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28 Maggio 2020 15:00

Decreto regolarizzazione dei migranti: i punti deboli e i punti di forza

Una norma molto discussa a prescindere dal colore politico: aiuterà davvero gli immigrati? E soprattutto, funzionerà? La regolarizzazione sarà un grande banco di prova per l'Italia in Fase 2. L'assenza della manodopera nei campi rischia di far collassare tutto il settore agricolo con conseguenze molto gravi per la spesa degli italiani: terreni incolti, prezzi di frutta e verdura alle stelle, impoverimento generale.

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Una delle norme più discusse del decreto rilancio è la regolarizzazione degli immigrati clandestini in Italia. Sono attese 170 mila domande presentate dai datori di lavoro e 50 mila dai cittadini con permesso di soggiorno scaduto, per un totale che supera le 200 mila domande. Il decreto nasce per fronteggiare la grave carenza di manodopera nel settore agricolo: in pratica c'è la possibilità che verdure e frutta scarseggi quest'anno sulle nostre tavole perché oltre il 26% della manodopera è occupata dagli stranieri. Ovviamente la stima è molto a ribasso, la manodopera sommersa, illegale, è un numero molto più grande rispetto a quanto dichiarato.

La catena è tutta collegata: senza manodopera il lavoro di coltivazione dei campi è stato inutile, l'investimento dei contadini è da buttare e le risorse per raccogliere quanto possibile fanno salire il prezzo di ogni prodotto. La conseguenza potrebbe essere l'impoverimento generale del settore ed un enorme quantità di cibo invenduto, rimasto sugli alberi o nella terra. Una catena la cui forza si basa sulla tenacia del tassello più debole e il tassello più debole sono i lavoratori. In questo senso cerca di intervenire il decreto rilancio del governo, che ha delle ambizioni morali molto alte ma che rischia di peggiorare ulteriormente la situazione.

Questa norma dovrebbe portare nelle casse dello Stato circa 100 milioni di euro di contributi: ma più di qualche punto è oscuro in questa disposizione.

La questione sanitaria

La proposta dei ministeri è partita in piena pandemia per motivi sanitari, grazie alla pressione delle forze politiche presenti su territori con tanti immigrati irregolari. Teresa Bellanova, ministra delle politiche agricole alimentari e forestali, ha quindi chiesto la regolarizzazione delle persone perché “a tutti, italiani e stranieri, deve essere garantito lavoro legale e retribuito. Questo perché se le persone saranno costrette a rimanere nei ghetti, irregolari e invisibili, sarà un rischio enorme per la loro salute e per quella dei cittadini italiani”.

Un caso emblematico è presente a Castel Volturno, un comune in provincia di Caserta con una massiccia presenza di immigrati irregolari. Si stima che ci siano circa 15 mila persone, in condizione di povertà assoluta, stipate in case senza mascherine o assistenza alcuna. Una bomba socio-sanitaria aggravata dal lockdown: la maggior parte di queste persone si mantiene con i lavori giornalieri e, per circa 60 giorni, questi lavori non ci sono stati più. Fortunatamente grazie alla presenza di associazioni e grazie a quei politici locali attenti a queste esigenze, un possibile focolaio pericolosissimo è stato sventato: ma il rischio non è scampato ancora del tutto.

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La presenza di un gran numero di irregolari rende aleatorie le possibilità di successo nel tracciamento, nel monitoraggio e nella somministrazione dei test sanitari di massa che si prevedono nella Fase 2. Il rischio di nuovi focolai, difficilmente controllabili in queste condizioni, è molto forte.

La paura dell’agricoltura

Le motivazioni sanitarie sono nobili, ma in queste settimane sono state messe in secondo piano nei discorsi politici. Il punto nevralgico della regolarizzazione sembra essere la legalizzazione dei lavoratori nei campi. Lo ha detto la ministra Bellanova in conferenza, lo ha ribadito nel corso di una diretta Facebook sulla pagina delle Sardine il ministro del Mezzogiorno Giuseppe Provenzano: "C’è un tema in agricoltura che è un’emergenza da risolvere non più procrastinabile. Dobbiamo ora portare anche nei campi quei diritti negati a chi ci lavora. La regolarizzazione e l’emersione del lavoro nero non solo rispondono ad un’esigenza di giustizia, ma son" anche un incentivo a fare ulteriori passi di modernizzazione al settore agricolo”.

In pratica senza immigrati l’agricoltura rischia di andare al collasso perché non c’è nessuno che ci lavora. Questo può creare un enorme problema alla vita comune di tutti i cittadini: dalla spesa di tutti i giorni alla trattoria al ristorante pluristellato. Tutto si rifà alla raccolta. Se i campi non vengono curati, coltivati e infine "ripuliti" dai propri frutti, i prezzi dei prodotti salgono a dismisura; il che potrebbe portare consumatori singoli e ristoratori a preferire altri prodotti, magari esteri, ad un costo minore perché altrimenti non si vendono. Tutto concatenato in un infernale balletto di vite umane in cui se si sbaglia un passo, cade tutta la sala.

L’opposizione chiede a gran voce come sia possibile che con tanta disoccupazione tra gli italiani, il governo pensi agli stranieri irregolari. Possibile che gli italiani non vogliano fare questo lavoro? La risposta è ni. Le aziende agricole, stando a quanto scritto dal Post, hanno 1 milione e 200 mila lavoratori; di questi 1 milione e 50 mila sono stagionali, i restanti a tempo indeterminato. Sarebbero solo 370 mila i lavoratori stranieri, almeno quelli regolari.

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La maggior parte dei lavoratori stagionali viene assunta solo per un mese e questo non rende molto appetibile l’offerta per chi deve mandare avanti una famiglia; la rende interessante per chi purtroppo, suo malgrado, vive alla giornata. Il magazine spiega come fin dagli anni ‘50, in Pianura Padana in particolare, nei campi ci abbiano lavorato persone che venivano da fuori: prima i contadini delle Alpi, poi gli italiani provenienti dalle regioni del Sud, poi gli immigrati dell’Est Europa, per finire con l’immigrazione contemporanea dall’Africa e dal Medio Oriente. Più ci si allontana dal Paese d’origine, meno diritti ci sono nei campi. Tutto questo dovrebbe avere una fine con la sanatoria.

Come funzionerà la regolarizzazione dei migranti?

La vera domanda è se funzionerà la regolarizzazione. Il testo emanato è molto complesso e prevede la regolarizzazione solo per alcune categorie, ovvero quelle che lavorano o intendono lavorare nei settori più problematici: agricoltura e allevamento, assistenza agli anziani e cura della casa.

Ci sono due modi per accedere al decreto:

  1. Il datore di lavoro chiede la regolarizzazione di chi lavora attualmente in nero. Se i migranti sono irregolari, questi riceveranno in automatico il permesso di soggiorno;
  2. i migranti irregolari che hanno già lavorato in quei settori, ma hanno perso il lavoro, possono richiedere un permesso di sei mesi per cercare un impiego in uno di quei settori.

Salta subito all’occhio è l’impunità concessa ai datori di lavoro: in sostanza il governo offre una sanatoria a chi fa lavorare le persone in nero. Il secondo punto è pensato principalmente per i braccianti che hanno perso il lavoro in queste settimane e vogliono sottrarsi al caporalato: se hanno lavorato nei settori citati e hanno un permesso di soggiorno scaduto dal 31 ottobre 2019 in poi, possono avere un permesso temporaneo di 6 mesi che, in caso di lavoro regolare, può essere convertito in un classico permesso di soggiorno.

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Sempre il Post chiede a Matteo Villa, un ricercatore esperto di immigrazione, il motivo di questa scelta e il ricercatore ipotizza che il governo “ha messo una pezza ai precedenti decreti sicurezza approvati da Matteo Salvini”. Questi decreti hanno causato un aumento dei migranti irregolari, arrivati via mare, la cui richiesta di protezione è stata respinta per motivi diversi. A dispetto del nome del decreto, l’aumento di irregolari che sono rimasti in Italia a loro rischio e pericolo ha sortito l’effetto contrario.

Il problema del decreto: la fiducia nei datori di lavoro

Sembra che lo Stato abbia un’enorme fiducia nel senso di giustizia dei datori di lavoro. Il decreto dà per scontato che un capo sia intenzionato a regolarizzare gli stranieri irregolari se gliene viene data la possibilità. Premesso che chi offre 2 euro all’ora per lavorare nei campi e "guadagna" anche sullo stipendio dei lavoratori non deve avere una grande umanità, la domanda vera è un’altra: perché dovrebbe farlo ora? Dal punto di vista economico per loro sarà sempre più conveniente assumere i dipendenti a nero, soprattutto se immigrati irregolari. Queste persone non hanno poteri contrattuali, non hanno diritti sindacali, non sono protetti dalla legge e i datori di lavoro possono facilmente evadere il fisco.

A tal proposito grazie ad Aboubakar Soumahoro, italo-ivoriano, sindacalista del Coordinamento lavoratori agricoli Usb, un movimento di lavoratori sta protestando per chiedere diritti per i lavoratori e dire basta allo sfruttamento: "Se i diritti sono pochi, diventano privilegi". Rivolge poi un messaggio a tutti tramite i propri social: "Cara consumatrice, caro consumatore, arriva un momento in cui bisogna parteggiare per difendere la comunità umana dalla pericolosa cultura della devalutazione della vita umana".

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Protesta del 21 maggio di Aboubakar Soumahoro

Un altro problema molto serio riguarda il permesso di 6 mesi. Il governo assicura che, anche in caso di perdita di lavoro, il permesso non scadrà in automatico ma verrà data la possibilità di cercare un nuovo impiego. Gli irregolari che intendono attivare questo canale devono autodenunciarsi in Questura, fornendo allo stato indirizzo di residenza e generalità: questo significa che tra 6 mesi sarà molto facile farsi trovare dalle forze dell'ordine e questo non è certo un incentivo. Visto che la misura è pensata soprattutto per i braccianti e tra sei mesi la raccolta della frutta e della verdura sarà in un periodo di magra, molti di loro non avranno un lavoro.

La situazione è drammatica nei campi e un triste episodio di cronaca di questi giorni ce lo ha ricordato: un ragazzo a Terracina è stato picchiato, probabilmente con una mazza, e poi licenziato per aver chiesto delle mascherine. Alla richiesta del pagamento degli arretrati il lavoratore è stato minacciato, preso a calci e pugni ed è stato gettato in un canale.

Ogni anno vengono scoperti decine di caporali che, insieme a cosche mafiose, sfruttano queste persone; ora c’è il serio rischio che tutto questo venga regolarizzato: tutti i diritti del lavoratore vengono messi nelle mani dell’agricoltore.

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Il lavoro nero in Italia è un mostro gigantesco in tutti gli ambiti, tant’è che durante il lockdown si è discusso di come aiutare queste persone che non rientrassero negli scudi fiscali. Non solo stranieri, ma tantissimi italiani che per una serie di ragioni non hanno avuto accesso al lavoro regolare.

Ma quindi il decreto non è buono?

In teoria il decreto è ottimo, civile, un passo avanti per i diritti dei lavoratori in Italia. Ci sono benefici tangibili per i migranti, che ottengono un regolare contratto o possono denunciare le autorità, e per lo Stato che otterrebbe ogni anno circa un miliardo di euro in più per i maggiori introiti fiscali dovuti ai contributi pagati dai lavoratori irregolari. Oltre a questo c’è il primo punto di cui abbiamo discusso e quindi una maggiore sicurezza sanitaria e sociale.

Gli effetti sperati dal governo sono quindi sani ed encomiabili, ci vorrà del tempo per vedere se questi effetti saranno reali, o resteranno una pia illusione.

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Quello che i piatti non dicono
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