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L'accordo sui dazi arrivato nella giornata di domenica 27 luglio tra Stati Uniti e Unione europea porta con sé un'ondata di malcontenti e insoddisfazione. Donald Trump e Ursula Von Der Leyen hanno annunciato, dalla Scozia, che l'aliquota unica sarà del 15% sulle esportazioni dall'Europa agli Usa. Vino, formaggi, olio di oliva e pasta rischiano di diventare vittime collaterali di questa guerra commerciale e, mentre Washington e Bruxelles hanno raggiunto un principio d'intesa, il settore agroalimentare si trova in bilico.
Simbolo del Made in Italy, il vino è uno dei prodotti più esposti: ogni bottiglia che varcherà l'Atlantico potrebbe costare fino al 20% in più al consumatore americano e questo metterebbe a rischio oltre due miliardi di euro di export solo dall'Italia. Il New York Times, tra i quotidiani più istituzionali al mondo, ha parlato di un accordo in cui a uscirne vincitore è stato nettamente Donald Trump che, sostanzialmente, ha ottenuto molto di quello che voleva e tutto senza concedere a Bruxelles soddisfacenti contropartite.

Agroalimentare italiano sotto pressione
Il settore agroalimentare italiano è in un momento di forte incertezza. Gli Usa sono il primo mercato extraeuropeo per il food tricolore con prodotti simbolo come vino, salumi e formaggi che ora rischiano rincari significativi e perdita di competitività. Nell'accordo raggiunto in Scozia ci sono alcune esenzioni come i dazi azzerati su alcune categorie con le liste che ancora devono essere pubblicate.
Come dicevamo, il comparto vinicolo è tra quelli più colpiti. Le imprese italiane, soprattutto quelle piccole e medie, già oggi denunciano ordini rallentati e contratti congelati. A farne le spese potrebbero essere anche i vini di fascia alta come Barolo, Brunello, Amarone così come i grandi marchi toscani, campani o siciliani sempre più dipendenti dal mercato americano. Secondo i dati di Uiv (Unione Italiana Vini) gli Stati Uniti rappresentano il primo mercato extra Ue per il vino italiano con oltre 25 milioni di casse vendute all'anno. Ci potrebbero essere danni fino a 317 milioni di euro in un anno e 460 milioni in caso di svalutazione del dollaro.
"Dobbiamo aspettare di capire bene i termini dell’accordo e soprattutto di leggere la lista dei prodotti agroalimentari a dazio zero sui quali ci auguriamo che la Commissione Ue lavori per far rientrare il vino che altrimenti sarebbe pesantemente penalizzato”
Così Ettore Prandini, presidente di Coldiretti che chiede "compensazioni europee". Anche il settore lattiero-caseario rischia pesanti contraccolpi: Mozzarella di bufala campana Dop, pecorino romano e Parmigiano reggiano rientrano tra i prodotti più amati in America, ma ora saranno soggetti a rincari doganali importanti. Allo stesso modo i salumi, in particolare il prosciutto crudo, tornano nel mirino dei dazi dopo anni di crescita oltreoceano.
Assica (Associazione Industriali delle Carni e dei Salumi) preannuncia una contrazione dell'export fino al 10% con perdite pari a 25 milioni di euro aggravate dalla debolezza del dollaro e dalla peste suina. L’olio extravergine di oliva — di cui gli USA sono i primi importatori mondiali — rappresenta un altro asset strategico. Per Assitol, i dazi al 15% sono “sostenibili”, ma servono misure UE per contenere l’impatto della crisi climatica, del cambio sfavorevole e della pressione inflazionistica. Per la Commissione Ue l'accordo politico del 27 luglio non è giuridicamente vincolante e si lavorerà a nuove negoziazioni.