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5 Agosto 2021 15:00

Ippocrasso, l’antico vino speziato che arriva dal Medioevo: origini, storia e ricetta

L’ippocrasso è un vino dolce e leggermente speziato, preparato secondo una ricetta perfezionata nei secoli, attribuita a Ippocrate di Kos, considerato il padre della medicina moderna. Il suo successo è legato al Medioevo prima e alle corti reali poi del XVII e XVIII secolo. Possiamo considerarlo il "padre" del Vermouth.

A cura di Francesca Ciancio
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Che padre illustre avrebbe avuto l'ippocrasso: addirittura Ippocrate, padre della medicina, medico greco del V secolo a.C. Un vino aromatizzato fermentato e con aggiunta di miele: ecco cosa sarebbe questa bevanda dai natali così nobili. In realtà trattasi di una dedica all'inventore della medicina occidentale, perché testimonianze anteriori al XIV secolo che attestino l'esistenza dell'Hypocras non risultano. Esistevano invece i cosiddetti "vini stomachici", antesignani dell'ippocrasso, invenzione greca che prevedeva la macerazione dei fiori di artemisia nel vino locale. Ai Romani toccò l'aggiunta di altre erbe e spezie come il timo, il rosmarino e il mirto.

La bevanda però diventa nota nel Medioevo e persiste l'uso medico per l'importante impiego di erbe e spezie aggiunte: dall'artemisia, al cardamomo, ai chiodi di garofano, dalla cannella alla mirra e al rabarbaro. Una ricetta ufficiale non esiste perché ogni vinattiere, o speziale preparava vini speziati secondo la propria personale ricetta che veniva tenuta rigorosamente segreta. Per questo motivo le fonti medievali sono spesso contraddittorie, sembrerebbero però essenziali artemisia, cannella e zenzero.

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Proprio in Italia, grazie ai traffici commerciali di questi prodotti portati avanti dai veneziani, l'ippocrasso conobbe una gran fortuna e Torino, intorno al VXII secolo, ne divenne la città simbolo. Da qui il vino ippocratico arrivò nelle più prestigiose corti europee fino a quella di Francia: Luigi XIV era infatti un grande estimatore della bevanda. La sua popolarità crebbe soprattutto fra i ceti di rango, in grado di procurarsi le preziose spezie. L'ippocrasso troneggiava infatti sulle tavole di castelli e corti, come rinomato aperitivo o apprezzato digestivo.

Un prodotto che subì un arresto di popolarità con il crescere dei distillati come Armagnac, Cognac e Brandy, ma il vino aromatizzato alle spezie non cedette il passo e "cambiò pelle": nasceva così il vermouth in onore dell'erba più importante, l'artemisia (vermut, appunto, in tedesco). La ragione della speziatura ed aromatizzazione non è tanto da ricercarsi nel tentativo di arricchire la complessità organolettica della bevanda ma piuttosto nell’esigenza, che spesso si verificava in passato, di mascherare i difetti e le alterazioni degli stessi. Infatti, a causa delle tecnologie di produzione empiriche e delle cattive condizioni igieniche dei laboratori, erano frequenti i casi di deviazione dei processi di fermentazione e di cattiva conservazione (acetificazione, spunto lattico, processi ossidativi intensi).

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In giro se ne trova davvero poco ed è per lo più associato alla Francia, in particolare alle zone di Ariège e Alta Loira, e alla Svizzera, nel cantone di Basilea. La difficoltà di preparazione sta nella fermentazione degli zuccheri del miele, per i quali bisogna usare lieviti ad alta resistenza: parliamo infatti di 200 grammi di miele per tre litri di vino. Si può comunque provare a farlo a casa seguendo questi facili passaggi:

In un litro di vino rosso – che sia di qualità – mettete a macerare, al buio, per almeno una settimana, 4 cucchiai di piante, fresche e non in polvere, insieme a 100-150 grammi di miele, possibilmente non di acacia, perché la ricetta tradizionale non lo prevedeva; mescolare una volta al giorno e richiudete bene; filtrate bene con un panno in tessuto naturale o un filtro da caffè e servite freddo.

Se si vuole applicare il metodo medievale alla lettera, occorre far decantare il vino per colatura dalla cosiddetta "manica di Ippocrate", un colatoio di stoffa dalla forma conica stretta e allungata, da cui deriverebbe il nome della bevanda.

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A cura di
Francesca Ciancio
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