L’introduzione dei vini dealcolati segna un importante cambiamento per l’industria del vino. Se da un lato rappresenta una risposta alle nuove tendenze di consumo, dall’altro solleva interrogativi sulla tutela della tradizione e sull’impatto ambientale dei processi produttivi. Con una regolamentazione attenta e flessibile, l’Italia potrebbe posizionarsi come leader nel settore dei vini a basso contenuto alcolico, coniugando innovazione e rispetto per le proprie eccellenze.
Finalmente ci siamo: è in arrivo il decreto ministeriale sui vini dealcolati e parzialmente dealcolati, presentato al ministero dell'Agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste dal ministro Francesco Lollobrigida. Dovrebbe essere tutto pronto entro Natale. Anche i no alcol saranno chiamati "vini" ad eccezione di Dop e Igp. Notizia appresa con gioia dalle associazioni anche se diverse campane chiedono un compromesso sulle accise e delle risorse ad hoc per affrontare il cambiamento. L’introduzione dei vini dealcolati e parzialmente dealcolati rappresenta una svolta nel panorama vitivinicolo italiano, inserendosi nel contesto delle normative europee stabilite dal regolamento UE 2021/2117. Queste disposizioni consentono di ridurre parzialmente o completamente il contenuto alcolico nei vini utilizzando tecniche enologiche innovative. In risposta a queste novità, l’Italia ha emanato un decreto che definisce due nuove categorie di prodotto: i vini dealcolati, con un contenuto alcolico inferiore allo 0,5%, e quelli parzialmente dealcolati, in cui l’alcol è superiore allo 0,5% ma inferiore al minimo tradizionalmente previsto per i vini (8,5%-9%, a seconda della tipologia). Vediamo i dettagli della novità.
Questa regolamentazione impone un obbligo di chiarezza nelle etichette. Le diciture “dealcolato” o “parzialmente dealcolato” devono essere riportate accanto alla denominazione “vino”, garantendo ai consumatori un’informazione trasparente senza compromettere la percezione qualitativa del prodotto. Sul fronte produttivo, i metodi di dealcolizzazione consentiti comprendono tecniche avanzate come l’evaporazione sottovuoto, la filtrazione con membrane e la distillazione. Questi processi, utilizzabili singolarmente o in combinazione, mirano a preservare le caratteristiche organolettiche del vino, evitando manipolazioni invasive come l’aggiunta di acqua o aromi estranei. È tuttavia permesso recuperare acqua e aromi endogeni, purché ciò avvenga in circuiti chiusi e automatizzati, nel rispetto delle normative europee.
Il decreto pone particolare attenzione alla tutela delle eccellenze italiane, escludendo i vini a Denominazione di Origine Protetta (Dop) e Indicazione Geografica Protetta (Igp) dalla possibilità di dealcolizzazione. Questa scelta riflette la volontà di preservare l’autenticità e il legame con il territorio di queste produzioni, che rappresentano il fiore all’occhiello del patrimonio enologico italiano. Verranno quindi introdotte due nuove definizioni:
Questi prodotti mantengono il termine “vino” in etichetta, ma devono riportare chiaramente la dicitura “dealcolato” o “parzialmente dealcolato” accanto al nome. Questo obbligo garantisce trasparenza e tutela i consumatori, evitando ambiguità sulla natura del prodotto.
Sul fronte produttivo, i metodi di dealcolizzazione consentiti comprendono tecniche avanzate come l’evaporazione sottovuoto, la filtrazione con membrane e la distillazione. Questi processi, utilizzabili singolarmente o in combinazione, mirano a preservare le caratteristiche organolettiche del vino, evitando manipolazioni invasive come l’aggiunta di acqua o aromi estranei. È tuttavia permesso recuperare acqua e aromi endogeni, purché ciò avvenga in circuiti chiusi e automatizzati, nel rispetto delle normative europee.
Il decreto stabilisce inoltre che i processi di dealcolizzazione debbano avvenire in stabilimenti separati da quelli tradizionalmente destinati alla vinificazione. Questa misura, se da un lato garantisce tracciabilità e sicurezza, dall’altro ha generato alcune perplessità nel settore, con richieste di maggiore flessibilità. Gli operatori hanno proposto di consentire la dealcolizzazione all’interno dello stesso stabilimento, purché in spazi separati e non comunicanti.
L’Unione Italiana Vini (Uiv) ha accolto favorevolmente questa nuova regolamentazione, considerandola un passo importante per modernizzare il comparto e rispondere alla crescente domanda di prodotti a basso contenuto alcolico. I vini dealcolati rappresentano infatti una nuova opportunità commerciale, soprattutto per intercettare consumatori giovani e attenti alla salute, oltre a mercati internazionali già ricettivi verso questa categoria. Tuttavia, l’Uiv ha sottolineato alcune criticità da risolvere, come la gestione delle sostanze idroalcoliche derivanti dai processi di dealcolizzazione. Attualmente considerate rifiuti, queste potrebbero essere valorizzate come sottoprodotti, incentivando pratiche più sostenibili sia sul piano economico che ambientale.