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28 Ottobre 2025 15:11

Il prezzo della disuguaglianza: ecco come cambia il “peso” della spesa fra Nord e Sud

L’indagine Altroconsumo 2025 mostra un’Italia divisa anche nel carrello: dove la concorrenza è forte, i prezzi restano bassi; dove i supermercati sono pochi, la spesa pesa fino al 19% del reddito familiare.

A cura di Francesca Fiore
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In Italia fare la spesa non significa la stessa cosa per tutti. Nel 2025, una famiglia che vive al Nord destina in media l’11% del proprio reddito al carrello del supermercato; al Sud, la quota sale fino al 19%: a confermare quello che tutti sappiamo in maniera intuitiva è un‘indagine condotta a settembre 2025 da Altroconsumo.

In regioni come Trentino-Alto Adige o Lombardia la spesa pesa poco più di un decimo del bilancio familiare, in Puglia e Calabria, quasi un quinto. È come se due famiglie con redditi simili, ma in aree diverse, vivessero in due economie parallele: una paga la normalità, l’altra un “sovrapprezzo geografico”.

Dietro queste differenze non ci sono solo stipendi diversi, ma una variabile spesso sottovalutata: la concorrenza. Dove le insegne si contendono i clienti, i prezzi restano bassi; dove i supermercati sono pochi e dominano i territori, i listini si impennano. In pratica, la mappa della convenienza è anche la mappa della disuguaglianza.

L’Italia spaccata nel carrello

L'indagine di Altroconsumo — la trentaseiesima — ha monitorato 1.150 punti vendita in 67 città italiane, analizzando oltre 1,6 milioni di prezzi su 125 categorie di prodotti. I risultati raccontano un Paese diviso.

Le città più convenienti sono al Nord — Venezia, Verona, Como — dove la competizione tra catene è più forte. Le meno convenienti, invece, si trovano spesso al Sud, dove la scarsità di punti vendita rende il supermercato un piccolo monopolio locale.

Anche il potenziale di risparmio cambia con la latitudine: una famiglia di quattro persone può ridurre la spesa annua fino a 3.700 euro, scegliendo insegne e prodotti più economici. Un single, con un po’ di attenzione, può alleggerire il proprio carrello di oltre 2.200 euro l’anno.

Ma questi margini non sono uguali per tutti: al Nord le opportunità di risparmio raggiungono il 35-40%, mentre al Sud difficilmente superano il 10%.

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Il prezzo della disuguaglianza: perché al Sud si spende di più

Le cause del divario territoriale sono molteplici, ma si concentrano in tre nodi: redditi più bassi, minore concorrenza e scarsa mobilità dei consumatori.

Nel Mezzogiorno, la densità di punti vendita è minore e il mercato della grande distribuzione più concentrato: poche insegne dominano aree intere, riducendo la competizione sui prezzi.  Allo stesso tempo, i redditi medi più bassi amplificano l’effetto: spendere di più dove si guadagna di meno significa comprimere il potere d’acquisto e rinunciare a beni che altrove restano accessibili.

I dati ISTAT confermano il quadro: nel 2024 la spesa media mensile di una famiglia nel Nord-Est era di 3.032 euro, contro 2.199 euro nel Sud, una differenza del 38%.  E nelle regioni meridionali la quota del reddito destinata agli alimentari raggiunge il 25%, contro il 17% del Nord. La spesa, insomma, pesa molto di più proprio dove il reddito è minore.

Città più convenienti (Nord Italia in testa)

  1. Venezia. Prima in classifica; spesa annua minima stimata intorno a 6.260 euro per famiglia tipo.
  2. Como. Risparmio potenziale fino a 1.386 euro rispetto al punto vendita più caro.
  3. Verona. Prezzi mediamente tra i più bassi del Paese.
  4. Brescia. Elevata concorrenza tra catene; ampio margine di risparmio (oltre 30%).
  5. Vicenza. Spesa contenuta e ottima densità di supermercati competitivi.

Città meno convenienti (prevalentemente Sud e Isole)

  1. Sassari. La meno conveniente d’Italia; spesa minima stimata oltre 7.400 euro annui.
  2. Reggio Calabria. Offerta limitata, differenze di prezzo minime tra insegne.
  3. Cosenza. Prezzi alti e pochi punti vendita realmente concorrenziali.
  4. Caserta. Risparmio massimo stimato intorno ai 50 euro l’anno.
  5. Napoli. Bassa competizione tra supermercati, prezzi più elevati della media nazionale.
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Il carrello come termometro sociale

Secondo Autoconsumo, per i consumatori, la prima strategia è informarsi. Non basta scegliere cosa comprare, ma dove: un punto vendita diverso, anche a pochi chilometri di distanza, può fare la differenza.

Ma il nodo strutturale resta politico ed economico: servono interventi che aumentino la concorrenza territoriale, favorendo l’ingresso di nuove catene nei territori meno serviti. La trasparenza dei prezzi e la promozione di piattaforme di confronto locali possono aiutare, ma non bastano se l’offerta resta scarsa. Il rischio è che la spesa quotidiana diventi una tassa occulta sulla residenza.

La mappa del carrello è, in fondo, la mappa delle disuguaglianze italiane. Al Nord la concorrenza tiene i prezzi bassi e protegge il potere d’acquisto; al Sud, la scarsità di alternative trasforma la spesa in un peso sproporzionato. Mentre i prezzi dei beni alimentari continuano a crescere a ritmi tripli rispetto all’inflazione generale, sapere dove e come spendere non è più solo una questione di risparmio, ma a volte di pura sopravvivenza.

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