglio di sé, cotta lentamente nel forno o immersa nel mosto, dove rilascia aromi di miele e cannella. Era la pera delle veglie contadine, quando le famiglie si riunivano intorno al fuoco e i sapori si mescolavano alle storie.
La pera Passa
Nata nelle valli del Trentino e del Veneto, la Passa è una pera minuta e tenace, dal colore ambrato e dalla buccia ruvida. Si raccoglie tra ottobre e novembre, e il suo destino non è quello della tavola, ma del tempo: veniva essiccata lentamente sui graticci o nelle stufe, diventando una “pera passa” da conservare per tutto l’inverno.
Dolce, concentrata, quasi caramellata, era un piccolo tesoro energetico per i mesi freddi, quando la frutta fresca era solo un ricordo. Oggi, grazie a pochi produttori custodi, queste pere tornano a profumare le case di montagna, riportando con sé il gesto antico dell’attesa e la pazienza della stagionatura naturale.