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15 Marzo 2024 13:18

Dall’invito calabrese alle Tavole dei santi: lo stretto legame fra San Giuseppe e i legumi

Tantissimie le specialità a base di legumi che si preparano e si condividono in occasione della festa di San Giuseppe: ecco perché esiste questo legame particolare e quali sono piatti e tradizioni più celebri.

A cura di Francesca Fiore
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La festa di San Giuseppe è una delle più sentite della cristianità: in molti luoghi d'Italia e non solo si celebra il santo che rappresenta tutti i papà con i tradizionali falò, i riti e le processioni, ma soprattutto con il cibo. Oggi vogliamo raccontarti di un legame speciale che connette il santo protettore dei lavoratori a un particolare tipo di alimento: i legumi. Se infatti sulle tavole del 19 marzo regnano i dolci, soprattutto fritti, è altrettanto vero che per San Giuseppe, in tutti i riti locali, non possono mancate alimenti come fagioli, ceci, fave, lenticchie, cicerchia e così via. Ma perché questo legame così speciale?

San Giuseppe e i legumi: simbologia ma non solo

La tradizione di mangiare legumi a San Giuseppe si lega in alcune zone d'Italia alla storia della fuga del santo – a quei tempi ancora un umile falegname – in Egitto: in sostanza l'episodio finale della natività di Gesù. Si narra che durante il loro viaggio, la Sacra Famiglia si nutrisse di legumi selvatici che trovavano lungo il cammino: in segno di devozione al Santo, i fedeli iniziarono a consumare legumi in occasione del 19 marzo. Ma non si tratta solo di simbologia dei testi sacri: i legumi, in un periodo come la primavera quando le scorte di cibo invernale potevano essersi esaurite, diventavano un alimento nutriente e prezioso grazie al loro importante apporto nutritivo: non secondaria è poi la loro economicità, che li rendeva inoltre accessibili anche alle famiglie più povere.

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Il fagiolo cosaruciaru: la "cosa dolce" di Scicli

La festa di San Giuseppe, infatti, è sostanziata da un leit motiv caritatevole: molte delle tradizioni sono incentrate sulla condivisione del cibo con le famiglie povere delle comunità. E i legumi, in questo senso, diventavano un alimento chiave per dividere con i bisognosi quel poco che si aveva e rafforzare i legami comunitari.

In Italia abbiamo tantissimi piatti a base di legumi che si preparano per il 19 marzo e che variano, naturalmente, di zona in zona, a volte anche di chilometro in chilometro. Ecco alcune delle tradizioni e dei piatti più famosi che celebrano il legame fra San Giuseppe e i legumi.

San Giuseppe in Sicilia: minestra, macco e virgineddi

Due più piatti più noti della Sicilia legati a San Giuseppe, la minestra o minestrone di San Giuseppe e il macco di fave – ma non certo gli unici. La minestra di San Giuseppe, diffusa in varie zone, è un piatto preparato tradizionalmente con legumi secchi come ceci, fave e fagioli, verdure tipiche del periodo come broccoli e bietole, e pasta corta tipo ditalini o tubetti: il tutto arricchito da olio extravergine d'oliva, aglio, cipolla, finocchietto selvatico e peperoncino. Nella zona Iblea la minestra di San Giuseppe è il macco, la tipica preparazione locale a base fave secche e altri legumi, che poi viene riciclato facendolo raffreddare e tagliandolo a fette.

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A Scicli, in provincia di Ragusa, in occasione della Cavalcata di San Giuseppe, si offrono anche dei piatti a base di fagioli cosaruciaru: si tratta di un fagiolo dalle particolari screziature, coltivato sin dagli inizi del XX secolo, che i siciliani hanno ribattezzato "cosa dolce".

Nel Palermitano e, in particolare a Torretta, si fanno i virgineddi (così chiamati per ricordare i bambini che si recavano alla festa del Santo vestiti di bianco) o tagghiarini ai setti pitanzi, tagliatelle alle sette pietanze – una pasta fresca condita con un mix di 7 prodotti fra legumi e verdure varie – mentre a Partinico si preparano le cassatelle ripiene di passata di ceci, zucchero, cannella, gocce di cioccolato e zucca candita.

Le Tavole di San Giuseppe: la preghiera della massa in Salento

Le Tavole di San Giuseppe, o Altari di San Giuseppe, sono una serie di celebrazioni diffuse in tutto il Centro Sud, dall'Abruzzo alla Sicilia: le famiglie si riuniscono per preparare alcuni piatti simbolicamente legati al santo, solitamente 13 o nell'ordine di questo numero, da condividere poi con la comunità locale e, in particolare, con le famiglie meno abbienti. Le tredici pietanze delle Tavole o Altari possono variare da luogo a luogo, ma ceci, fave e fagioli sono fra gli ingredienti più usati: in ogni zona, infatti, si prevedono 2-3 piatti a base di legumi.

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Fra i più famosi ciceri e tria, chiamata anche massa di San Giuseppe, lajana e ciciri o massaciciri: una delle pietanze salentine a base di pasta e ceci più diffusa sulle tavole. Si tratta anche un rito antico in cui la preparazione del piatto, soprattutto molti anni fa, avveniva al ritmo della preghiera: si lasciava riposare nei "limmi" – ovvero recipienti tradizionali – il tempo di dieci "Ave Maria" e cuocere al tempo di un "Padre nostro". Una volta finita la preparazione, veniva recitato il rosario e si procedeva alla distribuzione del pasto: la famiglia che ha preparato il pasto, però, ne mangia solo le rimanenze.

U'mmit, "l'invito" calabrese

In molti borghi della Calabria il 19 marzo si celebra U'mmit di San Giuseppe: letteralmente l'invito di San Giuseppe. La tradizione vuole che quasi in tutte le famiglie, per precedente voto o per devozione, prepari un pranzo ai poveri, che devono rappresentare, come nelle Tavole, i personaggi della Sacra famiglia e i santi. In alcuni luoghi, però U'mmit prende la forma di un piatto specifico: per esempio a Longobucco, nella Sila greca (provincia di Cosenza), dove questo nome è legato a una pietanza a base legumi e baccalà. Si tratta de tajjiarini (taglierini), una pasta condita con sugo di ceci e fagioli, accompagnata da una sorta di zuppa di baccalà, che viene offerta appunto ai commensali. In altri posti U'mmit si prepara un piatto a base di acqua, grano, finocchietto selvatico, sedano,o lio e sale, come a Cotronei, borgo ai piedi della Sila Piccola crotonese.

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Un altro piatto particolare da offrire sempre agli altri, in questo caso ai vicini, è a vuccatèja, che significa grossomodo "piccolo boccone": a base di fileja, la tipica pasta originaria della Provincia di Vibo Valentia, ceci secchi, stocco, broccoli di rape e pomodoro. In molti borghi calabresi, poi, per San Giuseppe si prepara si usa preparare lagane e ceci, il piatto tipico a base di pasta fresca e legumi in comune con la cucina pugliese e lucana, dove i ceci rappresentano appunto l'abbondanza.

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Quello che i piatti non dicono
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