L’oro verde della Sicilia, il prezioso pistacchio di Bronte, ha spopolato sul mercato e si trova un po’ ovunque, con una crescita della domanda davvero esponenziale. La limitata quantità prodotta, però, porta a porsi un quesito: davvero è tutto pistacchio di Bronte? Ecco come (troppo spesso) viene contraffatto.
Gelato al pistacchio, crema di pistacchio, granella di pistacchio, formaggi al pistacchio: negli ultimi anni si è scatenata una vera “pistacchio-mania” che ha reso questi piccoli ma squisiti esemplari di frutta secca popolari quanto il cioccolato. E non un pistacchio qualsiasi, ma il pistacchio di Bronte, una vera eccellenza italiana premiata anche con il marchio Dop per la sua particolarità e il suo stretto legame con il territorio di appartenenza, i campi del piccolo paesino alle pendici dell’Etna da cui prende il nome.
Lo usano chef, pasticceri, cuochi amatoriali, semplici appassionati, praticamente chiunque voglia dare alle sue preparazioni un tocco in più: se dichiari che hai usato il pistacchio di Bronte hai già conquistato il consumatore ancora prima dell’assaggio. E non è un caso perché la specialità siciliana – chiamata “oro verde” per il suo colore verde smeraldo – ha un sapore unico, straordinariamente aromatico, diverso da tutti gli altri pistacchi per via della terra lavica e del microclima in cui cresce. A patto, ovviamente, che sia il prodotto originale.
Sì perché tutti dichiarano di usare il pistacchio di Bronte Dop originale, made in Italy al cento per cento, ma può essere davvero così? I dubbi sorgono alla luce di due fattori in particolare: la grandezza del territorio di produzione, un’area molto limitata che difficilmente può sostenere una richiesta globale così elevata, e il costo della produzione. Sono dubbi leciti: il pistacchio di Bronte, proprio per questi motivi, è uno dei prodotti italiani che viene più spesso contraffatto. Perché succede e come fare a evitare i falsi? Ecco tutto quello che devi sapere per riconoscere il pistacchio di Bronte originale.
Il problema della contraffazione del pistacchio di Bronte nasce principalmente dalla crescita esponenziale della richiesta del prodotto sul mercato, al fronte di una produzione limitata che non riesce a sostenere i ritmi di produzione mondiale. Il pistacchio di Bronte Dop, infatti, si coltiva solo nei terreni di Bronte e di altri due piccoli comuni, Adrano e Biancavilla, e solo nelle parti aderenti alle zone pedemontane tra i 400 e i 900 metri di altitudine. I campi coltivati a pistacchio, per questo, non si estendono oltre i 3.000 ettari totali e quindi è facile intuire come questo fazzoletto di terra non possa soddisfare tutte le richieste nazionale ed estere.
Non solo: la coltivazione del pistacchio di Bronte è da sempre un’attività strettamente legata alla manodopera locale e tutt’oggi gli agricoltori locali la svolgono proprio come in passato. Gli appezzamenti di terra, infatti, appartengono soprattutto a piccole e medie proprietà e su 700 famiglie residenti la metà si dedica a questa attività. Tutto si svolge manualmente, soprattutto la raccolta del frutto, operazione difficile perché le piante si trovano su terreni impervi e scoscesi, e la raccolta avviene solo ogni due anni (tipicamente quelli dispari), in modo da stressare il meno possibile piante che molto spesso sono addirittura secolari. Questo riduce ulteriormente la produzione, ma non è finita perché anche il processo di lavorazione è piuttosto lungo: prima prevende la smallatura, cioè la rimozione della pellicina che ricopre il guscio dei pistacchi, poi l’asciugatura e poi l’eventuale trasformazione in granella, farina o crema.
Tutti questi fattori rendono il pistacchio di Bronte un prodotto d’alto pregio e dal grande valore economico, con un costo che al chilo può oscillare tra i 40 e i 50 euro come prezzo minimo. Costo e produzione ridotta non sono “amici” di una domanda in continua crescita, ed ecco che da qui scaturisce il problema della contraffazione. Ma come si fa a falsificare un prodotto del genere? Escludendo la questione dei ladri che si intrufolano nei campi per prelevare il prezioso frutto, costringendo spesso i contadini a controllare a vista le piante in periodo di raccolta, la contraffazione è più facile di quanto immagini.
Facciamo un esempio: i maggiori produttori mondiali di pistacchi, escludendo l’Italia, sono l'Iran e Stati Uniti, seguiti da Turchia, Siria, Grecia e Spagna. Spesso le aziende coltivano il pistacchio (pur sempre di alta qualità) in patria, ma poi hanno gli impianti di lavorazione e confezionamento nell’area di Bronte e quindi, quando vanno a proporre il prodotto, scrivono la semplice dicitura generica “pistacchio di Bronte” finendo per confondere il cliente. Perché la dicitura è vera da un punto di vista legale, il prodotto è lavorato e confezionato nella zona del comune siciliano, ma non è l’originale prodotto a marchio Dop, solo un richiamo evocativo che alle aziende fa molto comodo: come abbiamo spiegato, basta il richiamo a Bronte per far prendere in considerazione l’acquisto del prodotto.
Uno dei tanti motivi per cui è stata creata la Denominazione d’origine protetta per il pistacchio di Bronte è tutelare i produttori e i consumatori, proteggendoli da queste semplice contraffazione. Affinché il pistacchio sia veramente quello di Bronte originale, secondo il disciplinare di produzione, sia la produzione che la trasformazione del prodotto devono all'interno dell'area prestabilita, con un processo produttivo che deve essere conforme a quanto indicato dal disciplinare. Quindi non basta che il prodotto sia lavorato nella zona della Dop, deve anche essere prodotto nella medesima. Ricorda sempre questa percentuale: il pistacchio italiano che va all’estero è quasi interamente quello di Bronte, ma quello originale rappresenta solo l’1% della produzione mondiale.
Difendersi dalla contraffazione diventa quindi fondamentale, ma come fare a riconoscere un prodotto autentico ed evitare i falsi? Lo strumento principale è sempre l’etichetta: devi imparare a leggerla nel modo corretto, così da evitare spiacevoli (e costosi) imbrogli. Diffida sempre dalle diciture generiche “pistacchi siciliani” o “pistacchi di Bronte”, solitamente sono quelle che convenzionano i prodotti in loco ma non da pistacchi originali dell’area. La denominazione corretta e originale è solo “Pistacchio Verde di Bronte DOP”, qualsiasi altra variazione o gioco di parole è fuorviante e fuori disciplinare.
Una volta letta bene l’etichetta puoi passare a un controllo visivo. Il pistacchio di Bronte originale è diverso dagli altri pistacchi, ha una forma più affusolata e snella perché si sviluppa in lunghezza, motivo per cui non ha mai la forma rotondeggiante. Anche il colore è molto specifico, con la pellicina della buccia che tende al violaceo con riflessi verde chiaro e un interno verde smeraldo, a volte più acceso e altre volte più tenue, ma mai giallo tipico dei pistacchi di provenienza straniera. L’ultimo controllo da effettuare è quello del gusto, la vera unicità di questo prodotto: il Pistacchio Verde di Bronte DOP è più dolce rispetto agli altri pistacchi, ha un sapore fortemente aromatico che non richiede nessuna salatura.
Infine, attenzione anche al prezzo di vendita: il pistacchio di Bronte originale è costoso per tutti i motivi che abbiamo esposto, non si trova a meno di 40 euro al chilo, quindi diffida da chi vende un prodotto a un prezzo eccessivamente basso.