
Continua la crisi del comparto delle nocciole italiane, che nel 2025 sta affrontando una delle peggiori stagioni dell’ultimo decennio. Secondo le stime delle principali organizzazioni agricole, la produzione nazionale è crollata fino al 60–70% in alcune aree, con un volume complessivo sotto le 70 mila tonnellate, quasi la metà rispetto alle annate favorevoli. Il quadro è aggravato dall’aumento dei costi di produzione e da un’impennata dei prezzi della materia prima, che sui mercati internazionali ha superato i 18 mila dollari a tonnellata, +130% rispetto al 2024.
L’Italia, secondo produttore mondiale dopo la Turchia, sta così vivendo una crisi strutturale che colpisce l’intera filiera: dai produttori agricoli alle industrie dolciarie, fino ai consumatori. Le cause principali restano le condizioni climatiche estreme, l’invecchiamento degli impianti, l’attacco di insetti infestanti e la mancanza di interventi strutturali di supporto.
Il risultato è un mercato in forte tensione, con materia prima scarsa e costosa, filiera sotto pressione e ricadute attese anche sui prodotti finiti — creme spalmabili, cioccolato e pasticceria — simboli del made in Italy dolciario.
Crisi delle nocciole: raccolti a picco e prezzi alle stelle
Per il 2025 le stime indicano un raccolto nazionale drasticamente ridotto, con valori molto inferiori alle annate favorevoli. La materia prima è diventata molto più costosa e incerta, e questo ha effetti sull’intera catena, dai campi alle pasticcerie. Il tema tocca agricoltori, industria dolciaria e consumatori: capire cosa sta succedendo è fondamentale anche per chi ama semplicemente un biscotto o una crema alla nocciola.
Le principali associazioni agricole segnalano che per il 2025 la produzione nazionale di nocciole potrebbe essere più che dimezzata rispetto al potenziale. In alcune aree-chiave, come il Lazio e il Piemonte, si registrano perdite tra il 50 % e il 70%. Una delle cause è che l’Italia non riesce a raggiungere il suo potenziale produttivo storico a causa del susseguirsi di annate critiche.
La combinazione di clima estremo (gelate tardive, ondate di calore, siccità) e infestazioni (ad esempio quella dovuta alla Cimice asiatica) ha falcidiato i noccioleti italiani. Inoltre, molti impianti sono vecchi di decenni, meno produttivi e più vulnerabili agli stress ambientali.

Prezzi alle stelle: la nocciola diventa un lusso
La scarsità dell’offerta sta generando una forte pressione sui prezzi della materia prima. Per esempio i dati settimanali di ISMEA segnalano quotazioni alla produzione per alcune varietà che mostrano incrementi rispettivamente del +24,5% e del +46,2% rispetto all’anno precedente. La tensione si riflette su tutta la filiera dolciaria, che già avverte l’aumento dei costi e l’incertezza di approvvigionamento.
Le aziende dolciarie stanno studiando piani di diversificazione degli approvvigionamenti, mentre gli agricoltori chiedono interventi urgenti: rinnovamento degli impianti, irrigazione efficace, reti anti-insetto, riconoscimento dello stato di calamità in alcune regioni. Il rischio è che la produzione italiana della nocciola, uno dei simboli agroalimentari del Paese, perda competitività e volume.
La reazione dei produttori italiani
Non tutto, però, è fermo: alcuni segnali arrivano sia dal mondo industriale sia da quello della valorizzazione territoriale. Il gruppo Ferrero, tra i principali utilizzatori di nocciole al mondo, sta rafforzando la propria presenza anche fuori dall’Italia. In Serbia ha avviato un nuovo progetto da circa 1.000 ettari di noccioleti, mentre nel nostro Paese prosegue con il programma “Progetto Nocciola Italia”, nato per aumentare la disponibilità di nocciole di origine nazionale e creare accordi di lungo periodo con gli agricoltori.
Un elemento significativo arriva proprio da Ferrero, che avrebbe annunciato l’intenzione di ridurre progressivamente, fino a interrompere, gli approvvigionamenti di nocciole provenienti dalla Turchia, Paese da cui oggi arriva gran parte della materia prima mondiale. La scelta, motivata da una volontà di diversificare le fonti e di rafforzare la tracciabilità e la sostenibilità della filiera, rappresenterebbe una svolta strategica per l’azienda e un segnale importante per il settore. Ferrero punta così a privilegiare nocciole di origine europea e italiana, favorendo progetti agricoli più vicini ai propri stabilimenti e promuovendo una maggiore autonomia produttiva rispetto al mercato turco, da anni dominante ma soggetto a forti oscillazioni di prezzo e problemi legati alle condizioni di lavoro e ambientali.
Sul fronte del gusto e della tradizione, invece, arriva una buona notizia dal Piemonte: il Gianduiotto di Torino, simbolo della pasticceria regionale, ha avviato ufficialmente l’iter per ottenere il riconoscimento Igp (Indicazione Geografica Protetta). La domanda è stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale nel 2025, passo decisivo per tutelare un prodotto che deve la sua unicità proprio alla nocciola “Tonda Gentile delle Langhe”, la varietà più pregiata e oggi più a rischio.
Due esempi diversi ma complementari: da una parte c’è chi lavora per garantire continuità e quantità alla filiera, dall’altra chi punta a difendere la qualità e l’identità di prodotti simbolo del made in Italy.
 Per i consumatori, significa una cosa semplice ma importante: se questi progetti avranno successo, potremo continuare a trovare e riconoscere sulle nostre tavole nocciole italiane autentiche, in prodotti che restano fedeli al gusto e alla tradizione.

Cosa cambia per i consumatori
Per il pubblico che ama dolci, creme e snack alla nocciola, le ricadute sono concrete: possibili aumenti di prezzo per prodotti a base nocciola, maggiore presenza nei prodotti di nocciole importate o miste rispetto al 100% origine italiana, grande variabilità nella qualità o disponibilità della varietà italiana di pregio.
L’aumento del costo della materia prima si riflette sui prodotti finiti. Creme spalmabili, tavolette di cioccolato, biscotti e gelati contenenti nocciole stanno già registrando incrementi del 10–20% rispetto al 2024.
 Le aziende del settore dolciario — da Ferrero ai produttori artigiani — segnalano inoltre una maggiore instabilità dei listini dovuta alla volatilità del mercato. In alcuni casi si scelgono formati più piccoli o grammature ridotte per contenere i prezzi al pubblico.
Per garantire continuità produttiva, cresce l’uso di nocciole provenienti da altri Paesi (Turchia, Azerbaigian, Cile, Georgia). L’Italia, secondo produttore mondiale dopo la Turchia, mantiene un ruolo di qualità, ma le industrie dolciarie sono costrette a bilanciare le miscele per compensare la scarsità di prodotto nazionale. La minore disponibilità di nocciole italiane, soprattutto della Tonda Gentile delle Langhe, rischia di incidere anche sulla qualità sensoriale dei prodotti.

In questo contesto, leggere l’etichetta è più che mai importante. I marchi di tutela come Igp e Dop garantiscono la provenienza italiana e standard di qualità controllata. Scegliere prodotti che riportano la provenienza “100% nocciole italiane” o il riferimento alle indicazioni geografiche è un modo per sostenere i territori colpiti dalla crisi.
La nocciola italiana, con le sue varietà storiche e il legame con territori come Langhe, Viterbese e Irpinia, resta un simbolo del gusto e dell’artigianato dolciario nazionale. Il rischio attuale è vederne ridotta la presenza nei prodotti quotidiani, ma anche questa fase può spingere verso una maggiore consapevolezza di ciò che compriamo e gustiamo.