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23 Settembre 2025 12:37

Il farmaco dell’anima nera: quando il caffè curava la malinconia

Cosa c’entra il caffè con la malinconia? Nel Seicento, questa bevanda scura veniva prescritta dai medici come rimedio per il "male oscuro" dell’anima: una tristezza profonda che solo il caffè sembrava capace di sciogliere, restituendo vitalità e lucidità.

A cura di Francesca Fiore
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Prima di diventare la bevanda più amata d’Europa, il caffè aveva un’altra funzione: quella di rimedio. Nel Seicento, il caffè non veniva consumato nei bar come oggi, ma acquistato nelle farmacie, insieme a sciroppi e decotti. Non era visto come una bevanda per svegliarsi al mattino, ma come un trattamento terapeutico per guarire la malinconia, una condizione misteriosa che affliggeva molti, e di cui si discuteva intensamente tra medici e filosofi dell'epoca.

La malinconia, il caffè, e la medicina galenica

Secondo la medicina galenica del tempo, la malinconia era considerata il risultato di un eccesso di “bile nera”, un disordine degli umori che si manifestava con sintomi come tristezza, apatia, difficoltà di concentrazione e persino insonnia. Oggi potremmo descrivere questa condizione probabilmente come depressione, ma all’epoca il vocabolario era intriso dei concetti di umori e bilanciamenti corporei. Il caffè, arrivato tramite le rotte ottomane, sembrava essere la cura perfetta: una bevanda scura, capace di dissolvere il “male oscuro” e ristabilire un equilibrio mentale.

C'è un fondo di verità scientifica nelle teorie dell'epoca, anche se non erano ancora sviluppate secondo gli standard della medicina moderna. Nel Seicento, la medicina galenica si basava sull'idea che il corpo fosse governato da quattro umori: sangue, flemma, bile gialla e bile nera. Un eccesso di "bile nera" era associato alla malinconia e alla depressione, ed era pensato come la causa di sintomi come tristezza, apatia e stanchezza.

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Il caffè, con la sua capacità di stimolare il sistema nervoso, migliorare la concentrazione e aumentare i livelli di energia, veniva visto come un rimedio in grado di “dissolvere” questa bile nera. In effetti, la caffeina presente nel caffè agisce sul sistema nervoso centrale, stimolando la produzione di neurotrasmettitori come la dopamina e la serotonina, che sono coinvolti nella regolazione dell'umore e nell'energia. Anche se non c'era una comprensione scientifica diretta della depressione come la intendiamo oggi, l’effetto stimolante del caffè può spiegare perché venisse considerato un rimedio contro la malinconia.

Nei primi decenni della sua diffusione, il caffè venne accolto con una certa diffidenza. In alcune città italiane, ad esempio, veniva servito solo dietro prescrizione medica, mentre a Londra e Parigi gli speziali lo vendevano come un tonico miracoloso. L’azione stimolante del caffè non passò inosservata: bastava una tazza per ridare energia a chi era abbattuto, schiarire la mente degli studenti e avviare conversazioni che altrimenti sarebbero rimaste silenziose. Non è un caso che, quando il caffè si trasferì dalle farmacie alle caffetterie, questi luoghi divennero punti di ritrovo per il pensiero e il dibattito, diventando degli antidoti sociali contro l’apatia collettiva.

Nonostante la crescente popolarità del caffè, non mancavano i detrattori. Alcuni medici lo consideravano addirittura un veleno, mentre i religiosi più diffidenti lo accusavano di “eccitare il sangue” e lo definivano una bevanda pericolosa. Alcuni arrivavano a chiamarlo addirittura "bevanda del diavolo". Tuttavia, filosofi e letterati erano entusiasti del caffè. Voltaire, per esempio, era solito bere fino a cinquanta tazze al giorno, convinto che questa abitudine gli permettesse di scrivere meglio e mantenere un buon umore. Montesquieu, dal canto suo, lo definiva "il liquore che scaccia la noia".

Cambiano i tempi ma non le funzioni

Col passare del tempo, il caffè perse la sua connotazione di medicina e divenne un rito quotidiano. Tuttavia, se ci riflettiamo, la sua funzione non è cambiata molto: ancora oggi, molti di noi si concedono un espresso per scacciare un pensiero negativo o per risollevare una giornata che non sembra andare nel verso giusto.

Pur non essendo certamente in grado di curare la depressione, il caffè continua a essere, in qualche modo, un piccolo rimedio contro la malinconia quotidiana. È diventato un piacere sociale e, nel suo piccolo, un “farmaco dell'anima”, capace di lenire i pensieri grigi e offrire, almeno per un momento, una via di fuga dal peso della giornata.

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